martirologio
dipinto,
1582 - 1582
Circignani Niccolò Detto Pomarancio (1517-1524/ Post 1597)
1517-1524/ post 1597
Matteo Da Siena (1533/ 1588)
1533/ 1588
entro gli intercolumni, riquadri rettangolari con cornici modanate dipinte
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Circignani Niccolò Detto Pomarancio (1517-1524/ Post 1597)
Matteo Da Siena (1533/ 1588)
- LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Stefano Rotondo
- INDIRIZZO via S. Stefano Rotondo, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE il Martirologio fu fatto eseguire, a completamento del restauro della chiesa iniziato nel 1580 allorché essa era stata affidata al Collegium Germanicum Hungaricum della Compagnia del Gesù, allo scopo di preparare i novizi ai rischi che li avrebbero attesi nell'opera di riconversione al cattolicesimo delle popolazioni nordeuropee, e nell'ambito di una generale azione di propaganda. Come riferiscono Mancini e Baglione, il lavoro fu affidato al Circignani e a Matteo da Siena, che affrescò i paesaggi; aggiunge Mancini che il ciclo fu dipinto in un'estate, un affresco al giorno. In base a una nota del diario manoscritto del rettore del Collegio Michele Lauretano, che commise l'opera e ne preparò il programma, si evince che l'anno di esecuzione fu il 1582. Circignani, che fu attivo anche nel Gesù, affrescò per la Compagnia altri due cicli di martiri, entrmbi perduti e noti attraverso le incisioni che ne trasse G. B. de' Cavalieri: nel 1583 in S. Tommaso di Canterbury, chiesa del Collegium Anglicum, e prima del 1586 in S. Apollinare, ancora del Collegium Germanicum. Negli affreschi di S. Stefano, di cui sono innegabili la semplicità ideativa e la corrività esecutiva, si riconosce la cultura toscana del Circignani, fondata sul Vasari e sul Bronzino, con una componente tibaldesca maturata durante il soggiorno umbro, il tutto rinnovato in seguito alla partecipazione, sotto la guida di Girolamo Muziano e di cesare Nebbia, alla decorazione della volta della Galleria delle Carte Geografiche e all'attività nelle altre imprese collettive vaticane al tempo di Gregorio XIII, sotto il segno di un manierismo riformato (definito da Freedberg, 1971, "countermaniera") secondo i dettami tridentini, nel senso di una semplificazione compositiva e di una massima aderenza alla narrazione storica del fatto raffigurato. Nei paesaggi all'antica, la cui serenità contrasta fortemente con la cruenza delle torture rappresentate, Matteo da Siena si allaccia alla tradizione iniziata da Polidoro da Caravaggio e allora diffusa nelle grandi decorazioni profane di Caprarola e di villa d'Este a Tivoli, dove aveva lavorato. E' da notare peraltro la totale assenza negli affreschi di riferimenti al trascendente miracoloso. Dopo le lacrime versate da Sisto V nel 1589 alla vista delle raccapriccianti torture sofferte dai martiri cristiani, e dopo le lodi e le approvazioni della letteratura sacra e agiografica fino al Settecento (Ugonio e Piazza), il Martirologio ha subìto le celeberrime stroncature della critica ottocentesca e moderna, da Stendhal, Burckhardt fino a Venturi. Solo dagli anni Settanta gli affreschi sono stati oggetto di studi critici volti a inserirli, indipendentemente dai pregiudizi stilistici, nel loro preciso contesto storico: dopo le pagine del Male e le righe dello Zeri, ecc., si è dovuto attendere fino al 1975 per l'ampio studio del Rottgen, che ne ha discusso l'esemplarità all'interno della politica culturale della Chiesa sotto Gregorio XIII: l'arte si serve dell'abbassamento "di livello della sensazione non per ingenuità, ma per calcolo psicologico e in funzione politica". Segue Buser (1976), che mette in relazione la struttura dei singoli episodi con le incisioni delle Evangelicae Historiae imagines, adnotationes et meditationes del gesuita Nadal, stampate nel 1593 ma già pronte nel 1579: nel volume è infatti adottata la pratica di indicare le varie scene raffigurate nelle illustrazioni con lettere progressive che rimandano alle didascalie riportate in basso, proprio come avviene negli affreschi di S. Stefano; tutto ciò alla luce del metodo ignaziano della compositio loci. Monsen (1981) ha infine dedicato uno studio alla Crocifissione: riportando le parole del Nadal secondo le quali il Cristo crocifisso è il fondamento della Comagnia del Gesù, egli ha osservato come le iscrizioni sulla croce e sopra l'affresci siano tratte dall'inno Rex Gloriose Martyrum contenute nel Breviario romano; con le parole dello stesso breviario è spiegata la presenza degli Innocenti, primi testimoni del sacrificio di Cristo, ai piedi della croce e sottolineato il valore di Ecclesia Triumphans assunto dal gruppo di martiri in piedi. Sempre Momssen (1982) ha pubblicato il ciclo interamente, analizzando (1983) le analogie culturali fra il ciclo e l'arte della memoria (?), nonché l'organizzazione della vita e degli studi degli allievi del Collegio. Dagli affreschi furono tratte due serie di incisioni, entrambe a opera di G.B. de' Cavalieri: la prima nel 1583 con il titolo Ecclesiae Militantis Triumphi, ristampata nel 1585; la seconda, probabilmente già pronta nel 1583, di tavole più piccole, meno curate e in controparte (tranne le prime due e la trentesima) rispetto agli originali, uscì nel 1587 come Triumphus Martyrum e fu ristampata nel 1589: a ogni incisione era affiancato un carme in distici elegiaci, composto da Julius Roscius (Giulio Rossi) da Orte. Nel 1589 lo stesso Roscius dava inoltre alla stampa una serie di venti emblemi, dove (segue)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente straniero in Italia
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200175626A-0
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici del Lazio
- DATA DI COMPILAZIONE 1983
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0