Lucrezia. suicidio di Lucrezia

dipinto,

Dipinto a olio su tavola in cornice di legno intagliato e dorato

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Marchesi Girolamo Detto Girolamo Da Cotignola (1490 Ca./ Post 1531)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Zaganelli Bernardino
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
  • INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La Cassa dei Risparmi di Forlì acquistò l'opera nel 1988 da Gerolamo De Vanna, tramite la mediazione di Silvio Vecchietti, antiquario di Bologna e di Giordano Viroli, storico dell'arte forlivese. In una vecchia perizia del 1961 che accompagnava il dipinto (Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì), Mina Gregori lo assegnava all'attività giovanile di Girolamo Marchesi da Cotignola, datandolo attorno al secondo decennio del Cinquecento, per le affinità riscontrate con la "Concezione e Santi" della chiesa di San Francesco a San Marino (1512). Interpellato dall'Istituto di credito in previsione dell'acquisto dell'opera, Andrea Emiliani definiva l'attribuzione a Marchesi "del tutto opportuna e senza possibilità di controdeduzioni", lodandone l'ottimo stato di conservazione (comunicazione scritta del 15/3/1988, Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì). Dubbi circa l'identificazione dell'artista furono espressi in seguito da Andrea De Marchi (comunicazione scritta del 22/6/1994, Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì) che preferì attribuire la tavola all'ultima fase dell'attività di Bernardino Zaganelli ("già dentro il secondo decennio", De Marchi 1994, p. 36), nella cui scia del resto Marchesi mosse i primi passi. Nato a Cotignola, Girolamo Marchesi fu infatti garzone di bottega dei fratelli Zaganelli, suoi compaesani, derivando da Bernardino i richiami alla pittura umbra, bolognese, ferrarese e veneta e da Francesco il timbro nordico e anticlassico. Dopo aver intrapreso fra Romagna e Marche alla fine del primo decennio del Cinquecento l'attività autonoma, intorno al 1520 Marchesi maturò tuttavia una sorprendente svolta stilistica in direzione del classicismo raffaellesco, che lo allontanò dall'arte degli Zaganelli, proiettandolo da protagonista nella cultura cinquecentesca più aggiornata, grazie alla frequentazione di Girolamo Genga e Sebastiano Serlio e allo studio diretto delle opere dell'Urbinate che poté condurre tra Bologna e Roma. La paternità del dipinto ha continuato negli anni a generare pareri discordanti, confermando le difficoltà incontrate dagli studiosi nella distinzione certa della prima produzione di Marchesi rispetto all'operato maturo degli Zaganelli. Nel redigere nel 1994 il catalogo generale dei fratelli Zaganelli, Raffaella Zama ad esempio preferì escludere dalla loro produzione la "Lucrezia" in esame, attribuendola al più giovane artista di Cotignola (Zama 1994). Nella ricostruzione del corpus pittorico di Girolamo Marchesi che pubblicò nel 2007 (Zama 2007), la studiosa tornò quindi sulla questione, ribadendo l'assegnazione della tavola in base a questioni stilistiche, ma soprattutto costatando come la tipologia stessa della figura femminile ricorresse più volte nel corpus di Marchesi: sia nelle forme più composte e devote della "Deposizione" di Brera e della "Santa Caterina "del Bowes Museum di Barnard Castle, sia in quelle più avvenenti e profane della "Morte di Cleopatra" del Musée Baron Gérard di Bayeux e della "Donna allo specchio" del Musée Calvet di Avignone. La Zama sottolineò inoltre come sia Bernardo che Francesco Zaganelli fossero del tutto estranei alla produzione di immagini di repertorio classico e di destinazione non devozionale come quella in oggetto, raffigurazioni allegoriche molto richieste invece in quegli ambiti umanistici frequentati da Girolamo Marchesi a Bologna e Napoli. Narrata da Tito Livio nelle sue "Storie" ( I, 57-59), la tragica storia di Lucrezia, virtuosa matrona romana moglie di Collatino, che si tolse la vita dopo aver subito violenza da Sesto, figlio di Tarquinio il Superbo, incarnò infatti tra Quattro e Cinquecento un'ideale di pudicizia e fedeltà, diventando un motivo ricorrente nell'arte rinascimentale di stampo classicista. Si conservano ad esempio un bulino di Marcantonio Raimondi, tratto tra il 1509 e il 1510 da un'idea di Raffaello o le varie repliche che Francesco Francia derivò dalla "Lucrezia" che aveva dipinto, intorno al 1505-1506, per Guidobaldo da Montefeltro (Dresda, Collezioni d'arte). Marchesi, che all'inizio del secondo decennio del Cinquecento si muoveva nei territori a cavallo del ducato di Urbino, dedicò a tale tema almeno altri due dipinti, uno di ubicazione ignota (cfr. Zama 2007, pp. 131-132), l'altro conservato presso il Museo di Capodimonte di Napoli (Zama 2007, pp. 134-135), dove l'eroina romana è similmente ritratta a mezza figura, mentre, con lo sguardo patetico rivolto verso l'alto, si conficca al centro del petto seminudo il medesimo pugnale, caratterizzato da un'impugnatura a doppio disco decorata da baccellature a rilievo. Se Angelo Mazza (2006) è tornato a riferire la tavola a Bernardino Zaganelli, Andrea Donati, che ne ha curato la scheda nel catalogo della Quadreria della Fondazione forlivese (La tradizione rinnovata 2006), ha invece confermato, sulla scia di Giordano Viroli, la paternità a Girolamo Marchesi, facendo slittare però la datazione al 1530 circa e riconoscendo nella tavola importanti richiami all'arte di Francesco Zaganelli, sia nell'impostazione della figura che in alcuni dettagli, come i lunghi boccoli biondi che spiovono sulle spalle e il corsetto impreziosito di perle, che si ritrovano anche in una "Santa Caterina d'Alessandria" di Francesco (New York, collezione privata) e la mano libera dell'eroina fortemente scorciata che ricorre spesso nel suo repertorio
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690221
  • NUMERO D'INVENTARIO 02001016
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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