paliotto, ca 1610 - ca 1636

Il pannello mostra il granduca Cosimo II inginocchiato su un cuscino di lapislazzuli con cordone a nappe in oro, in atto di offrire scettro e corona poggiati su un altare in diaspro rosso simulante un velluto con passamaneria in oro. Indossa una veste a righe in smalto bianco e oro e a file di rosette e una lunga sopravveste a fiorami in smalto policromo, fermata in vita da una cintura con quattro piccoli diamanti e una spada al fianco. Lo riveste un manto d'oro a grossi fiorami uso broccato foderato di ermellino bianco e chiuso da un fermaglio con un diamante. Dal collo spunta una lattuga. Il pavimento è a commessi di pietre dure a tondi e riquadri alternati, delimitati da listelli d'oro. Le pareti della stanza sono tappezzate da sette pannelli in eliotropio con pannamaneria in oro. Alle spalle del Granduca si apre una finestra architravata rosa screziato con il parapetto a disegni geometrici, da cui si vedono la cattedrale fiorentina con la faciata ancora spoglia, la cupola brunelleschiana e il campanile su cui sventola una bandiera bianca con lo stemma Medici sormontato dalla corona granducale. La cornice, modanata e arricchita da un nastro a spirale, da un fregio di foglie stilizzate e in alto da un fiocco

  • OGGETTO paliotto
  • MATERIA E TECNICA diamante/ incastonatura/ sfaccettatura
  • AMBITO CULTURALE Botteghe Granducali Fiorentine
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo degli Argenti
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pitti
  • INDIRIZZO P.zza Pitti 1, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Una nota del 1789 spiega che il rilievo faceva parte di un paliotto destinato da Cosimo II all'altare di San Carlo Borromeo a Milano come voto nel caso avesse riacquistato la salute. Ma Cosimo morì nel 1621 e l'altare qualche anno dopo fu finito, ma non inviato a Milano. Fu collocato invece nella Guardaroba, dove figura per la prima volta in un inventario del 1770 (ASF, Imperiale e Reale Corte 1288, c. 40), ma era già da tempo oggetto d'ammirazione da parte dei visitatori, come testimonia la lettera scritta il 4 ottobre 1739 dal De Brosse, che racconta di aver visto "un parament d'autel de six pieds de long, d'oro massif ciselé, avec des inscriptions de rubis. C'est un voeu de Côme qu'est représenté en émail, vêtu d'emerauds et de diamants" (ediz. 1869, I, p. 262). Il paliotto rimase nella Guardaroba fino al 1789: intorno a quella data fu smembrato, la parte di oreficeria probabilmente fusa e le pietre riutilizzate (Archivio della Soprintendenza B.A.S. Firenze, Filza XXIV, n. 5/2 e /3). Restò solo il rilievo in pietre dure, che nel 1791 venne trasferito in Galleria con la nuova cornice. Il nome di Jonas Falck è associato al rilievo nell'inventario del tesoro della Guardaroba del 1783 (ASF, Revisioni e Sindacati 84, c. 12, n. 127); ma il compilatore annota che la notizia è ricavata da un vecchio "Giornale" del 1624: così l'informazione può essere considerata senz'altro valida: "Detto paliotto è stato lavorato dall'orefice Cosimo Merlini della R. Glleria; col disegno di Giulio Parigi, architetto, e lo sfondo della formella di mezzo, e figura, da Michele Castrucci e Gualtieri Cecchi; pietristi di Galleria e dall'orefice Jona Falchi". Secondo lo Zobi (II ediz. 1853, pp. 266-268), seguito dagli storici successivi (Rossi 1956, p. 51, tav. LXXVII; Lankheit 1962, p. 96; Berti 1950-1952, p. 95, nota 9; Morassi 1963, p. 35; Pope-Hennessy 1964, al n. 605), gli artisti legati al paliotto erano Matteo Nigetti, Giovanni Bilivert e Orazio Mochi e non è da escludere che in qualche modo vi possano aver preso parte, visto che l'impresa durò dal 1617 al 1624. Un disegno preparatorio di Giulio Parigi, conservato alla Biblioteca Marucelliana (vol. D, n. 170), dà un'idea dell'aspetto originario del paliotto. Secondo il progetto l'altare era diviso in tre parti scandite da quattro lesene rifinito in alto e in basso da una fascia in lapislazzuli, come è indicato nell'inventario già citato. Il disegno tuttavia differisce dall'opera finita in molti particolari: ai cartigli ai lati che sostenevano gli stemmi furono sostituiti con dei putti e la figura del Granduca fu vestita in abiti regali; fu variato anche l'interno della stanza e aggiunta la veduta della cattedrale fiorentina attraverso la finestra aperta. Un altro disegno di Matteo Nigetti (GDSU, n. 6799A), pubblicato dal Berti, è oggiconsiderato piuttosto il progetto per una coperta di protezione (Aschengreen Piacenti 1965, p. 116). Al paliotto invece ebbe sicuramente parte attiva Cosimo Merlini, come testimoniano le ripetute consegne di oro "per l'altare di San Carlo di Milano" (ASF, GM 360, c. 7; Depositeria 647 del 1618) documentate fra il settembre del 1617 e il gennaio 1618, rese note da Cristina Aschengreen Piacenti (1965, p. 117). A lui si deve la parte di oreficeria, e cioè i pannelli laterali e la cornice del rilievo in pietre dure. L'intaglio delle pietre e l'esecuzione del rilievo spettano invece a Michele Castrucci e Gualtieri Cecchi, che avevano botteghe specializzate in mosaico in pietre dure ed erano frequentemente coinvolti nelle più importanti commissioni di quegli anni. Infine, a conferma dell'intervento di Jonas Flack. citato nell'inventario del 1783, Cristina Aschengreen Piacenti ha potuto reperire un "Memoriale" del 1620-1626 che elenca le pietre preziose consegnate a Jonas nel 1623 e nel 1624 "per il voto d'oro per l'altare di San Carlo" (ASF, GM 389, c. 4). Jonas eseguì la corona e lo scettro tempestati di diamanti, i gioielli che adornano la figura, l'abito incrostato di diamanti e probabilmente anche lo smalto del mantello. Risale al 31 marzo 1624 l'ultima citazione di Jonas Falck relativa al pannello, che deve essere stato consegnato per ultimo visto che il 22 marzo precedente l'altare risulta già finito in una nota che registra il pagamento a favore di un certo Virginio Lotti pittore "per aver colorito il disegno del paliotto simile a quello che va a San Carlo a Milano finito di oro con gioie" (ASF, GM 411, c. 16). Rimangono oggi due rilievi relativi al pannello centrale, uno in stucco policromo al Victoria and Albert Museum di Londra (Pope-Hennessy 1964, n. 605), l'altro in cartapesta nel Museo dell'Opificio delle Pietre Dure ritenuto piuttosto una delle quattro copie che i documenti ci dicono eseguite dal pittore Francesco Bianchi Bonavita (A.M. Giusti, in "Il Museo dell'Opificio" 1978, n. 457)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900193235
  • NUMERO D'INVENTARIO Gemme 489
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Le Gallerie degli Uffizi
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 1988
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2010
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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