Semele incenerita da Giove. Semele incenerita da Giove
dipinto tavola di ciclo decorativo,
1541/ 1542
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (attribuito)
1518/ 1594
Tavola ottagona dipinta ad olio. Diam. m 1,26. Piccola cornice dorata di sag.a m 0,021. Nell'Inventario del 1866 sotto il n. 119
- OGGETTO dipinto tavola di ciclo decorativo
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MISURE
Altezza: 153 cm
Larghezza: 133 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Veneziano
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ATTRIBUZIONI
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense di Modena
- LOCALIZZAZIONE Gallerie Estensi
- INDIRIZZO largo Porta S. Agostino, 337, Modena (MO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Notizie Storico Critiche Il dipinto appartiene ad un ciclo decorativo attualmente composto da quattordici ottagoni. Fu acquistato a Venezia, nel 1658, dagli eredi di Vittore Pisani, committente della serie (due sono andati però perduti già a partire dal 1770). Il banchiere veneziano l’aveva commissionato nel 1541 per decorare il soffitto della sua camera da letto in occasione del suo matrimonio con Paolina Foscari. Geminiano Poggi, l’acquirente, agiva allora per conto del duca Francesco I d'Este e le diverse tavole arrivarono a Modena nell’ottobre del 1659. Qui vennero rimontate in parte nel soffitto della seconda camera da parata del Palazzo Ducale, in parte appese alle pareti. Il soffitto di Ca’ Pisani rappresenta la prima importante impresa a carattere mitologico del Tintoretto. La fonte letteraria di questo episodio, così come per quasi tutti i soggetti del ciclo, sono le Metamorfosi di Ovidio secondo la versione in volgare di Niccolò degli Agostini, ampiamente corredata da illustrazioni e apparsa a Venezia nel 1522. I soggetti scelti, incentrati sugli amori degli dei o tra gli dei e gli uomini, si collegavano in maniera originale alla congiuntura matrimoniale. Le tavole, e tra queste anche la storia dell’amore tra Semele e Giove, posseggono la spigliata cifra stilistica delle origini pittoriche di Tintoretto, quella giovinezza narrata dal Pallucchini quasi come momento intrepido di un giovane ancora sconosciuto. Siamo proprio agli esordi, nel momento in cui Venezia è agitata dal secondo vento manieristico, dopo le anteprime di Francesco Salviati e del Pordenone, quando arriva, tra il 1540 e il 1542, Giorgio Vasari a lasciare eloquente traccia di sé in palazzo Corner Spinelli. Tintoretto coniuga qui la maniera di Vasari con quella dello Schiavone, con suggestioni del Parmigianino e di Giulio Romano. Afferma Rodolfo Pallucchini (Pallucchini, 1945, p. 174) che «Tintoretto risolve tali scomparti soffittali con un punto di vista ribassato, ispirandosi si direbbe agli esempi di Giulio Romano della Sala di Psiche del Palazzo Te a Mantova». Ed proprio quello che osserviamo in questa tavola in cui l’autore dirige tutta la sua attenzione all’istante in cui Giove, che stringe tra le mani fiamme da cui divampano i suoi fulmini, osserva l’amata Semele. Secondo il mito l’incauta donna aveva preteso che il re degli dei le si manifestasse nella pienezza del suo splendore e della sua maestà, non diversamente da come era solito mostrarsi a Giunone. Ma il corpo mortale di Semele non sopportò tutto quel fulgore e ne rimase incenerito. La curiosità di Semele, come nel mito di Psiche, costituisce un peccato di ybris. Tintoretto rappresenta Semele mentre viene travolta dalla potenza di Giove, con le gambe in aria, in un vertiginoso e abilissimo scorcio. La composizione rimanda, per il dinamismo della rappresentazione, agli espliciti riferimenti a Giulio Romano di cui si accennava, mentre la resa luministica è coerente con gli altri ottagoni e con la temperie cromatica del Tintoretto. Emerge in particolare la poesia del chiaroscuro, parallelamente all’uso di brusche accensioni di luci, nel riverbero ardito e quasi esplosivo delle folgori di Giove. Bibliografia Ferdinando Castellani Tarabini, Cenni storici e descrittivi intorno alle pitture della Reale Galleria Estense, Regio-Ducal Camera, Modena, 1854, p. 106 n. 381. Adolfo Venturi, La R. Galleria Estense in Modena, (Ristampa anastatica: Panini, Modena 1989), Toschi, Modena, 1882, p. 240. Serafino Ricci, La R. Galleria Estense di Modena. Parte I. La Pinacoteca, Orlandini, Modena, 1925, pp. 91-93 n. 233. Emma Zocca, La reale Galleria Estense di Modena, Roma, 1933, p. 10. Rodolfo Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Cosmopolita, Roma, 1945, pp. 173-176 n. 403. Augusta Ghidiglia Quintavalle, La Galleria Estense di Modena, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1967, p. 17. Sovrane passioni. Le raccolte d'arte della Ducale Galleria Estense, Catalogo della mostra (Modena, Galleria e Museo Estense, 3 ottobre – 13 dicembre 1998), Motta, Milano, 1998, pp. 332-336 n. 114, fig. p. 338. Claudia Cieri Via, Tintoretto, Ovidio e il dramma delle Metamorfosi, in Tracce dei luoghi. Tracce della storia. L'editore che inseguiva la Bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, a cura di Aa. Vv, Donzelli, Roma, 2008, fig. 96. Giovanna Paolozzi Strozzi, Le Camere da Parata di Francesco I d'Este nel Palazzo Ducale di Modena. Restituzione dell'allestimento originale, Artecelata, Alessandria, 2013, fig. p. 19. La Galleria Estense. Guida breve, Panini, Modena, 2015, pp. 56-57 n. 35
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800675938
- NUMERO D'INVENTARIO Inventario R.C.G.E. n. 364
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA GALLERIA ESTENSE
- ENTE SCHEDATORE GALLERIA ESTENSE
- DATA DI COMPILAZIONE 2018
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0