pavimento cosmatesco,
Jacopo Di Cosma (attribuito)
notizie prima metà sec. XIII

A partire dalla controfacciata, il pavimento della navata mediana, qui in esame, si presenta diviso in tre segmenti; il primo consta di una serie di cinque "rotae" cui segue il quadrifoglio centrale con il disco maggiore in giallo antico e i quattro dischi minori in porfido; ad esso fanno seguito sei tondi più piccoli inclusi entro cornici musive spiraliformi. Immediatamente prima del gradino della schola cantorum, è inserita la lastra musiva. Il terzo segmento è costituito da una serie di sette "rotae" che si interrompono in prossimità della finestrella confessionis

  • OGGETTO pavimento cosmatesco
  • ATTRIBUZIONI Jacopo Di Cosma (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Ferentino (FR)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La datazione e la paternità del pavimento della Cattedrale, sono piuttosto controverse. Alcuni studiosi infatti lo hanno attributo a quel Magister Paulus, il cui intervento nella chiesa è inequivocabilmente attestato dall'iscrizione scolpita sulle transenne della zona presbiteriale, che ne reca il nome. Il problema riguarda essenzialmente l'estensione di tale intervento, che secondo alcuni, come vedremo, sarebbe da limitare ad alcuni interventi cosmateschi, eccettuato il pavimento, mentre secondo altri lo comprenderebbe (cfr. Hernicus, Ferentino Med.; W. Poncino Itinerario 5, 1968; L. Alonzi, Arte in Ciociaria, 1968; D. F. Glass, Studies on cosmatesque pavements, 1968; Papal partonage, 1969). Più convincente l'attribuzione a Jacopo Cosma, avanzata dal Contardi (B. Contardi, Il pavimento, 1980) e anche dal Di Stefano (L. Di Stefano, S. Ambrogio tra storia e folclore, 1972, cfr. Bibl.). Il Contardi nel suo recente ed accurato studio, tenta di dimostrare la fondatezza della tesi, in base ad argomentazioni piuttosto coerenti ma non del tutto esaustive. Innanzitutto esclude l'attribuzione al menzionato Paulus, conducendo un esame stilistico dell'opera in esame, in seconda istanza la respinge in base alla considerazione che l'arredo cosmatesco dell'interno della Cattedrale, fu portato a termine in due diverse fasi non contemporanee. Un primo intervento dovuto dal Paulus, attivo nei primi decenni del XII secolo, quindi cronologicamente coincidente alla costruzione dell'attuale Cattedrale, ai tempi del vescovo Agostino, sotto il pontificato di Pasquale II. Il questa prima fase, il pavimento aveva solo due livelli, quello della navata e quello comprendente il presbiterio e la schola cantorum. Soltanto in un secondo tempo, la zona presbiteriale venne sopraelevata. Il rivestimento pavimentale non presentando però attualmente alcuna incoerenza o disomogeneità nel tessuto, ed essendo altresì da escludere poichè improbabile, l'ipotesi del Glass (D.F. Glass, 1969), secondo il quale la decorazione musiva, dovuta dal Magister Paulus, sarebbe stata staccata e quindi ricollocata nel presbiterio, ne consegue, secondo il Contardi, che l'intero pavimento fu collocato in una seconda fase, coincidente con la menzionata soprelevazione.Questa modifica dell'originario assetto, dovrebbe risalire, secondo lo studioso, ai tempi di un vescovo Albertus da identificare con Alberto Longhi, creato vescovo di Ferentino da Innocenzo III, nel 1203 (cfr. Ugelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiane, Veneriis, 1717, p. 678; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, Venezia, 1874, VI, pp. 404-410), al quale va riferita la menzione contenuta in una lapide, ora scomparsa, e dalla quale è tuttavia conservata memoria in un manoscritto settecentesco, consultato dal Contardi nella Curia Vescovile (Liber cum serie Episcoporum, p. cv e 9r). Il manoscritto riferisce infatti che il pavimento venne fatto "a proprie spese" dal vescovo Alberto e che in memoria di ciò fu inserita una lapide "che stava a piè della scanalata della Cappella di S. Ambrogio", nella quale si leggeva: "Hoc pavimentum fecit Albertus Episcopus per manus magisteri Iacobbi Romani". Dal citato documento si ricava inoltre che la preziosa lapide fu staccata e dispersa nel 1747, quando la cappella subì delle modificazioni. Suffragata da questa testimonianza, la tesi del Contardi sembrerebbe aver esaurito la questione: l'intero pavimento va ascritto ai primi anni del XIII secolo ed attribuito pertanto "all'unico marmorario romano con quel nome attivo fra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo". Senz'altro lo studio è per molti aspetti convincente, resta tuttavia qualche ragionevole dubbio quando si tenga presente che l'attuale omogeneità della disposizione del tessuto decorativo pavimentale, sulla quale si basa in primo luogo lo studioso, potrebbe non coincidere affatto con quella originaria. L'interno della cattedrale è stato infatti variamente manomesso, sia dai rifacimenti del 1677, sia dai restauri del nostro secolo, dei quali, peraltro, non esistono dettagli resoconti relativi all'aspetto del pavimento prima dell'intervento. Ambedue le operazioni ed in particolare l'intervento più recente -tormentato per giunta da lunghi anni di incertezze che hanno determinato una serie di pause e di riprese nonché, direi soprattutto, l'opera di scomposizione e ricomposizione fatta usando materiale originale ampiamente "restaurato". O meglio falsificato, (come la scrivente ha potuto verificare consultando le cartelle relative ai restauri, conservate nell'Archivio della Sopr. ai Monum. Di Roma e del Lazio), potrebbero aver compromesso per sempre proprio quella leggibilità dell'assetto originario del pavimento, la cui pretesa omogeneità è posta a fondamento della tesi del Contardi. La sua proposta andrebbe inoltre confrontata con quei cospicui resti di lastre musive, forse in parte pertinenti al pavimento, conservati nell'avancorpo dell'Acropoli
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200256064
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici del Lazio
  • DATA DI COMPILAZIONE 1988
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2005
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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