Il Beato Pietro Gambacorta istituisce il suo ordine

dipinto, 1744 - 1746

In una cornice naturale, il Beato Pietro Gambacorta è inginocchiato su una roccia. Accanto a lui un personaggio, assiso sulle nubi, sorregge con una mano il libro su cui è scritta la regola, ponendo l'altra sulla spalla del Beato. Assistono all'episodio i discepoli, Dio Padre, Cristo e gli angeli

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Mancini Francesco (1679/ 1758)
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Ritiratosi attorno agli anni ottanta del XIV secolo sul monte Cesana, a "sei miglia" di distanza da Urbino, per dedicarsi "agli esercizi di penitenza e alla contemplazione", il Beato raccolse attorno a sé un gruppo di discepoli coi quali, come mostra il dipinto, "gettò le fondamenta della sua Congregazione", intitolata a S. Girolamo (SAINATI 1884, pp. 227, 232). Il 2 luglio 1744 Francesco Mancini ricevette l'incarico di eseguire l'opera (tela, m 4,52 x 4,84), dietro compenso di 550 scudi romani; terminata nel gennaio 1746, fu consegnata alla "Primaziale nel luglio dello stesso anno" (SICCA 1990 b, pp. 249,281, nota 95; GARMS 1984, p. 434). Seppure attivo a Roma dagli anni venti, il pittore risulta non perfettamente omologabile alle medie della cultura figurativa elaborata nella città papale; ad esso restano, in larga misura, estranei il gusto di intridere di tocchi di luce il pigmento, impreziosendone la qualità di materia, fatta opalescente o perlacea, come pure il modo col quale sguardi e gesti, costringendo l'affetto in una norma, socialmente determinata, degli atti, definiscono l'intensità patetica dell'immagine. La qualità tipica del pittore risulta, per l'osmosi stabilita tra questi fatti e il sostrato di cultura emiliana, meno precisabile forse nei termini del rapporto esclusivo di dipendenza, ma decisivo per il grado di naturalezza e la medietà propriamente espressiva che assicura allo stile. L'apporto del Cignani, responsabile della prima formazione del Mancini, permane, più che nelle desunzioni morfologiche, nel gusto per la rarefazione delle figure, limitate nel numero rispetto alla vastità del sito, nella qualità sempre smorzata del tono emotivo; d'altra parte, analogie ancora più evidenti si riscontrano con Marcantonio Franceschini, nell'evidenza persino didascalica che i gesti, sempre rattenuti, assumono di contro all'ambientazione spoglia, nello spicco che l'"uniformità delle tinte" e il "tono generalmente cenerino" (DA MORRONA 1787-1793, I, p. 75) della gamma assicurano alle notazioni di costume, seppure appena accennate, ad esempio nella foggia dell'abito del personaggio sul primo piano: si consideri, a stabilire l'entità del confronto, il ciclo di Storie di S. Filippo Neri (Genova, San Filippo Neri). La "sintesi di grazia neocorreggesca e tenerezza pittorica" (RUDOLPH 1982, p. 3) distingue il Mancini dagli altri emiliani attivi a Roma, dal Milani al Muratori, allo Zoboli, impegnati nel "revival degli aspetti più classicheggianti della pittura carraccesca", mentre, a momenti, appare prossimo ai risultati più controllati del Conca (si veda la tela eseguita per il Duomo), "ma senza quella facilità quasi giocosa d'intenti, nonché di mezzi" (SESTIERI 1977, p. 69)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665562
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Opera Primaziale Pisana
  • DATA DI COMPILAZIONE 1995
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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