Ritratto di giovane con disegno infantile. Ritratto di fanciullo con disegno
dipinto
1515 - 1520
Caroto Giovanni Francesco (1480 Ca./ 1555)
1480 ca./ 1555
Ritratto a mezzo busto di un fanciullo, immortalato nell'atto di rivolgersi allo spettatore per mostrare il disegno che impugna nella mano destra. Sul foglio di carta si riconosce lo schizzo di una figura umana stilizzata, con gli arti sottili e la testa sproporzionata, accanto alla quale si trovano due minuti studi anatomici
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Caroto Giovanni Francesco (1480 Ca./ 1555)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L’opera venne citata per la prima volta nell’inventario della collezione veronese di Antonio Maria Lorgna ceduta al conte Giovanni Emilei nel 1781, nella quale è elencata come un «Quadretto d’un giovane ridente con bamboccio in mano della scuola precisa – del Correggio» (Avena 1937, p. 186 n. 26). Nell’Ottocento, quando passò alla collezione di Cesare Bernasconi, la tavola fu assegnata a Bernardino Luini, tra i maggiori discepoli milanesi di Leonardo da Vinci (Aleardi, Bernasconi 1851, p. 13 n. 41). Solo nel 1907, venne riconosciuta come opera di Giovan Francesco Caroto da Bernard Berenson che la avvicinava all’opera di Luini raffigurante un “Bambino con in mano un giocattolo” della collezione inglese di Lord Carysfort (oggi Proby Collection di Elton Hall, Peterborough; fig. b). Nonostante il parere dello studioso, sostenuto anche da Fiocco (1913, p. 130), a favore del pittore veronese, la tavola era ricordata come derivazione da Luini nell’esposizione delle collezioni civiche presso Palazzo Pompei (nella sala XVIII dedicata ai pittori di scuole italiane, mentre le opere assegnate a Caroto erano esposte nella sala V insieme a quelle di Girolamo Dai Libri). Secondo Francesca Rossi (2020, p. 134), le connessioni di stile con i modi di Correggio (si veda il “Cristo giovane che mostra un libro in collezione privata; Pagliano 2015, pp. 114-115, fig. 3) e la matrice lombarda che caratterizza il dipinto rifletterebbero il legame tra Caroto, l’ambiente dello studiolo mantovano e la Milano di Leonardo e Bramantino, un’officina di prim’ordine della maniera moderna tra primo e secondo decennio del secolo. Interessante risulta il confronto con il già citato dipinto di Luini di Elton Hall, per il quale Cristina Quattrini proponeva una datazione tra il 1527 e il 1530, dunque successiva a quella ipotizzabile per la tavola di Castelvecchio. Nella sua prova, Luini riprodusse un gioco di prestigio e di abilità per bambini composto da due tavolette che trattengono una pagliuzza, elemento che Caroto inserì nella sua “Madonna della farfalla” (collezione privata, New York). Invece, nel quadro in esame, Caroto riprodusse un disegno e non un gioco nelle mani del fanciullo. Inoltre, se da un lato Luini raffigurò il bambino ricorrendo a un modello convenzionale, da lui impiegato in altre occasioni per elaborare putti o le figure di Gesù bambino e di san Giovannino, dall’altro Caroto si misurò con il ritratto di un personaggio reale, osservandolo con l’empatia di un amico o di un famigliare. A questo proposito, si ipotizza che il fanciullo ritratto possa essere riconosciuto nel figlio di Giovan Francesco, Bernardino, nato nel 1505 o nel 1507, oppure nel nipote Giovan Pietro, nato nel 1503 e membro della bottega famigliare. Pur essendo noto per le sue capacità ritrattistiche, come testimoniato da Vasari, nel catalogo del pittore veronese si contano pochissimi ritratti considerati autografi e nessuno di essi risulta comparabile all’esempio di Castelvecchio. Tuttavia, considerando le sue opere religiose, nella pala con i “Tre arcangeli” (inv. 1360-1B343), il piccolo Tobiolo con i capelli rossi dimostra una certa somiglianza con il fanciullo raffigurato nella tavola in esame. Altrettanto suggestivi sono i confronti proposti da Alessandro Serafini (2015) con i numerosi casi in cui venne raffigurata un’iconografia simile, come il “Bambino ridente” di Desiderio da Settignano, il Cangrande I Della Scala dal sorriso nobile e trattenuto nel monumento per le Arche Scaligere, il “Buffone ridente” della Galleria Estense di Modena, il “Giovane con canestra di fiori” della Fondazione Longhi di Dosso Dossi e, ancora, il “Cicerone bambino” di Vincenzo Foppa. A proposito del dipinto, Francesca Rossi (2020, p. 136) sottolineava come a un uomo di cultura come Caroto, educato alla grammatica e alla letteratura ancor prima di diventare pittore, non devono essere sfuggite le ricerche umanistiche sulla pedagogia e l’infanzia di personaggi come Vittorino da Feltre, Guarino da Verona, Giovanni Dominici ed Erasmo da Rotterdam, autori di scritti teorici che incontrarono larga fortuna tra Quattro e Cinquecento, sul valore dell’insegnamento personalizzato per la formazione del buon cittadino, dell’uomo di corte o di governo. L’immagine del dipinto veronese conferma la veridicità delle parole del biografo aretino che descrivono Caroto come un uomo spiritoso e amante della battuta. Se il riso del fanciullo vale come un aggancio per catturare l’attenzione dello spettatore, nel disegno riprodotto nel quadro l’artista ha inserito il rebus da sciogliere per decifrare la soluzione giocosa messa in scena. A prima vista, pare solo uno scarabocchio infantile ma sul foglio è tracciato anche uno studio anatomico d’occhio di profilo che tradisce una mano esperta e rivela la conoscenza delle teorie e degli studi leonardeschi sull’ottica e le proporzioni della figura umana. (da Francesca Rossi 2010, pp. 393-395)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717794
- NUMERO D'INVENTARIO 5519
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0