San Sebastiano. San Sebastiano

dipinto,

Dipinto a tempera e olio su tavola, conservata in cornice di legno intagliato, dorato e laccato

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ tecnica mista
  • ATTRIBUZIONI Maestro Dei Baldraccani (notizie 1480/ 1510)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
  • INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola è stata acquistata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì nel 2000 da Roberto Pettini, consulente e mercante d'arte a Bologna. Un'annotazione (Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì) del rag. Giancarlo Zecchini, che si occupò della trattativa per conto della Fondazione forlivese, riporta che il dipinto proveniva dal mercato antiquariale londinese, svolgendo Pettini anche il ruolo di consulente per la casa d'aste Christie's di Londra. Sconosciuta è la collocazione originaria del dipinto che, date le misure contenute, sembra essere riferibile a un contesto di devozione domestica. Si ha notizia solo di alcuni recenti passaggi di proprietà: in una comunicazione scritta dell'aprile 2000, Giordano Viroli, che per primo pubblicò il dipinto (1998), riporta che al momento della redazione della sua scheda l'opera apparteneva all'Antiquario Savelli di Bologna; Federico Zeri (1986) invece conosceva il dipinto come proveniente dalla collezione del barone Lazzaroni a Parigi. Fu proprio Zeri nel 1986 a ricostruire la personalità dell'anonimo pittore romagnolo, che volle chiamare Maestro dei Baldraccani dallo stemma dell'antica famiglia forlivese dei Baldraccani, visibile sul trono della Vergine in una pala già nella collezione Muti- Bussi a Roma. Attorno a quest'opera lo studioso riunì pochi dipinti, fra i quali l'affresco staccato con la "Madonna con il Bambino", conservato presso la Pinacoteca dei Musei San Domenico a Forlì e la tavola con la "Madonna adorante il Bambino" della collezione Sarre ad Ascona, acquisita nel 2004 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena. Poche opere si sono aggiunte a queste negli anni, andando a costituire un corpus limitato a una decina di pezzi. Tra di essi il "Ritratto di Filasio Roverella" della Pinacoteca di Cesena, attribuito all'anonimo artista da Stefano Tumidei nel 1987, che, in base all'età dell'effigiato (vescovo di Ravenna tra il 1476 e il 1516), è stato possibile datare a metà dell'ultimo decennio del XV secolo, offrendo così l'unico appiglio cronologico nel percorso artistico dell'anonimo pittore. Mentre Zeri, influenzato probabilmente dalle non ottimali condizioni di conservazione, assegnava il "San Sebastiano" genericamente a scuola romagnola (datandolo intorno al 1510), fu Daniele Benati ad attribuirlo al Maestro dei Baldraccani, con una comunicazione orale che è stata resa nota da Viroli nella sua monografia del 1998. La tavola si accosta infatti indubbiamente per cultura figurativa agli altri dipinti del catalogo dell'anonimo artista: analoghi sono infatti i riferimenti culturali di marca umbro-romagnola, che spaziano dal ricordo di Melozzo da Forlì, di cui il Maestro dei Baldraccani continua il magistero prospettico e stereometrico, guardando però anche al nuovo naturalismo di marca veneziana introdotto da Marco Palmezzano e Baldassarre Carrari (con l'ultimo più volte confuso), ai modi più aggiornati di Perugino, Pinturicchio e Antoniazzo Romano, conosciuti probabilmente a Roma entro il nono decennio del Quattrocento. Conferma si è avuta dal confronto diretto che è stato possibile istituire per la prima volta con le due tavole conservate a Cesena, in occasione della mostra che Forlì ha dedicato a Marco Palmezzano nel 2005-2006. Si è notato infatti come nel "San Sebastiano" in esame ricorra la medesima precisione nella resa dei dettagli, che qui delinea i capelli filo per filo, tratteggia minuziosamente a colpi di pennello le corde che stringono le braccia del santo, punteggia di luce le chiome degli alberi e schizza le esili figurine di uomini che animano lo sfondo; ma emerga anche la stessa "lucida e nitidissima calibratura delle forme fino a effetti di quasi geometrica astrazione" di cui parlava Tumidei in riferimento al "Ritratto di Filasio Roverella" (Tumidei 1987). Differenze sono state però rintracciate nella conduzione pittorica del dipinto in esame: nella scheda di catalogo della mostra su Palmezzano (2005), Francesca Nanni ha sottolineato come nella tavola forlivese manchino quell'esecuzione a finissimo tratteggio e quegli effetti di luce radente sulle superfici riscontrati invece nei dipinti conservati a Cesena, spingendola a posticipare leggermente la datazione dell'opera rispetto agli altri dipinti noti del maestro, riferibili entro l'ultimo decennio del Quattrocento. Di parere diverso Giordano Viroli (1998) e Andrea Donati (in La tradizione rinnovata 2006), che propongono invece una datazione coeva al "Ritratto di Filasio Roverella". Pur caratterizzandosi come una delle personalità più interessanti attive in Romagna tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, l'identità del Maestro dei Baldraccani rimane ancora sfuggente: è da escludere infatti il riconoscimento dell'anonimo pittore con artisti forlivesi minori, quali Giovanni del Sega o Giovanni Battista Rositi, così come la pur affascinante identificazione avanzata da Tumidei (1987), ma in seguito rigettata dallo stesso studioso, con il colto ed eclettico umanista forlivese Leone Cobelli, che nonostante gli accenni a un' attività pittorica contenuti nelle sue cronache, appartenne certamente a una più antica generazione. Nel dipinto in esame San Sebastiano è ritratto in primo piano a mezzo busto, legato alla colonna e trafitto da numerose frecce, mentre rivolge lo sguardo verso l'alto. Se l'iconografia del santo è tradizionale, la scelta della mezza figura e l'inquadratura ravvicinata, senza mediazioni tra l'osservatore e la cruda realtà del martirio, è tipica di altre immagini di devozione, come ad esempio il Cristo alla colonna, di cui esistono molti esemplari in Romagna. La violenza del martirio che si svolge in primo piano e indugia nella descrizione delle frecce, pura esibizione di sapienza prospettica essendo viste sotto ogni angolazione e variamente conficcate nella carne, contrasta con il vivace e solare paesaggio sullo sfondo, animato da piccole figure abbozzate con rapidità, segnando una distanza tra i due piani non solo fisica, ma anche psicologica
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690217
  • NUMERO D'INVENTARIO 02000001
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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