reliquiario - a ostensorio, opera isolata - bottega fiorentina, bottega pisana (?), ambito fiorentino, bottega toscana (prima metà, seconda metà, inizio sec. XIV, sec. XVI, sec. XVII, sec. XVIII)

reliquiario a ostensorio, 1782/ 1794

Il reliquiario è frutto dell'assemblaggio di quattro parti realizzate in tempi diversi: la prima è costituita dalla base priva del bordo esterno e dal fusto sino al nodo ovoidale privo dei cherubini; la seconda dal bordo esterno della base, dai cherubini del nodo ovoidale, dalla parte rimanente del fusto e dalla mostra; la terza dalla teca esterna e la quarta dalla teca interna. La base, a pianta ottagonale con profilo definito da due terne di archi di cerchio convessi collegate da altri due archi di cerchio più larghi, è impostata su un bordo suddiviso in otto lobi, dei quali sei, raggruppati in due terne, sono profilati da coppie di volute includenti una conchiglia su fondo puntinato e sono collegati da altri due lobi più ampi. Questi, definiti in basso da una coppia di volute, si rialzano con due volute includenti una conchiglia su campo puntinato. Su di esse insistono due cherubini a tutto tondo dorati, dai quali pende sul retro una foglia d'acanto dalla punta arricciata.(vedi OSS

  • OGGETTO reliquiario a ostensorio
  • MATERIA E TECNICA rame/ sbalzo/ cesellatura/ doratura
    argento/ sbalzo/ cesellatura/ bulinatura/ traforo
    gemma/ incastonatura
    VETRO
  • AMBITO CULTURALE Bottega Fiorentina Bottega Pisana Ambito Fiorentino Bottega Toscana
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Zucchetti Giovanni
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Secondo quanto attesta il canonico Paolo Tronci nel suo manoscritto "Notizie relative agli Arcivescovi di Pisa" nel 1633 l'arcivescovo Giuliano de' Medici dona alla Compagnia dello Spirito Santo un reliquiario d'argento, in cui custodire la spina della corona di Cristo, la più venerata tra le reliquie da essa possedute. Dopo la soppressione della Compagnia, ordinata dal granduca Pietro Leopoldo nel 1782, l'arcivescovo Angelo Franceschi dona alla Cattedrale il reliquiario con il suo prezioso contenuto. L'acquisizione dell'arredo da parte dell'Opera del Duomo deve essere avvenuta entro il 1794, perché esso si ritrova attestato per la prima volta nell'inventario di quell'anno. Probabilmente è grazie alla profonda venerazione, di cui da secoli la spina era fatta oggetto, che il reliquiario non è andato perduto nelle requisizioni del 1799: lo ritroviamo menzionato nella "Nota degli Argenti della Chiesa Primaziale di Pisa, dei quali resta sospesa la consegna fino a nuovo ordine" , per il loro grande valore artistico o religioso. Il reliquiario attualmente esistente ed esposto in Museo deriva dall'assemblaggio di parti di livello qualitativo diverso, che, eseguite in varie epoche, ci consentono di ripercorrere le fasi della sua complicata storia. Il risultato ottenuto è un oggetto composito, dai caratteri stilistici non omogenei e spesso addirittura dissonanti fra loro. La parte più antica è costituita dalla teca interna porta-reliquia dorata: nei tralci di volute che la decorano possiamo ravvisare quell'assimilazione e rielaborazione del modello classico che contraddistingue molti arredi trecenteschi. Questi tralci, infatti, si possono avvicinare a quelli sulle lamine d'argento fissate a rivestire lo spessore dei bracci della croce processionale del Bargello attribuita ad un allievo di Guccio di Mannaia e databile al primo decennio del XIV secolo. La teca esterna, invece, è un notevole esempio di gioielleria probabilmente fiorentina della seconda metà del XVI secolo: l'alto livello qualitativo emerge dalla squisita fattura delle ghirlande di fiori e foglie traforate, da confrontare con quelle delle montature dei pendenti allora in voga. Il corpo centrale della base ed il fusto sino al nodo ovoidale privo dei cherubini risalgono al primo decennio del Seicento: facevano parte dell'antico reliquiario donato da Giuliano de' Medici nel 1633 alla Compagnia dello Spirito Santo. E' difficile immaginare come fosse in origine quel reliquiario. Forse si trattava di un calice, o di una pisside già esistenti, modificati in modo da fargli assumere la forma di un reliquiario ad ostensorio per sostenere la teca. La datazione proposta risulta dall'esame della struttura e dei motivi decorativi della base e del nodo. Questi rimandano alla produzione orafa fiorentina uscita dalle botteghe sul Ponte Vecchio tra la fine del XVI ed i primi due decenni del XVII secolo e caratterizzata da soluzioni ibride, ancora incerte fra la tradizione cinquecentesca ed i primi segni del nuovo linguaggio seicentesco. In particolare, possiamo avvicinare questa parte del reliquiario alle opere di Egidio di Francesco Leggi, l'orafo cortonese che lavora per la corte medicea e che nel 1600 realizza il paliotto d'argento per la cappella dell'Annunziata nella chiesa omonima. Nelle basi dei suoi arredi ricorre costantemente una sigla di bottega che ritroviamo anche nel nostro: una cornice a serto d'alloro ed un'altra a piccole foglie d'acanto. Più tardi, nel reliquiario della Spina questo nucleo originario viene arricchito del bordo esterno che racchiude la base primitiva, dei due cherubini dorati sul nodo ovoidale, della parte superiore del fusto e della mostra. Queste aggiunte risalgono al momento in cui l'arcivescovo Franceschi decide di donare l'oggetto all'Opera del Duomo, ossia agli anni fra il 1782 ed il 1794, e probabilmente sono opera di un orafo pisano ancorato ai modelli del passato. Il sistema decorativo, caratterizzato da volute onnipresenti, rigide conchiglie, inespressivi cherubini dalle gote rigonfie, cespi d'acanto privi di naturalismo, presenta ancora i motivi tipici del Tardobarocco e del Rococò, ma trattati con un gusto diverso, irrigiditosi nella ripetizione di forme sempre uguali che, perciò, hanno perduto naturalezza e vitalità espressive. Il basso livello qualitativo di queste aggiunte arriva a snaturare il nucleo originario del reliquiario: la mostra, ricca e sfarzosa, estendendosi in senso orizzontale annulla completamente lo slancio verticale della teca cinquecentesca, ottenendo così l'effetto di ridurne l'imponenza anziché di esaltarla. Solo i cherubini reggi-corona si distinguono per una maggiore accuratezza nell'esecuzione, tanto da far ipotizzare per essi l'intervento di un'altra mano. La mostra reca un'interessante particolarità strutturale: la raggiera, anziché essere inserita tra le due cornici che, l'una nel recto, l'altra nel verso, includono la teca, trae origine dalla stessa lamina che racchiude la teca nel verso
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900662191
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Opera Primaziale Pisana
  • ISCRIZIONI gradino della base originaria - IULIANUS ARC.US P. A. D. MDCXXXIII - lettere capitali - a incisione - latino
  • STEMMI nodo ovoidale - gentilizio - Stemma - Medici - Scudo bombato caricato da sei palle, profilato da una coppia di volute contrapposte e sormontato da un galero a due ordini di nappe
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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