Madonna in trono con Bambino e angeli

dipinto, ca 1405 - ca 1405

La tavola è stata manomessa in antichi interventi; non è quindi possibile precisarne l'appartenenza ad un polittico o meno

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera/ doratura
    stucco/ doratura
  • MISURE Altezza: 97 cm
    Spessore: 3 cm
    Peso: 7 cm
    Larghezza: 59 cm
  • ATTRIBUZIONI Gentile Da Fabriano (1370 Ca./ 1427)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Nazionale dell'Umbria
  • INDIRIZZO Piazza Giordano Bruno, 10, Perugia (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera proviene dal noviziato di san Domenico a Perugia; entrò in Pinacoteca nel 1863, in seguito alle operazioni di indemaniazione post-unitaria. La prima citazione è del Vasari (1568, p. 517), che vide l'opera nella chiesa; più tardi l'Orsini (1784, p. 68) così la descrive nel noviziato del convento: una "antichissima tavola sul fare di Giotto, entrovi la Madonna col Bambino e quattro angeli abbasso, che suonano diversi strumenti. Al lato due quadretti con due Santi del medesimo autore"; Garibaldi (2015, p. 308) ritiene che la descrizione si attagli piuttosto alla tavola di Benedetto Bonfigli (Galleria Nazionale dell'Umbria, inv. 144). Diversi studiosi (Bombe, 1907, pp. 7-8; Colasanti, 1909, p. 58; Molajoli, 1927, pp. 38-39; Grassi, 1953, p. 53; Micheletti, 1976, p. 86) ritengono che la tavola facesse parte di un polittico smembrato e quasi completamente disperso. Dello stesso parere anche Garibaldi (2015, p. 304) che ritiene l’opera dovesse avere una cornice trilobata ad archetti inflessi. Purtroppo, il dipinto, opera di Gentile da Fabriano, nel corso dei secoli ha subito numerosi interventi di restauro che hanno modificato la sua struttura originaria (la parchettatura sul retro, il taglio a tutto sesto nella parte alta e lungo i lati), tutto ciò non permette di fare valutazioni obiettive riguardo all'appartenenza o meno ad un polittico. Giusi Testa (1994, pp. 163-165), analizzando tutti gli inventari in cui compare il quadro di Gentile, giunge alla conclusione che la tavola doveva far parte, molto probabilmente, di un polittico, in quanto pur presentandone il segno, manca qualsiasi indicazione su una cornice, che in origine doveva essere a sesto acuto o quanto meno mistilinea. Inoltre, la studiosa, non rintracciando la tavola nella dettagliata descrizione della chiesa di san Domenico fatta dal Baglioni nel 1548 (Perugia, Biblioteca Augusta, ms. 1232), propone tre ipotesi. Nella prima sostiene che a queste date la memoria storica dell'autografia di Gentile fosse già perduta; nella seconda che quando venne redatto il "Registro della chiesa e sacristia di S. Domenico di Perugia, del sacro ordine de' Predicatori, incominciato nell'anno del Signore MDXXXXVIII", la tavola già si trovasse in un locale diverso dalla chiesa o dalla sagrestia; infine, che la tavola non fosse stata compresa nell'elenco del Baglioni, in quanto arredo mobile e perciò fuori dall'interesse del frate domenicano. D’altro canto, è stato osservato che nel 1428 Pellegrino di Giovanni dipinse una tavola assai simile a questa (oggi conservata al Victoria and Albert Museum di Londra), come se il prototipo di Gentile fosse costituito di un'unica tavola. La questione rimane ancora aperta. E non è la sola. Ancora oggi la critica è divisa sulla esatta collocazione della Madonna di Perugia all'interno del corpus artistico di Gentile. Una datazione precoce vede schierati il Christiansen (1982, p. 5), che sostiene una formazione veneziana dell'artista e che antepone la tavola perugina alla pala di Berlino, il De Marchi (1992, pp. 49-53) e la Testa che, invece, la ritengono frutto di una formazione lombardo-pavese e la datano nel primo quinquennio del XV secolo, poco prima del polittico di Valleromita. Nel dipinto di Perugia è precocemente presente il motivo nordico dell'hortus conclusus, tipico della produzione veneta di questo periodo, con i troni ricoperti di verdi fronde e con l'iconografia di Maria a metà tra quella della Vergine incoronata e la Madonna dell'Umiltà. La matrice veneziana viene colta anche nell'uso della preparazione scura nella resa del volto, nelle lacche degli abiti e nella resa a rilievo della fibbia del manto, realizzata a stucco dorato. Lombardo, invece, nella sua robusta corporatura appare il Bambino, posto in relazione con la produzione di Giovannino de' Grassi dalla Testa. D'altro canto, di recente, riprendendo una ipotesi del Longhi (1941, pp. 189-190), alcuni studiosi tra cui Todini (1989, p. 411), Lunghi (1996, p. 33) e Fratini (1998, pp. 82-83, 88 n. 22) hanno proposto Perugia e l'ambiente orvietano come luogo di formazione del giovane Gentile, all'interno del quale operavano Cola Petruccioli, Matteo di ser Cambio ed altri notevoli artisti locali. La Madonna di Perugia si rivela essere un'opera di eccezionale importanza anche per finezza esecutiva. L'uso di lamine metalliche al di sotto dell'azzurro oltremare e della lacca rossa dovevano creare un effetto translucido, gli angeli graffiti sul fondo oro, alcuni particolari come gli anelli al dito della Vergine realizzati con oro steso a pennello, ed infine, la spilla in stucco dorato, conferiscono indubbiamente alla composizione una straordinaria eleganza, purtroppo oggi solo in parte percepibile
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000016190
  • NUMERO D'INVENTARIO 129
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Galleria Nazionale dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Galleria Nazionale dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 1996
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
    2023
  • ISCRIZIONI nel cartiglio sorretto dagli Angeli - ...REGINA CELI LETARE...PORTARE ALLELUJA.. - caratteri gotici -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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