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dipinto, ca 1720 - ca 1726

In primo piano, a sinistra della scena, la Vergine, con velo sul capo, in abito rosso-arancio e manto grigio-azzurro, rivolge lo sguardo all'Angelo. Quest'ultimo, a dorso nudo, Le appare in un vortice di luce, circondato da vari cherubini e tiene nella mano sinistra un giglio e con l'indice della mano destra indica la Vergine, sul cui capo discende una colomba

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Gherardini Alessandro (1655/ 1726): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Borgo Val Di Taro (PR)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il quadro, se pur indicato nella visita pastorale di Mons. Ranza nel 1923, fu da Santangelo (1934) proposto ad Antonio Balestra e con quest'ultima attribuzione passò fino al 1977 (Ponzini). Collocato in origine sull'altare maggiore dell'Oratorio dei Disciplinati, o Battuti, detto anche di San Bernardino, attiguo all'Ospedale dei poveri, unico ostello tra Sestri e Parma, venne trasferito in Sant'Antonino dopo il 1933, allorché l'Oratorio, dopo la soppressione della confraternita (1900), fu acquistato dal Comune. E' probabile che nel Settecento fosse inserito nell'ancona lignea che attualmente si trova nella seconda cappella a sinistra in Sant'Antonino, dati i caratteri coevi e la stessa provenienza, ma, non potendone verificare con esattezza le dimensioni è utile ricordare che i dispersi dipinti degli altri due altari dell'antico Oratorio erano dedicati a San Bernardino e a San Gaetano. Il Gherardini ebbe con Borgotaro sicuramente una lunga e frammentaria frequentazione, trovandosi certamente a passare dalla cittadina durante il viaggio in "Lombardia" e la sosta a Parma, dopo il giovanile primo soggiorno pontremolese avvenuto verso il 1675. Il Baldinucci 1975), suo biografo, riferì che durante il soggiorno parmense, il Gherardini ebbe l'opportunità di lavorare nella Certosa di Parma a due tele ora disperse, che invece Godi data in età più avanzata (1720-22), basandosi sugli anni di ricostruzione della chiesa i cui lavori erano però già stati progettati nel 1673 (G. Ewald, 1963). I rapporti con la Val Taro dovettero tuttavia intensificarsi, se sposò in prime nozze, presumibilmente verso la metà degli anni '80 , la borgotarese Francesca Calzolari (morta nel 1698) e nel 1703, scrivendo al Conte Dosi di Pontremoli, suo mecenate, riferiva di dover consegnare tra altre opere, anche un quadro per Borgotaro, senza citarne purtroppo il soggetto (Bertocchi-Dosi Delfini, 1970). Quest'ultima notizia ha suggerito a Godi di riconoscere quel dipinto in questa "Annunciazione" e di datarla quindi al 1703, senza alcun riscontro stilistico con le opere di quegli anni dell'artista toscano. Del resto ancora oggi a Borgotaro si conservano in collezione privata altre tele inedite del Gherardini e un suo "Amorino" si trovava in Palazzo Bertucci, identificabile forse con quello datato 1723 nella collezione Stianti a Firenze (Godi, 1991), per non dimenticare poi che nei suoi frenetici spostamenti tra la Toscana (Livorno, Pontremoli), la Liguria e i territori di confine ebbe la possibilità di dipingere alla fine del Seicento anche a Piacenza. Ivi per il nobile Ferdinando Santi, Presidente della Camera del Ducato Farnesiano, eseguì un "Sacrificio d'Abramo" e una "Madonna col Bambino" e ancora si vuole, con convincenti riferimenti, attribuirgli l'ovale con "La Santissima Trinità e la gloria di Santi" ora nell'Archivio Notarile di Parma, ma proveniente da quello di Borgotaro (Godi, 1991). Indubbiamente questa tela con l'Annunciazione rimane un documento fortemente significativo della sua fertile produzione e non vi possono essere dubbi sulla paternità al Gherardini, tanti sono i riferimenti ad altri suoi dipinti, in particolare alla "Immacolata", già in collezione privata a Bruxelles e pubblicata da Ewald (1963), dove ritorna la stessa Madonna, lo stesso volto e l'identica pennellata guizzante e sfrangiata delle sue opere mature, come pure nella figura di una "Immacolata con i Santi Giovanni Battista e Lucia" nella pala del 1714 agli Uffizi (Meloni Trkulja, 1985). Verso il secondo decennio del Settecento sembra che il suo pennello si faccia più fluido e il disegno, che era alla base della sua formazione, sia dominato da una maggior libertà inventiva (che già non mancava del resto nelle grandi produzioni ad affresco), forse conquistata dopo frequentazioni con la pittura genovese. La figura dell'Angelo inoltre manifesta in pieno il suo istinto ribelle contro le convenzioni iconografiche più tradizionali, dominando con prorompente vigore di luce e forza espressiva la scena, nel gesto sicuro del braccio teso. Inoltre il suo volto sembra nascondere le stesse tensioni che ritroviamo nel "San Sebastiano" del 1722 nella tela di Seravezza (Meloni, 1985) e il colore più cupo animato da bagliori nervosi in violento contrasto con il rosso luminoso della veste della Vergine ha la stessa intensità dell'abito giallo di Santa Lucia della stessa tela. La nostra opera, se pur ignorata dai biografi del Gherardini, dovette suscitare interesse non solo tra i pittori locali se sul mercato antiquariale di recente a Venezia è apparsa una copia di ben più debole fattura, considerata di scuola veneta, nei modi di Nicola Grassi (Christie's, Collezione Paolo Asta, Palazzo Mocenigo, Ottobre 1996)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800156974
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • DATA DI COMPILAZIONE 1998
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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