Piramo e Tisbe. Piramo e Tisbe

dipinto ciclo decorativo, 1541/ 1542

Piramo trapassato da unan spada è al suolo mentre Tisbe si lancia colle braccia aperte sulla punta di quella stessa arma. Tav.la centinata negli angoli

  • OGGETTO dipinto ciclo decorativo
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 153 cm
    Larghezza: 133 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Veneziano
  • ATTRIBUZIONI Robusti Jacopo Detto Tintoretto (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense - Palazzo dei Musei Modena
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo dei Musei
  • INDIRIZZO largo Porta S. Agostino, 337, Modena (MO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Indicato da Pallucchini come «uno dei pezzi migliori della serie, per colore» (1945, p. 174), il dipinto appartiene ad un ciclo decorativo composto da quattordici ottagoni. Fu acquistato a Venezia, nel 1658, dagli eredi di Vettor Pisani, committente della serie (due sono andati però perduti già a partire dal 1770). Il banchiere veneziano l’aveva commissionato nel 1541 per decorare il soffitto della sua camera da letto in occasione del suo matrimonio con Paolina Foscari. Geminiano Poggi, l’acquirente, agiva allora per conto del duca Francesco I d'Este e le diverse tavole arrivarono a Modena nell’ottobre del 1659. Qui vennero rimontate in parte nel soffitto della seconda camera da parata del Palazzo Ducale, in parte appese alle pareti. Il soffitto di Ca’ Pisani rappresenta la prima importante impresa a carattere mitologico del Tintoretto. La fonte letteraria di questo episodio, così come per quasi tutti i soggetti del ciclo, sono le Metamorfosi di Ovidio secondo la versione in volgare di Niccolò degli Agostini, ampiamente corredata da illustrazioni e apparsa a Venezia nel 1522. Le tavole, e tra queste anche la scena di Piramo e Tisbe, posseggono la spigliata cifra stilistica delle origini pittoriche di Tintoretto, quella giovinezza narrata dal Pallucchini quasi come momento eroico di un giovane ancora sconosciuto. Siamo proprio agli esordi, nel momento in cui Venezia è agitata dal secondo vento manieristico, dopo le anteprime di Francesco Salviati e del Pordenone, quando arriva, tra il 1540 e il 1542, Giorgio Vasari a lasciare eloquente traccia di sé in palazzo Corner Spinelli. Tintoretto coniuga qui la lingua di Vasari con quella dello Schiavone, evocando le vibranti suggestioni del Parmigianino e di Giulio Romano. Afferma Rodolfo Pallucchini (Pallucchini, 1945, p. 174) che “Tintoretto risolve tali scomparti soffittali con un punto di vista ribassato, ispirandosi si direbbe agli esempi di Giulio Romano della Sala di Psiche del Palazzo Te a Mantova.” Ma osserviamo ora più da vicino l’opera. Il pittore nello stretto spazio dell’ottagono, articola le sue figure cogliendole dal sottinsù, affrontando il tema allegorico e nuziale della vicenda di Piramo e Tisbe: un ammonimento che suona come condanna per gli eccessi irrazionali della passione amorosa, che portano alla morte. Aleggia nell’opera un sentimento intriso di patetismo, perfetto per tradurre in immagini il mito dello sfortunato amore dei due giovani, trasformati, rispettivamente, in fiume e in fonte. Disegno di Michelangelo e colore di Tiziano si distendono sulla scena, a testimonianza di come Tintoretto percorra tutte le possibilità del proprio sperimentalismo manierista. E Tisbe sembra proprio appartenere alla tipologia generosa della femminilità espressa da Tiziano, animata però da un dinamismo inedito e da una forte gestualità, atta a coinvolgere il riguardante che osserva. Tintoretto costruisce così una scena di effetto quasi teatrale, in cui una luce studiatissima spiove dal cielo e disegna le braccia, i seni e le vesti della figura femminile. Dunque economia narrativa, capacità d’invenzione, uso drammatico della luce, forti contrasti chiaroscurali, dinamismo e movimento delle figure, le caratteristiche che Giulio Carlo Argan ammirava in Tintoretto, risultano le componenti ben calibrate e presenti in questa pur giovanile opera. Bibliografia Ferdinando Castellani Tarabini, Cenni storici e descrittivi intorno alle pitture della Reale Galleria Estense, Regio-Ducal Camera, Modena, 1854, p. 106 n. 381. Adolfo Venturi, La R. Galleria Estense in Modena, (Ristampa anastatica: Panini, Modena 1989), Toschi, Modena, 1882, p. 240. Serafino Ricci, La R. Galleria Estense di Modena. Parte I. La Pinacoteca, Orlandini, Modena, 1925, pp. 91-93 n. 233. Emma Zocca, La reale Galleria Estense di Modena, Roma, 1933, p. 10. Rodolfo Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Cosmopolita, Roma, 1945, pp. 173-176 n. 403. Augusta Ghidiglia Quintavalle, La Galleria Estense di Modena, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1967, p. 17. Sovrane passioni. Le raccolte d'arte della Ducale Galleria Estense, Catalogo della mostra (Modena, Galleria e Museo Estense, 3 ottobre – 13 dicembre 1998), Motta, Milano, 1998, pp. 332-336 n. 114, fig. p. 338. Claudia Cieri Via, Tintoretto, Ovidio e il dramma delle Metamorfosi, in Tracce dei luoghi. Tracce della storia. L'editore che inseguiva la Bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, a cura di Aa. Vv, Donzelli, Roma, 2008, fig. 96. Giovanna Paolozzi Strozzi, Le Camere da Parata di Francesco I d'Este nel Palazzo Ducale di Modena. Restituzione dell'allestimento originale, Artecelata, Alessandria, 2013, fig. p. 19. La Galleria Estense. Guida breve, Panini, Modena, 2015, pp. 56-57 n. 35
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800675935
  • NUMERO D'INVENTARIO 278
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA GALLERIA ESTENSE
  • ENTE SCHEDATORE GALLERIA ESTENSE
  • DATA DI COMPILAZIONE 2018
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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