Tetti al sole. paesaggio

dipinto, 1861 - 1861

scorcio cittadino

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA olio su cartoncino
  • MISURE Altezza: 12.3
    Lunghezza: 19
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo delle Belle Arti
  • INDIRIZZO viale delle Belle Arti, 131, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Da quando il dipinto fu pubblicato per la prima volta da Emilio Cecchi, che ne era proprietario, la critica ha universalmente riconosciuto in quest'opera il paradigma della sperimentazione macchiaiola, forse il suo esito più radicale, il punto di arrivo e allo stesso tempo di partenza della ricerca artistica toscana ottocentesca - come testimoniano ad esempio "I blocchi di marmo" di Abbati memori della sperimentazione di Sernesi - anche in virtù del suo valore di unicum. L'opera è il frutto del precoce interesse del pittore nei confronti delle sperimentazioni che, a partire dalla fine degli anni '50, gli artisti toscani portavano avanti alla ricerca di una nuova grammatica fondata sul principio della macchia, vale a dire della giustapposizione di tacche di colore che costituissero il massimo chiaro e il massimo scuro di un elemento naturale senza l'uso delle modulazioni tonali di stampo accademico. Sernesi, più giovane rispetto ai suoi colleghi, portò ad estreme conseguenze le indicazioni mosse da Signorini, Borrani, Banti e Cabianca, in direzione di una sintesi talmente estrema - il dipinto si rivela un puro incastro di elementi geometrici quadrangolari in cui l'unico elemento estraneo appare la nuvola quasi attaccata sopra i tetti - da sfiorare esiti astrattivi. In quest'ottica, anche la scelta cromatica, espressa quasi esclusivamente nei bianchi, nei rosa, negli azzurri (dal più chiaro dell'ombra in primo piano a quello più saturo del cielo) al grigio piombo delle ombre più accentuate, contribuisce alla generale economia di mezzi del piccolo dipinto. La critica a partire da Cecchi, inoltre, per via della purezza formale e cromatica dell'opera, ha sottolineato come in realtà la sperimentazione di Sernesi non si muovesse soltanto partendo dall'osservazione del vero e dalla pura applicazione del principio della macchia, ma che fosse anche nutrito di esempi forniti dai primitivi toscani, con particolare attenzione per il Beato Angelico, i quali costruivano i paesaggi e le architetture dei fondali dei loro dipinti con la stessa rigorosità geometrica (cfr. Mazzocca 2007, pp. 62-63). Secondo Del Bravo questo modo di sentire si legava ad all'indole idealista e misticheggiante di Sernesi a cui non era estranea la filosofia neoplatonica di Augusto Conti frequentatore del Caffè Michelangiolo (Del Bravo 2008 [1997])La datazione al 1861 è generalmente accettata dalla critica che situa l'opera all'interno di una serie di lavori sperimentali (forse anche come punto di arrivo) che parte dai "Ladri di Fichi", sulla scia di Signorini e passa per il "Cupolino alle Cascine". Successivamente a quella data, Sernesi realizzerà dei paesaggi più ariosi, sebbene realizzati con una sintesi materica e compositiva, che non dimentica le sperimentazioni passate ma senza raggiungere i livelli rigorosi dei "Tetti al Sole", in cui l'artista raggiunge un nuova dimensione, serena ed essenziale, con scelte stilistiche meno spregiudicate e più meditate
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA Proprietà dello Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200827636
  • DATA DI COMPILAZIONE 1995
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - 1861 - 1861

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'