San Giovanni Gualberto e storie della sua vita/ Cristo in pietà e santi/ Cristo benedicente/ cherubino/ serafino

trittico ca 1370 - ca 1370

La cornice architettonica, in legno dorato, è caratterizzata da pilastrini architettonici con pinnacoli e da colonnine a tortiglione che separano la tavola centrale dalle laterali. La predella, con il fondo decorato a motivi geometrici di colore oro, verde e rosso con profilature bianche, presenta soggetti figurati. Le cuspidi, dal fondo ornato con elementi vegetali a rilievo, accolgono clipei figurati e hanno il profilo esterno arricchito da foglie acantiformi arricciate

  • OGGETTO trittico
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Giovanni Del Biondo (notizie Dal 1356/ 1398)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo dell'Opera di S. Croce
  • LOCALIZZAZIONE Convento di S. Croce
  • INDIRIZZO p.zza S. Croce, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il trittico in origine era collocato nella chiesa di San Giovanni Evangelista nel monastero vallombrosano delle "Donne di Faenza", fondato alla fine del Duecento dalla Beata Umiltà poco fuori la Porta Faentina. Non è certo il posto che occupasse all'interno della chiesa, ma la sua alta qualità - già allora sicuramente apprezzata - e la sua impostazione, solenne e didascalica ma anche preziosa per ricchezza cromatica, potevano riservargli solo una collocazione ben visibile e di assoluto privilegio. Quando nel 1529 il complesso monastico venne distrutto per ragioni di difesa della città (al suo posto sarebbe sorta la Fortezza da Basso), le religiose si rifugiarono presso il monastero di San Salvi, portando con loro le opere più significative del loro primo monastero. Fra queste compariva anche il trittico con San Giovanni Gualberto, secondo quanto si evince da fonti inventariali ("Inventario degli oggetti…", 1810; cfr. "Capolavori"). Dallo stesso documento - in cui peraltro l'opera era erroneamente citata come "San Francesco in trono con storie della sua vita", errore corretto solo nel 1864 da Crowe e Cavalcaselle - apprendiamo anche che, a seguito delle soppressioni napoleoniche di inizio Ottocento, il dipinto giunse nel convento di San Marco; da qui passò in Santa Croce (lo cita il Fantozzi nel 1842), dove dopo alcuni spostamenti fu collocato nella cappella Bardi di Vernio. L'alluvione del 1966 gli arrecò purtroppo gravi danni, ai quali si è definitivamente cercato di porre rimedio nel recente restauro che ne ha reso di nuovo percepibile l'ottima qualità esecutiva, caratterizzata in particolare da colori smaglianti e purissimi che sono tornati a scintillare accanto ai toni bassi delle vesti monacali, in un particolarissimo contrasto cromatico. Sono state anche reintegrate le mancanze della cornice (specie le guglie dorate), ridonando così equilibrio e completezza al trittico (cfr. "Angeli…", pp. 127-132). Esso - ricondotto alla paternità di Giovanni del Biondo nel 1930 dall'Offner, a cui poi tutta la critica si è unanimemente associata - riveste un ruolo di primo piano anche nella definizione dell'iconografia relativa a San Giovanni Gualberto, essendo la prima opera che lo ritrae seduto in trono ed anche un riferimento imprescindibile per le successive rappresentazioni degli episodi della sua vita. Da notare come il santo, effigiato con volto severo ed ascetico nella figurazione maggiore, sia invece ritratto naturalisticamente nelle scene laterali dove si narrano gli episodi salienti della sua vita spirituale ("Miracolo del Crocifisso di San Damiano", "Prova del fuoco", "Cena di San Giovanni Gualberto" e "Morte del Santo"). Qui Giovanni del Biondo non segue una narrazione strettamente aderente alla realtà storica, ma predilige piuttosto scene inserite entro architetture ideali, rese però con ricchezza di particolari descrittivi. Ovunque domina la grande levatura morale del santo, ora nel suo austero ma sereno rifiuto del cibo, ora nel pacifico e definitivo affidarsi alla morte. In ultimo, in relazione alla predella, si deve rilevare come a lungo siano state espresse riserve circa la sua pertinenza al dipinto. Dopo il restauro, tuttavia, pare confermabile l'appartenenza originaria della predella al resto del trittico (opinione già espressa da Ciatti nel 1986 ad uno stato avanzato del ripristino). Le iscrizioni presenti sulla cornice superiore appaiono ripassate, ricalcando però quelle antiche, in una fase in cui esse apparivano già sbiadite e frammentarie; questa forse è la causa di certe erronee letture delle iconografie dei santi effigiati (è il caso ad esempio del "San Vincenzo" citato nell'iscrizione ma corrispondente ad un santo diacono caratterizzato dall'attributo dei ferri, che dunque lo qualifica invece come San Leonardo, patrono dei carcerati)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655618-0
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI nella predella, in alto, a lato dei santi - SCS./ JOHES. ET. PAULUS. / BEATA UM/ILITAS./ SCS. VICEN/TIUS. SCS. PO/LITUS. SCS. TO/MAS. COMETERBIS - caratteri onciali - a pennello nero - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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