San Francesco d'Assisi con le orazioni scaccia i diavoli da Arezzo

dipinto murale, 1616 - 1619

La prima delle cinque lunette affrescate dal Mannozzi, in arte Giovanni da San Giovanni, tra il 1616 e il 1619 sulla parete nord del chiostro (Baldinucci 1846), sopra l'ingresso al cenacolo, descrive l'episodio durante il quale San Francesco, con le sue preghiere, caccia e libera dai diavoli la città di Arezzo. La scena, che pone l'accento sull'elemento cruento della vicenda sottolineato dallo scontro sanguinoso dei duellanti che si trafiggono vicendevolmente occupando la quasi totalità della lunetta, vede il Santo che, con le mani giunte e il volto rivolto al cielo, è rappresentato in ginocchio sull'estrema destra in atto di preghiera, mentre sullo sfondo, in lontananza, i diavoli vengono banditi dalla cittadina aretina. La studiosa Conigliello (1989) pone l'attenzione sul diverso modo interpretativo che hanno il Ligozzi e il Mannozzi nel raffigurare il medesimo soggetto. Il primo, autore di un disegno preparatorio conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, mette in evidenza l'aspetto terrifico con citazioni favolistiche rimanendo fedele al racconto tratto dalla "Legenda Maior", l'altro, autore dell'affresco, predilige la parte efferata della vicenda basandosi sull'episodio descritto nel testo cinquecentesco di Marco da Lisbona privo di notazioni fantastiche

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • ATTRIBUZIONI Mannozzi Giovanni Detto Giovanni Da San Giovanni (1592/ 1636): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'intero ciclo decorativo venne commissionato dai frati minori al veronese Jacopo Ligozzi, autore, come attesta la firma autografa nella seconda e quinta scena, della parete meridionale, di quella occidentale e degli episodi quali "L'incontro di San Francesco, San Domenico e Sant'Angelo Carmelitano in San Giovanni in Laterano" e "San Francesco riceve le stimmate". A lui subentrarono, in un secondo momento, Giovanni Mannozzi, Galeazzo Ghidoni, Filippo Tarchiani e Nicodemo Ferrucci che portarono a compimento la parte restante del ciclo, avvalendosi, per alcune scene (è questo il caso della "Cacciata dei diavoli"), di disegni preparatori che lo stesso Ligozzi aveva lasciato. Il 1599, anno di edizione delle "Rime" di Andrea Grillo, testo da cui il Ligozzi avrebbe tratto le citazioni presenti sotto ogni singolo episodio entro cartigli o cornici, è stato fissato come termine post quem per l'inizio dei lavori del ciclo (Conigliello 1989). Ipotesi avvalorata dalla presenza di due date trascritte dal pittore veronese negli episodi de "Il dono del mantello" e "La rinuncia ai beni paterni", rispettivamente 1600 e 1602. Se poi consideriamo un pagamento avvenuto nel 1605 da parte di un certo Balì Roberto Pucci per una della lunette del chiostro e che la sesta storia venne ripresa tra il 1604 e il 1607 dal Poccetti in uno degli affreschi dell'Annunziata (Conigliello 1989), possiamo proporre anche un arco cronologico per le prime scene ligozziane compreso tra il 1600, anno tradizionalmente riconosciuto dalla letteratura (a partire da Giuseppe Richa) come inizio della decorazione, e il 1607. A distanza di quasi un decennio subentrò, nella parete settentrionale, il pittore Toscano in arte conosciuto come Giovanni da San Giovanni che dipinse le prime cinque storie (Baldinucci 1846). Fu la volta di Galeazzo Ghidoni con l'episodio del "San Francesco che resuscita un bambino annegato" e di Filippo Tarchiani con il "Miracolo di San Francesco che converte l'acqua in vino". Le successive scene, ventitre e ventiquattro, si devono nuovamente al Ligozzi che lasciò definitivamente il posto a Nicodemo Ferrucci, autore delle cinque lunette conclusive del ciclo francescano. Il termine della decorazione può essere considerata, come riferisce il Terrinca (1691), la data 1624 (Matteoli 1973; Conigliello 1990). Come sottolinea la studiosa Lucilla Conigliello (1989), gli affreschi del Ligozzi si differenziano non solo dalla tradizione cinque-seicentesca di Andrea del Sarto piuttosto che Bernardo Poccetti per spazi meno scenografici e figure che si proiettano in primissimo piano, ma anche per una grande attenzione ai particolari che denotano il gusto per l'ornato (elemento distintivo della sua attività di decoratore) e per l'introduzione di elementi di novità che creano nello spettatore effetto di meraviglia. La sua pittura nitida e arcaizzante, che bene si fonde con la vita francescana e costituisce un modello per il fedele, si rivolge piuttosto, nell'organizzazione degi spazi riprodotti come scatole prospettiche e nelle tipologie fisionomiche, agli artisti del secolo XV (Ghirlandaio, Signorelli)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655765-16
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI in basso, a sinistra della lunetta entro un cartiglio - GIA' FULMINAVA [---]/ DURA CV[---]/ CHE STRAGE HA INNANZI [---]/ IL MEZZO/ QUANDO ECCO [---]/ PREGO HUMILE/ PREGO POSSENTESI, CHE VINCE/ SOLO/ D'ETERNA CRUDELTA L'/ ARMATO STUOI - Marco da Lisbona (Chronicas da Ordem dos frades menores do Serafico Padre Sam Francisco) - lettere capitali -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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