San Francesco d'Assisi bacia il lebbroso

dipinto murale, post 1600 - ante 1602

Il pittore descrive l'episodio del bacio al lebbroso come fosse un continuum della scena precedente e, anche in questo caso, ritrae Francesco come "cavalier cortese". Il momento illustrato è quello in cui il protagonista, sceso da cavallo, si china sul lebbroso e lo bacia; lo scudiero, che regge con la mano destra le redini del cavallo, assiste alla scena. Sullo sfondo è rappresentato il Santo dormiente che, circondato da armature crociate, sogna di diventare soldato di Cristo. Come nella precedente lunetta, ciò che colpisce è lo spiccato interesse per l'aspetto naturalistico curato in ogni minimo particolare: basti soffermarsi sulle rocce in primissimo piano piuttosto che sulle piante rampicanti che, partendo dalle radici dell'albero sottolineano l'andamento del tronco. Un elemento di "novità", tipico della pittura ligozziana, è dato dal prolungamento dei rami dell'albero che prosegue oltre il limite del contorno della lunetta, creando un suggestivo effetto spaziale. Anche di questo affresco esiste un disegno preparatorio conservato ad Oxford (Conigliello 1989)

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • ATTRIBUZIONI Ligozzi Jacopo (1547/ 1626): disegnatore/esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'intero ciclo decorativo venne commissionato dai frati minori al veronese Jacopo Ligozzi, autore, come attesta la firma autografa nella seconda e quinta scena, della parete meridionale, di quella occidentale e degli episodi quali "L'incontro di San Francesco, San Domenico e Sant'Angelo Carmelitano in San Giovanni in Laterano" e "San Francesco riceve le stimmate". A lui subentrarono, in un secondo momento, Giovanni Mannozzi, Galeazzo Ghidoni, Filippo Tarchiani e Nicodemo Ferrucci che portarono a compimento la parte restante del ciclo, avvalendosi, per alcune scene (è questo il caso della "Cacciata dei diavoli"), di disegni preparatori che lo stesso Ligozzi aveva lasciato. Il 1599, anno di edizione delle "Rime" di Andrea Grillo, testo da cui il Ligozzi avrebbe tratto le citazioni presenti sotto ogni singolo episodio entro cartigli o cornici, è stato fissato come termine post quem per l'inizio dei lavori del ciclo (Conigliello 1989). Ipotesi avvalorata dalla presenza di due date trascritte dal pittore veronese negli episodi de "Il dono del mantello" e "La rinuncia ai beni paterni", rispettivamente 1600 e 1602. Se poi consideriamo un pagamento avvenuto nel 1605 da parte di un certo Balì Roberto Pucci per una della lunette del chiostro e che la sesta storia venne ripresa tra il 1604 e il 1607 dal Poccetti in uno degli affreschi dell'Annunziata (Conigliello 1989), possiamo proporre anche un arco cronologico per le prime scene ligozziane compreso tra il 1600, anno tradizionalmente riconosciuto dalla letteratura (a partire da Giuseppe Richa) come inizio della decorazione, e il 1607. A distanza di quasi un decennio subentrò, nella parete settentrionale, il pittore Toscano in arte conosciuto come Giovanni da San Giovanni che dipinse le prime cinque storie (Baldinucci 1846). Fu la volta di Galeazzo Ghidoni con l'episodio del "San Francesco che resuscita un bambino annegato" e di Filippo Tarchiani con il "Miracolo di San Francesco che converte l'acqua in vino". Le successive scene, ventitre e ventiquattro, si devono nuovamente al Ligozzi che lasciò definitivamente il posto a Nicodemo Ferrucci, autore delle cinque lunette conclusive del ciclo francescano. Il termine della decorazione può essere considerata, come riferisce il Terrinca (1691), la data 1624 (Matteoli 1973; Conigliello 1990). Come sottolinea la studiosa Lucilla Conigliello (1989), gli affreschi del Ligozzi si differenziano non solo dalla tradizione cinque-seicentesca di Andrea del Sarto piuttosto che Bernardo Poccetti per spazi meno scenografici e figure che si proiettano in primissimo piano, ma anche per una grande attenzione ai particolari che denotano il gusto per l'ornato (elemento distintivo della sua attività di decoratore) e per l'introduzione di elementi di novità che creano nello spettatore effetto di meraviglia. La sua pittura nitida e arcaizzante, che bene si fonde con la vita francescana e costituisce un modello per il fedele, si rivolge piuttosto, nell'organizzazione degi spazi riprodotti come scatole prospettiche e nelle tipologie fisionomiche, agli artisti del secolo XV (Ghirlandaio, Signorelli)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655765-3
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI in basso a sinistra, tra due archi delle finestre entro una finta cornice - PERCHE NOIOSO, E GRAVE,/ ALLE TUE PURE LABBRA/ NON FU L'ALTRUI BACIAR PUTRIDA SCAB/ BIA/ OGNI AMAREZZA TI DIVIEN SOAVE./ CROCE ASPRA ONDE ALTRI PAVE/ DOLCE A TE SEMBRA, E NEL/ TUO COR SI STAMPA/ E' NSIEME, E' SCUDO E BR/ [AM]ANDO, E' NSEGNA, E' LA[M]PA - Angelo Grillo (Rime) - lettere capitali -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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