Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia

dipinto ca 1704 - ca 1704

Personaggi: Mosè; uomini; bambini; donne. Paesaggi: rocce. Oggetti: verga; anfore; fiasco; scodelle

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Lazzarini Gregorio (1655/ 1730)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Scuola Veneta Seicentesca
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale di Palazzo Mansi
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Mansi
  • INDIRIZZO Via Galli Tassi, Lucca (LU)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela con Mosè che fa scaturire l'acqua dalla roccia, proveniente dalla collezione Massoni e pervenuta ai Musei Nazionali di Lucca nel 1952 per lascito testamentario di Vincenzo Massoni, è stata esposta al pubblico, nel Salotto Guinigi Magrini in Palazzo Mansi, nel 1993 con un riferimento a scuola veneta seicentesca (Borella-Giusti Maccari 1993, p. 15), insieme ad altri dipinti, come il Ritratto della piccola Massoni di Pietro Nocchi e la Veduta della Riva degli Schiavoni, allora attribuito a Luca Carlevarjis. La tela è stata riferita a Gregorio Lazzarini da Paola Betti, che dall'accostamento con il Carlevarjis - non solo visivo in quanto esposte in una stessa sala del museo, ma anche per la comune provenienza dalla Collezione Massoni di Lucca - ha ricollegato le due opere alla raccolta del mercante lucchese Stefano Conti - che vantava il possesso di un cospicuo e qualitativamente pregevole campionario della pittura bolognese e veneziana tra Sei e Settecento - anche se non è stato possibile ricostruire il percorso seguito dalla tela e le vicende che ne hanno infine determinato il passaggio alla collezione della famiglia lucchese Massoni (Betti 1997, pp. 38-43). Come di recente ha sottolineato Franca Zava Boccazzi nel suo intervento sulla Galleria Conti (Zava Boccazzi 1990, pp. 109-152), indispensabile per l'identificazione dei pezzi che componevano la quadreria è la consultazione della corrispondenza intrattenuta dal Conti con i pittori cui di volta in volta venivano assegnate le commissioni, in quanto gli 'attestati degli artisti, che per il collezionista rappresentavano una vera e propria garanzia di autenticità, ci trasmettono una descrizione, spesso analitica, delle tele, di solito accompagnata dalle misure, dal numero e dalle dimensioni delle figure, nonché dai tempi di realizzazione e di consegna delle opere. Dal dettagliato resoconto steso dal Conti apprendiamo che "Gregorio Lazzarini Pittore Commorante in Venezia mi ha fatto di mia commissione n. 7 quadri in tela di varie misure e di figure parte al Naturale, e parte mezzo naturale". Tra questi compare un dipinto di "quarte 7 e 9 per traverso con Mosè che fa scaturire l'acqua dalla Pietra con huomini donne e putti di figure mezzo naturale in circa fornito di Genaro l'anno 1705" (Zava Boccazzi 1990, p. 136), che, sulla base del formato, della descrizione e dei caratteri stilistici, risulta riconoscibile nella tela già Massoni, ora a Palazzo Mansi. Per quanto riguarda le misure, una quarta equivale a cm 17 circa, ma non essendo specificate le frazioni della quarta, l'indicazione delle dimensioni va intesa con un certo margine di disparità. Infatti quarte 7x9 corrispondono a cm 119x153, mentre il dipinto di Palazzo Mansi misura cm 120x150.5. La composizione del Mosè si anima in virtù dei diversificati atteggiamenti delle figure, dalla gestualità enfatizzata e leziosa o arditamente scorciate, ma comunque bloccate entro un'orditura disegnativa assai salda e definite da campiture di colore levigate e pastose nel contempo, richiamando analoghi stilemi ricorrenti nell'opera del Lazzarini. Basti il confronto con l'Elemosina di San Lorenzo Giustiniani in San Pietro di Castello a Venezia, dove il linguaggio del pittore si rivela in bilico tra barocchetto e classicismo accademizzante. Il Mosè appartiene ad una fase relativamente matura dell'attività del Lazzarini, che dimostra di aver preso le distanze dalla lezione dei 'tenebrosi', assorbita in gioventù mediante l'assiduità alla bottega di Francesco Rosa, a vantaggio di una visione formalmente più corretta e accademizzante e di una scelta cromatica più brillante e variegata, maturate sul doppio binario dell'esperienza bolognese di Cignani e Franceschini e veneziana del Forabosco. Nel dipinto, la scena - dall'articolata impaginazione, che presenta sul fondo le figurette quasi larvali definite da rapide pennellate, tanto care al Lazzarini - appare vivificata da una calda luminosità e dall'interesse per la mutevole manifestazione degli affetti secondo modi che trovano un parallelo nell'operato del Bellucci, dal quale, come dimostra la corrispondenza pervenutaci, il Lazzarini accettava volentieri suggerimenti e valutazioni. Un disegno raffigurante Mosè che fa scaturire l'acqua dalla roccia, passato di recente sul mercato antiquario (Una collezione di disegni antichi, catalogo d'asta Finarte n. 572, Milano 4 dicembre 1986, lotto 99, p. 34), mostra spunti che saranno ripresi liberamente tanto nell'opera lucchese che nell'esemplare veneziano del medesimo soggetto eseguito dal Lazzarini nel 1707 per il Convento dei Santi Giovanni e Paolo e ora all'Accademia di Venezia (Betti 1997, pp. 38-39)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900526937
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Museo di Palazzo Mansi - Lucca
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 2000
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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