Dio Padre

dipinto, 1609 - 1609

Il dipinto raffigura Dio Padre circondato da un coro di angeli festanti, in alto; in basso si riconoscono i sette arcangeli. Michele, al centro, con la spada, è affiancato, sulla destra, da Raffaele che regge il vaso degli unguenti, Sealtiel rappresentato con lo sguardo estatico, Jehudiel mentre porge una corona d'oro; sulla sinistra sono raffigurati Gabriele, con un giglio, Uriel munito della spada fiammeggiante, Barachiel che tiene tra le mani un serto di rose

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura
  • MISURE Altezza: 3.11 m
    Larghezza: 2.19 m
  • ATTRIBUZIONI Salimbeni Ventura Detto Bevilacqua (1568/ 1613)
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La "tav(ola) de' Santi angeli" era già stata "messa nella [...] chiesa Catt(edrale)" in data 23 aprile 1609, quando il pittore ricevette la somma di lire "735 [...] per resto e intero pagamento di sc(udi) 180 di mon(eta)" per il lavoro compiuto (secondo la nota di pagamento trascritta da BACCI 1922, p. 42, nota 66). Il dipinto, firmato, riflette in misura determinante la cultura dell'estremo Manierismo romano; così la simmetria ricercata dell'assetto compositivo rimanda alle soluzioni arcaizznti tipiche di Federico Zuccari (attraverso le quali risulta filtrato anche l'eventuale ricordo degli Arcangeli dipinti dal Ligozzi a Firenze, San Giovannino degli Scolopi: cfr. RATTI 1980, p. 441), mentre i volti del "San Michele arcangelo e dell'angelo dallo sguardo estatico alla sua sinistra" appaiono derivati, sino al calco, dai tipi del Cavalier d'Arpino (CONTINI 1992 c, p.143); la morfologia dei panneggi, franti, quasi scheggiati, realizzati a campiture a contrasto, trova facile confronto nel primo Baglione. La misura in più di concretezza nella resa dell'epidermide dell'angelo che porge la corona, o l'effetto di trasparenza delle mezze ombre sul volto parzialmente illuminato del suo compagno in secondo piano sulla sinistra, mostrano invece in quale misura il Salimbeni abbia tratto suggerimenti dalle opere di Francesco Vanni, le più tarde soprattutto, dove appare evidente l'intento di accordare l'intensità emozionale delle espressioni alla resa, sempre più convincente, delle qualità materiche delle superfici. Assai scarse risultano, di converso, le affinità con la pittura dei riformati toscani, spesso richiamati come referenti, tra i quali forse solo il Cigoli "sembra parlare una lingua consonante", e indirettamente, per la "dipendenza dall'esempio baroccesco" che ha in comune coi due senesi (CONTINI 1992 c,p. 143); semmai, il connubio tra la scorrevolezza del tono, anche emotivo, e la standardizzazione persistente, di stampo tardomanieristico, dei tipi fisici non è distante, fatto salvo il diverso curriculum di formazione, da Bernardino Poccetti. Ne deriva la mistura di verosimiglianza e facilità pittoresca che il Da Morrona (1787, I, pp. 146-147) tanto apprezzava nell'opera dove alle "belle forme, e le dolci arie" delle teste rispondono "il fluido [...] impasto", le "san- guigne, e facili tinte", con un effetto di intimismo appena corretto dall'eleganza ricercata delle pose
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665697-1
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Opera Primaziale Pisana
  • ISCRIZIONI Opus Venturae Salimbeni Sen(ensis) 1609 - a pennello - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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