Madonna con il bambino in trono e i santi Sebastiano, Paolo, Rocco e Cristoforo. Madonna con il bambino in trono tra i santi Sebastiano, Paolo, Rocco e Cristoforo

pala d'altare dipinta ca 1521 - ca 1526

Il dipinto raffigura la Madonna con il bambino in trono fra i santi Sebastiano, Paolo, Rocco e Cristoforo

  • OGGETTO pala d'altare dipinta
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Giolfino Nicola (cerchia)
  • LOCALIZZAZIONE ex Palazzo Pirelli
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La pala, attribuita dalle fonti settecentesche a Nicola Giolfino, era collocata in origine su un altare dedicato alla Madonna, eretto e donato per volontà del nobile Cristoforo quondam Guglielmo de Martello. Questi, testando il 2 agosto 1499, ordinava alla moglie Bellavia Rambaldi di far costruire in Santa Felicita, entro dieci anni dalla sua morte, una cappella e un altare «sub vocabulo beatissimae conceptionis Virginis Mariae» e di decorarla con pitture non meglio specificate, per una spesa complessiva di cinquanta ducati. Con il successivo codicillo del 16 gennaio 1513, Cristoforo de Martello precisava inoltre che la cappella in questione doveva essere sistemata sulla parete a destra dell'ingresso e ornata da una pala raffigurante la Vergine, san Rocco e san Cristoforo, le cui immagini voleva fossero dipinte anche sulla parete del suo monumento sepolcrale (ASVr, Antico Ufficio del Registro, Testamenti, m.91, n.139; m.105, n.5). Il 9 aprile 1521, Bellavia, rimasta vedova e senza discendenti diretti, desiderando obbedire alle disposizioni del consorte prima dello scadere dei termini stabiliti, affidò ai suoi eredi, Francesco e Nicola Rambaldi, il compito di erigere la cappella in Santa Felicita e di completarla «cum palla decorata figuris Beatissimae Virginis in medio et, ab uno latere, sanctorum Sebastiani et Pauli et, ab uno latere, sanctorum Rochi et Christophori», il tutto entro un anno dalla sua morte e sempre che non vi avesse provveduto di persona, mentre era ancora in vita (ASVr, Antico Ufficio del Registro, testamenti, m.113, n.90). Ciò che di fatto dovette accadere, perché nei suoi successivi testamenti del 1526 e del 1528 non troviamo più alcun cenno alla fabbrica dell'altare, del resto già citato nella chiesa dalla visita pastorale del vescovo Giberti, il 16 gennaio 1529 (Riforma pretridentina 1989, p. 1514). Entrata al Museo nel 1812 con la tradizionale attribuzione a Nicola Giolfino, il 5 maggio 1858 la tela, che necessitava allora soltanto di essere rifoderata, «trovandosi in buona conservazione, meno un buco tra la coscia e la fascia di S. Sebastiano e altre piccole abbrasioni sparse» (Processi Verbali 1857-1861, n. 60), figura invece già catalogata come opera dell'inesistente Paolo Giolfino, presunto fratello e discepolo di Nicola, secondo la proposta avanzata nel 1850 da Carlo Ferrari e accolta da gran parte della storiografia successiva. Tale attribuzione, insostenibile su base documentaria, come hanno dimostrato gli studi di Biadego (1894), che peraltro assegna la pala all'intagliatore Nicolò, padre del pittore Nicola Giolfino, e di Gerola (1909a, pp. 37-39), appare probabilmente motivata dalla modesta qualità del dipinto, «senza grazia e giustezza nel disegno e nel comporre» (Bernasconi 1864, p. 256), nel quale si riscontrano «le fonti più squadrate, le guance gonfie, la carnagione quasi terrea, e fonti ombre massime nelle pieghe degli abiti» (Bernardini 1902, p. 1415). La pala, che si riteneva distrutta da un bombardamento nel 1945, è stata di recente ritrovata nei depositi del Museo, in pessime condizioni, lacerata in più punti e priva delle figure dei santi Cristoforo e Rocco. Quanto ancora rimane di leggibile nel dipinto, presumibilmente eseguito tra il 1521 e il 1526, fa pensare a un mediocre imitatore (se non, forse, a un aiuto) di Nicola Giolfino, nella cui bottega in San Michele alla Porta, il 22 gennaio 1524, è documentata la presenza di due sconosciuti pittori, tali Giuliano quondam Giovanni Speroni di Santa Maria Antica e Bernardino quondam Matteo dai Morsi di San Nicolò (ASVr Monasteri Femminili in Città, Santi Nazaro e Celso, proc. 135), A documentare una continuità di rapporti non certo casuale, il 5 febbraio 1529 lo stesso Giolfino garantiva per i beni pignorati agli orfani di Bernardino (ASVr, Rettori Veneti, 39). (da Marina Repetto Contaldo 2010, p. 389)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717798
  • NUMERO D'INVENTARIO 6440
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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