Amore virtuoso che fustiga un satiro. Amore vincitore
dipinto,
Mancini Francesco (1679/ 1758)
1679/ 1758
Opera a olio su tela, conservata in cornice di legno intagliata a racemi vegetali, dipinta e dorata
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Mancini Francesco (1679/ 1758)
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Gennari Cesare
Piola, Domenico
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
- INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela fu acquistata dalla Cassa dei Risparmi di Forlì nell'estate del 1996: essa fu offerta all'ente bancario insieme ad altre sei opere, conservate fino ad allora presso la collezione di Maria Teresa Rivalta Paganelli di San Piero in Bagno. Si trattava di una piccola ma importante raccolta locale, con quadri scalati tra il XV e il XVIII secolo, che se non fossero stati acquisiti in blocco dalla banca forlivese, sarebbero stati probabilmente divisi e alienati singolarmente sul mercato antiquario. Tutti i dipinti erano accompagnati dalle perizie di Giordano Viroli che, nello specifico, all'epoca attribuiva la tela, identificata come "Amore virtuoso che fustiga un satiro", al pittore emiliano Cesare Gennari (Cento, 1637- Bologna, 1688), collocandola cronologicamente tra il 1661 e il 1662. Affermava infatti lo studioso forlivese che " A prima vista nell'opera si rilevano i caratteri propri alla pittura bolognese del Seicento, e precisamente quel misto di artificio classicizzante e di caratteri naturalistici che ci orienta verso l'ambiente del Guercino. A Cesare Gennari (Cento, 1637- Bologna , 1688) in particolare mi sembra richiamino la robusta anatomia del genio alato. Ancora di memoria carraccesca, il modo di definire i piani dell'anatomia del satiro, i panneggi che lo rivestono e il velo svolazzante che copre le membra del putto" (perizia del 11/4/1996, Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì). L'anno successivo tuttavia Viroli modificò il suo pensiero, preferendo conferire la paternità della tela a Domenico Piola (Genova, 1627-1703), importante esponente del barocco genovese, ma profondamente influenzato dalla cultura artistica emiliana, datandola attorno al 1670 per le affinità stilistiche rintracciate con le "Allegorie dinastiche" del Palazzo del Principe di Genova (1671). Un confronto con il dipinto di Francesco Mancini (Sant'Angelo in Vado, 1679- Roma, 1758) raffigurante "La Castità che fustiga Amore" (Roma, Palazzo del Quirinale), convinse infine Viroli, nel catalogo della Quadreria forlivese (La tradizione rinnovata 2006, p. 284), ad attribuire definitivamente la tela al pittore marchigiano, che fu allievo di Carlo Cignani a Bologna e Forlì, per poi trasferirsi a Roma nel 1725, dove maturò una felice sintesi tra la libertà compositiva barocca e la struttura formale di stampo classicistico. L'opera in esame sarebbe quindi da ascrivere all'attività giovanile di Mancini, in un momento in cui ancora predominante era l'influsso di Cignani e della linea pittorica prettamente emiliana, incentrata sugli esempi di Correggio e di Annibale Carracci (ib.). Il soggetto della tela è quello dell' "Amore vincitore", che deriva dalla citazione virgiliana "Omnia vincit amor" (Bucoliche, X, 69) e di cui esistono diverse varianti iconografiche. Nel caso in oggetto è rappresentato Cupido che, una volta sottomesso il dio Pan costringendolo a terra in ginocchio, lo fustiga con un ramoscello di alloro, attributo abituale del Cupido vittorioso insieme al libro, che si intravede ai suoi piedi. Se nell'arte greca più antica Eros incarnava gli impulsi più profondi e incontenibili dell'animo umano, qui è Pan a rappresentare il desiderio carnale e lussurioso, mentre a Cupido viene riservato il compito ben più casto di impersonare l'amor sacro. L'opera si carica quindi di un valore moraleggiante, nascondendo dietro ai protagonisti della mitologia classica un'allusione alla lotta tra amore divino e amore terreno. Considerando poi che Pan incarnava anche l'idea della natura universale (vista l'etimologia del suo nome), la scena, esempio di quel classicismo arcadico per cui Mancini raggiunse a Roma una certa notorietà, rappresenta anche una traduzione visiva del motto virgiliano, in quanto illustrazione della forza onnipotente dell'amore
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690236
- NUMERO D'INVENTARIO 02001030
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
- DATA DI COMPILAZIONE 2022
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0