L'evangelista Giovanni. L'evangelista Giovanni
dipinto murale
ca 1518 - ca 1520
Morone Francesco (1471 Ca./ 1529)
1471 ca./ 1529
Tondo raffigurante san Giovanni evangelista che regge un libro aperto. In basso, l'aquila
- OGGETTO dipinto murale
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MATERIA E TECNICA
intonaco/ pittura a affresco
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ATTRIBUZIONI
Morone Francesco (1471 Ca./ 1529)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE A partire dal 1507, i benedettini di San Nazaro e i confratelli della compagnia di San Biagio, che aveva sede nella cappella omonima, concentrarono i loro sforzi in una campagna edilizia che portò all’erezione di alcuni locali lungo il fianco occidentale della chiesa che con il tempo sono stati profondamente alterati e non conservano più traccia della planimetria originaria. L’aula del Capitolo della Dottrina fu portata a termine nel 1517, l’anno della concessione alla chiesa del fonte battesimale da parte del cardinale Corner, vescovo di Verona (Lodi 1994, p. 48). Sulla parete meridionale di questo ambiente e sulle vele della volta Francesco Morone dipinse il "Battesimo di Cristo" (inv. 1408-1B0464) e i quattro tondi con le figure degli "Evangelisti" (invv. 1432-1B0465, 1433-1B0463, 1434-1B0466, 1435-1B0462) che, staccati nel 1881, appartengono oggi alle collezioni civiche. Le vicende legate allo stacco coinvolsero direttamente Giovan Battista Cavalcaselle, funzionario del Ministero della Pubblica Istruzione. Scottato dal modo con cui Pietro Nanin e Lorenzo Muttoni avevano levato e restaurato pochi anni prima la "Sacra conversazione" di Morone (inv. 1444-1B0560), quando seppe che Carlo Alessandri, conservatore del Museo civico, aveva ottenuto dal Comune i mezzi per procedere all’operazione, piombò senza preavviso in ispezione a Verona. Cavalcaselle approvò lo stacco eseguito dal pittore Gaetano Pasetti e suggerì di non affidare il lavoro a Lorenzo Muttoni, l’ispettore del Museo che fin dal 1857 era stato incaricato di racconciare i dipinti delle collezioni civiche, ma piuttosto allo stesso Pasetti, che godeva evidentemente della sua fiducia. Insistette quindi sulla scrupolosa attuazione delle norme contenute nella circolare ministeriale per il restauro degli affreschi da lui stesso emanata il 3 gennaio 1879. Ma sappiamo che, partito il commendatore, fu invece Muttoni che mise mano al "Battesimo", seguendo criteri meno rigorosi di quelli imposti da Cavalcaselle (si veda Magagnato 1973, pp. 29-44; altre informazioni in AMC, anno 1880, prot. 13609/2773). Per quanto riguarda la vicenda critica, Dalla Rosa e Da Persico assegnarono gli affreschi a Falconetto, probabilmente suggestionati dalla presenza del pittore nella vicina cappella di San Biagio. Zannandreis li restituì a Morone, ma fu una parentesi breve, perché ben presto si impose l’attribuzione a Paolo Morando, ufficializzata dalla monografia di Aleardi e condivisa anche da Cavalcaselle. La fortuna ottocentesca del "Battesimo" è testimoniata dalle numerose riproduzioni a stampa: l’incisione al tratto di Lorenzo Muttoni a corredo del testo di Aleardi (1853), una litografia di Carlo Ferrari dedicata a Cesare Bernasconi (Dillon, Marinelli, Marini 1985, n. 347) e una di Pietro Nanin acquerellata dall’autore, non inserita nella raccolta dei "Disegni di varie dipinture a fresco" del 1864 (Schweikhart 1983, tav. 38). Il nome di Francesco Morone fu nuovamente, e in via definitiva, proposto da Gamba (lettera al direttore, 2 settembre 1904), Biadego e Berenson. Interrogandosi sulla committenza, Gianni Peretti (2010, pp. 277-279) sottolineava il fatto che i registri della compagnia di San Biagio non serbano memoria degli affreschi e si sarebbe, pertanto, tentati di ipotizzare una commissione monastica, seppure questa teoria non giustifichi il gruppo di laici che assiste al battesimo, tra i quali si è creduto di riconoscere anche l’autoritratto del pittore (Zannandreis, ed. 1891, p. 87). Il paesaggio, molto sintetico, ma certo impoverito dalla perdita delle velature e dei ritocchi a secco, anticipa quello della "Sacra conversazione" di Bergamo, che è datata 1520. La composizione, impostata sulla verticale che unisce l’Eterno, la colomba dello Spirito santo, la ciotola in mano al Battista e la testa del Cristo, è un esplicito omaggio alla pala belliniana in Santa Corona, a Vicenza. Nel catalogo del suo autore, il dipinto più vicino al "Battesimo" è senz'altro la "Trinità" di Castelvecchio (inv. 1461-1B330), dipinta verso il 1518-1520 per la cappella Fumanelli in Santa Maria della Vittoria Nuova. Gli "Evangelisti" della crociera, non meno dilavati e consunti, manifestano una certa propensione di Francesco Morone al disimpegno inventivo, che si fa sempre più frequente con il trascorrere degli anni. Egli non tenta né di scorciare le figure, né di rappresentarle ciascuna all'interno del proprio studio, come aveva fatto il padre Domenico in analoghi medaglioni a San Bernardino. Peretti (2010) ricordava, inoltre, che Francesco aveva dipinto anche quattro tondi con i busti degli evangelisti sulla volta della cappella Pompei in Santa Maria della Vittoria Nuova. Seppur distrutti durante l'ultimo conflitto mondiale, la descrizione di Aleardo Aleardi (in Bernasconi 1864, pp. 453-455) corrisponde a tal punto ai lacerti di San Nazaro da ipotizzare che essi fossero tratti dagli stessi cartoni.||||(da Gianni Peretti 2010, pp. 277-279)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717841
- NUMERO D'INVENTARIO 1435
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI sulle pagine del libro - IN PRINCI / PIO ERAT / VERBVM / ET VER / BVM ER / AT APV / D DEVM / ET DEVS / ERAT / VERBV / M - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0