S. Antonio Abate e storie della sua vita

dipinto, 1400 - 1424

Personaggi: S. Antonio Abate

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • MISURE Altezza: 270
    Larghezza: 315
  • AMBITO CULTURALE Ambito Umbro
  • LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Domenico
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Prima menzione dell'affresco venne data dal periodico 'La Cieca della Meto la' n. VI, ricordando come l'opera venne ritrovata nel 1917 e successivame nte restaurata dal prof. Alberto Colmignoli. Il Certini da notizia che il 20 novembre 1426 nella Chiesa di S. Domenico "consacratum fuit Altare...qu od est porte vie,...in onorem Sanctissimi Antonij Abbatis" ed è probabile che gli affreschi furono ultimati in occasione della cerimonia ufficile di consacrazione dell'altare. Rappresenta uno dei più interessanti capolavor i presenti nell'edificio per il quale nel 1920 il Salmi propose, con prude nza, l'attribuzione ad Arcangelo di Cola da Camerino precisandola con magg iore fermezza in seguito, avvalorato anche dal fatto che l'artista lavorò a Città di Castello tra il 1416 e il 1429 dove dipinse, nell' atrio del P alazzo del Comune, una Maddalena andata però perduta ma testimoniata da un documento che registra il pagamento del pittore, mentre nel 1429 viene ri cordato a Camerino come testimone per una stima del coro ligneo di San Dom enico (Zanchi, 1962-63). Nel 1934 il Longhi lo attribuì invece alla mano d i Antonio Alberti da Ferrara (1390-1400 - prima del 1449) sottolineando lo stretto contatto con le storie di San Giovanni Evangelista realizzate sul la crociera di S. Domenico in Ferrara. Lo Zeri (1950) confermando l'afferm azione longhiana ha avvicinato l'opera alle storie di S. Aldebrando nell'o monima chiesa di Fossombrone considerate anch'esse opera della mano del Fe rrarese. Gli studi succssivi hanno visto poi una dicotomia tra i sostenit ori dell'una e dell'altra ipotesi, con l'aggiunta anche di altri nomi tra i quali un pittore marchigiano assai più raffinato dell'Alberti, come sost iene la Chiasserini (1951) non sbilanciandosi però sull'attribuzione e rip roponendo i nomi dei Salimbeni, di Arcangelo di Cola, dell'Alberti e di un generico seguace del Nelli. Nel 1964 il Rosini lo conferma lavoro dell'Al berti attribuendolo al suo primo periodo umbro-marchigiano e vicino ai lav ori di Arcangelo di Cola da Camerino. In tempi più recenti Bruno Toscano ( 1986) conferma ancora il nome del Ferrarese. Stilisticamente il dipinto be n si ricollega ai lavori di Antonio Alberti, in quanto mostra una corposa consistenza plastica delle figure, lo svolgimento semplice ed elementare d el racconto, l' attenzione per il dato naturalistico e per i dettagli in a ccordo con il tardo gotico, espressi con una dignità nuova, con un linguag gio più maturo e ricco in cui si uniscono le componenti salimbenesche e se ttentrionllai creando una forma più raffinata, segno di una fase più matur a in cui il pitore si avvia ad una cosciente adesione alle formule del got ico cortese (Savini, 1989-90). Nell'affresco compare ai lati del trono del Santo uno stemma a forma di scudo rappresentante un liocorno rampante, ch e fin dal 1918 viene indicato come lo stemma dei Ranucci, nobile famiglia tiferante i cui menbri assunsero importanti cariche pubbliche nel XV secol o partecipando attivamente alla vita del Comune . Per la Savini lo stemma dei Ranucci è in parte diverso da quello raffigurato per cui accetta con r iserva questa identificazione. La narrazione delle scene avviene in due ca mpi sovrapposti. Nella scena inferiore al centro compare il Santo seduto s u un trono che denuncia nella presenza di guglie e di motivi ornamentali s porgenti, un palese gusto per il decorativismo. Ai lati sono descritti due episodi della vita del Santo tratti dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Var agine: a destra il Santo è genuflesso mentre i demoni atterriti da una ap parizione divina si allontanano alle sue spalle; a sinistra il Santo accog lie nell'eremo in cui si era rifugiato una folla di ammalati desiderosi di ricevere conforto e guarigione. I personaggi sono caratterizzati da un pa thos umanissimo che esula dal particolarismo curioso del gusto internazion ale, con un S. Antonio Abate dalle forme voluminose e caratterizzate da un a dignitosa umanità, andando oltre quel clima raffinato ma un po' superfic iale che compare invece nella parte superiore, dove le fogge cortesi dei p ersonaggi, i colori brillanti e il clima di narratività minuta richiamano il solito ambiente marchigiano e umbro (Zanchi, 1962-63). Per la soprastan te lunetta si veda scheda n. 10/00075793. L'opera si sviluppa in una zona finita nella parte superiore con una cornice a semicerchio; il testo pitto rico è diviso in due scene da archetti pensili a semicerchio, gigliati e i ntrecciati
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000075792
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 1999
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • ISCRIZIONI vicino la bocca del Santo a destra - "UBI ERAS BONE YHY" - lettere capitali - a incisione -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - 1400 - 1424

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE