Vulcano e i Ciclopi nella fucina. Vulcano e i Ciclopi nella fucina
disegno,
(?) 1675 - (?) 1699
Al centro della scena c'è un uomo nudo (Vulcano) in atto di forgiare sull'incudine con un martello una freccia; in basso due amorini raccolgono della legna per alimentare il fuoco, mentre al centro un amorino è sdraiato e sopra ad una roccia ed ha il volto rivolto verso l'alto; davanti a lui è appoggiata in terra una faretra con dentro delle frecce. Più a destra due uomini barbuti e muscolosi (ciclopi) parlano tra loro tenendo in mano dei picconi. Dietro a Vulcano sopra una roccia in mezzo agli alberi vi è una figura femminile che sembra tenere nella mano sinistra una freccia. Più al centro in alto due puttini sembrano commentare ciò che succede sotto di loro
- OGGETTO disegno
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MATERIA E TECNICA
carta tinta/ penna/ acquerellatura
- AMBITO CULTURALE Ambito Bolognese-emiliano
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Marcantonio Franceschini
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Coccapani
- INDIRIZZO corso Vittorio Emanuele II, 59, Modena (MO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Documentazione archivio ufficio catalogo (scheda non firmata ne datata). "Il foglio presenta, come è nelle abitudini di Marcantonio Franceschini, un elaborato completamente definito dal contornare di penna e dagli adombramenti di inchiostro acquarellato in grigio, tecnica tipica del pittore che esalta fortemente le ombre e i chiaroscuri atmosferici (D.C. Miller, An Album of Drawings by Marcantonio Franceschini in the Accademia Carrara at Bergamo, in 'Master Drawings', vol. XXI, n. l, 1983, pp. 20-32). E' già nel clima del primo decennio del Settecento che va posto questo disegno di gusto arcadico. Gli stessi putti, condimento essenziale di tutti i dipinti del Franceschini si vedono nelle scene pastorali della collezione Nigro di Genova (C. Volpe in Maestri della Pittura del Seicento emiliano, cat. mostra, Bologna 1959, pp. 179-187) e nelle Stagioni della Pinacoteca di Bologna. Con lo stesso segno morbido e l'ombreggiatura in acquerello grigio i putti sono anche nel foglio della Morte di Adone a Windsor Castle (O. Kurz, Bolognese drawings at.... Londra 1955, p.105) ed in quello con un soggetto simile ma in gesso rosso degli Uffizi. Durante l'arco di tutta la sua attività rimasero evidenti nel Franceschini le tracce del lungo apprendistato e della decennale dipendenza dal maestro Cignani. E' soltanto intorno al 1680 che la sua pittura manifesta tracce di originale vigore, recuperando, attraverso l'insegnamento del Cignani, una più diretta aderenza al linguaggio classicistico del Domenichino e di Albani. Il foglio si può confrontare con un disegno a penna acquarellato con inchiostro bruno conservato al Metropolitan Museum di New York e datato intorno al 1710-'11 (inv. 61156; pubblicato da D.Benati, Disegni emiliani del Sei-Settecento. Come nascono i dipinti, Carimonte, A. Pizzi ed., Milano 1991). Sono anni di attività intensissima per il Franceschini. Egli è conteso dai grandi collezionisti: le famiglie senatorie bolognesi, le autorità civili ed ecclesiastiche, i grandi ordini religiosi, i principi di Germania. Il suo più affezionato committente, il principe di Liechtenstein, gli richiese numerosissime tele per il suo palazzo di Vienna, molte delle quali dedicate al mito di Adone. Zanotti ci rende noto il metodo di lavoro del Franceschini che era solito fissare sulla carta i risultati di una fertile elaborazione immaginativa tramite l'esercizio quotidiano del disegno (G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, 1, pp. 219-248). L'anonimo autore della biografia manoscritta ricorda che il pittore "la sera per molte hore inventava le operationi che doveva intraprendere formandone li pensieri con prestezza (...). Formati li pensieri ne abbozzava il dissegno e dissegnate dal vero le parti lo perfezionava, dissegnandolo con lapis sfumato, o contornato a penna ombrata d'acquarella, o in carta tinta lumeggiata a chiaro scuro"{Notìzie ..., sec. XVIII, Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, ms. B6, c. 305 v)". Il disegno è a penna, inchiostro nero, acuerello grigio, rialzi di biacca su carta tinta in bruno. Sul controfondo in basso a destra etichetta rettangolare '928'. Il Castellani Tarabini nei 'Cenni storici e descrittivi [...]' così lo descrive: "Incerto n. 25. La Fucina di Vulcano con vari amoretti. In carta tinta. (1854, p. 143). Nell' Inventario dei disegni dell'Accademia di Belle Arti viene così descritto: "105 - Un Vulcano che fabbrica dardi a lapis nero. Incerto" (pubblicato in, J. Bentini 1989, p. 48). Al momento non vedo elementi per poter avvalorare l'ipotesi (avanzata dall'autore della scheda sopracitata) che il disegno possa appartenere al Franceschini (Bologna 1648-1729). Nel foglio vi sono alcune visibili cadute di qualità sia del segno, soprattutto nei pesanti ritocchi ad acquerello nero, sia nella resa anatomica di alcune parti, come il braccio di Vulcano che tiene la freccia. Più originali appaiono le figure rappresentate nello sfondo: i due ciclopi e la donna in alto, sono rese con un segno più agile e sintetico. Forse nella donna che tiene in mano una freccia si può riconoscere la figura di Diana, la quale chiese ai Ciclopi di farsi forgiare arco e frecce
- TIPOLOGIA SCHEDA Disegni
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800437262
- NUMERO D'INVENTARIO 1335
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia
- DATA DI COMPILAZIONE 2008
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- ISCRIZIONI sul 'recto' in basso a destra - '105' - a penna - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0