monumento funebre di Ferrari D'Agrate Giovan Francesco (attribuito), Caselli Cristoforo detto Dei Temperelli (inizio sec. XVI)
Tomba a muro con alto basamento in marmo rosso: nel centro medaglione in marmo verde ed ai lati, in riquadri, due puttini a bassorilievo appoggiati a stemmi della famiglia Montini e con la face abbassata. Al di sopra, una lapide in marmo bianco con iscrizione e cornice modanata regge un'urna finemente lavorata in bronzo e sostenuta da due zampe fitomorfe (nel mezzo, a nascondere la decorazione a nastro dell'urna, è appesa una placchetta con iscrizione). La parete a cui il sarcofago è addossato è raffinatamente ripartita in riquadri geometrici eseguiti con la tecnica ad olio su muro che culmina nella lunetta con al centro in un ovato una "Pietà" a monocromo (Cristo sostenuto da due angioletti), rilegata come un cammeo da esili girali finemente ripiegati su di un preziosissimo fondo di tessere di mosaico dorate. L'intera composizione è racchiusa da pilastri scolpiti a candelabre sormontati da capitelli a volute e da un architrave in marmo grigio su cui poggia la centina arrotondata, arricchita da fini elaborazioni ornamentali di palmette e cornucopie appena lumeggiate d'oro (come del resto tutte le parti a rilievo)
- OGGETTO monumento funebre
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MATERIA E TECNICA
marmo/ incisione/ intaglio/ scultura
bronzo/ incisione
intonaco/ pittura a fresco
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ATTRIBUZIONI
Ferrari D'agrate Giovan Francesco (attribuito)
Caselli Cristoforo Detto Dei Temperelli (1460 Ca./ 1521)
- LOCALIZZAZIONE Parma (PR)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il sepolcro Montini pone ancor oggi un irrisolto problema: la tomba, eseguita come vuole la tradizione su disegno dello stesso canonico Montini, famoso per il suo amore verso gli studi umanistici, non spetterebbe a Giovan Francesco D'Agrate come le guide, a partire dell'Affò, sostengono, bensì ad un ignoto artista veneto. La questione, già sollevata nel 1918 dal Salmi, che non riteneva ragionevolmente plausibile che un giovane di diciassette anni (tale doveva essere infatti l'età del Ferrari nel 1506, perché nato nel 1489), avesse potuto realizzare "un'opera che attesta una così matura sensibilità artistica" (p. 110), fu ripresa dal Testi, il quale riconosceva nel lavoro, accanto a Giovan Francesco, la mano del padre Antonio esecutore in duomo di almeno un ambone (quello di sinistra, di fatto stilisticamente inferiore alla complessa impaginazione della tomba in questione) e da molti anni al servizio del Montini come proverebbero alcuni pagamenti effettuati dal canonico ad Antonio, pagamenti che si susseguirono fino al 10 dicembre 1496 ed una convenzione, datata 19 ottobre 1493 del notaio Francesco Melegari, segnalata dal Testi a riprova della sua tesi (1934, p. 73) che lo studioso arricchisce ulteriormente ponendo arbitrariamente il sepolcro Montini al 1508, di poco successivo alle opere del D'Agrate presso il Convento di S.Paolo. L'ipotesi del Salmi, quella cioè di rintracciare nell'insieme scultoreo un'impronta principalmente veneta, a cui ben si sposerebbe la decorazione pittorica, affidata a Cristoforo Caselli (detto il Temperello), parmense di nascita, ma veneziano per formazione (per il Caselli si veda L.Fornari Schianchi, Cristoforo Caselli, in L'Abbazia di S.Giovanni Evangelista, a cura di B. Adorni, Milano 1979, p. 91; si cfr. anche la scheda n. 667), è statadi recente ripresa ed approfodita, con l'apporto di nuove fonti documentarie, anche se non risolta dal Mendogni (P.P. Mendogni, Giovanfrancesco Ferrari D'Agrate: uno o due scultori?, in "Aurea Parma", I, 1991, pp. 27-38). Questi, infatti, sottolineando il fatto di come la critica abbia sempre taciuto o forse del tutto ignorato la strana omonimia tramandataci dalla storia di ben due "taiapietre" di nome Giovan Francesco D'Agrate, entrambi figli dello stesso padre: l'uno nato nel 1476 (a cui viene riconosciuto il "Monumento Carissimi" sempre in cattedrale e con bottega presso il duomo); l'altro nel 1489 (bottega con il padre presso S.Sepolcro), giunge a riportare la raffinata "Tomba Montini", per quanto riguarda la parte scultorea, nel limbo delle opere senza nome certo, ritenendo del tutto improbabile attribuirla "né all'uno, né all'altro" (Mendogni 1991, p. 27 e p. 33). Il sepolcro, terminato come prova l'iscrizione nel 1507 quando il Montini era ancora in vita, può essere ancora letto all'interno della caratteristica tipologia delle tombe quattrocentesche "a nicchia": esso, oltre allo sfondo a partiture geometriche dipinto a olio ed oro su muro, che culmina nella lunetta con la "Pietà" a monocromo tradizionalmente assegnata al Caselli, esecutore anche del catino absidale della Cappella della Madonna della Neve (scheda n. 667) su disegno forse di Cima da Conegliano (vedi L.Fornari Schianchi, La scuola di Parma nel '500 e gli apporti esterni, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1989, I, pp. 14-15), trovava perfetta armonia con la tavola realizzata proprio dallo stesso Cima, posta sull'altare rappresentante una "Sacra Conversazione" (ora in Galleria, vedi scheda in Galleria Nazionale di Parma. Dall'antico al Cinquecento, Milano 1997, pp. 140-143) e da un'alta balaustrata in marmi lavorati e policromi, con stemma della famiglia Montini, oggi posta a chiusura della Cappella del Comune (la IV entrando a destra, in Testi 1934, p. 138). Nonostante le trasformazioni ottocentesche che hanno tolto unitarietà al progetto originario, il monumento sepolcrale, schiacciato attualmente da un'ingombrante ancona tardo-barocca proveniente dalla soppressa chiesa degli Eremitani (scheda n. 666), rivela indizi di capolavoro in grado di coniugare insieme fra loro pittura e scultura. Nelle sue forme scultoree esso risente della lezione di artisti quali Tullio Lombardo, Bambaia (Coliva 1982, pp. 221-225) e Briosco, mentre in quelle pittoriche i referenti principali del Caselli risultano essere, su tutti, Cima e Bellini. La prova più alta di questo fine cesellatore, sia o non sia Francesco D'Agrate, problema ancora aperto per la critica, è comunque la resa dell'urna, scolpita in una pietra plumbea simile al basalto ed impreziosita da semplici motivi ornamentali quali nastri e foglie d'acanto che aggrappandosi elegantemente alla base si trasformano in zampe fitozoiche. Il restauro (cfr. Relazione restauro condotto da A.De Vita-F.De Vita sotto la direzione della Dott. L.Fornari Schianchi, presso Sopr. BAS Parma-Piacenza) ha consentito il recupero complessivo di ogni finezza architettonica, scultorea e pittorica (continua nelle "osservazioni")
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800142604
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
- DATA DI COMPILAZIONE 2003
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- ISCRIZIONI sulla targhetta appesa all'urna - BARTHOLOMEUS MONTINUS/ CANONIC. PARMENS . PROTONOTAR ./ APOSTOLIC. JUGITER DE MORTE/ COGITANS SIBI VIVENS H.M.P./ ANN. SALUTIS MDVII - lettere capitali - a incisione - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0