Madonna allattante. Madonna allattante

dipinto 1500 - 1510

Al centro del dipinto, oltre un parapetto in primo piano, la Madonna è ritratta nell'atto di allattare Gesù bambino. Alle sue spalle, si sviluppa un paesaggio lacustre con montagne, alberi, case e piccole figure avvicendante nelle loro occupazioni quotidiane

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Veneto-lombardo
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel 1543 Marcantonio Michiel vide in casa Contarini a Venezia un «quadretto de un piede, poco più, de una nostra Donna, meza figura, che dà il latte al Bambino, colorita, de man de Leonardo Vinci», opera che la critica moderna identifica con la cosiddetta "Madonna Litta" dell’Ermitage di San Pietroburgo, dalla controversa attribuzione a Leonardo con o senza l’intervento di un allievo tra Marco d’Oggiono e Antonio Boltraffio (Brown 1992, pp. 362-363 n. 74; Kustodieva 2003). La presenza del modello leonardesco a Venezia, forse intorno al 1500, nel periodo del viaggio nella Serenissima del maestro, è testimoniata anche dalla sua riproduzione in controparte in un’incisione al British Museum attribuita alla cerchia del presunto Zoan Andrea, cioè Giovanni Antonio da Brescia (Marani 1991, fig. 4). Tale circostanza dovette essere determinante per l’esecuzione della derivazione pittorica giunta al Museo dalla raccolta Bernasconi e prima ancora, secondo Carlo Ferrari, da casa Medici, provenienza da riferire a una documentata collezione veronese dispersa e non a una raccolta milanese, come creduto da chi studiò successivamente il dipinto. Non si tratta di una ripresa pedestre ma di un’originale variante che differisce dal prototipo nell’aggiunta del parapetto con tappeto da cui si affaccia la mezza figura della Vergine e di un fondale di paesaggio tipicamente veneto. Rispetto alle tante riprese note prodotte in ambito lombardo l’aderenza alla cultura belliniana dell’anonimo copista è tradita proprio dallo sfondo, che richiama da vicino soprattutto la maniera di Cima da Conegliano in scenari come quello del "San Girolamo" di Brera (inv. Reg. Cron. 324; Humfrey 1990, pp. 113-114 n. 55), anch’esso di ambientazione lacustre con ripide pareti rocciose a strapiombo sulle rive, castelli e pievi sulle cime, stradelle che risalgono sinuose i pendii e piccole figure in cammino o avvicendate nelle loro occupazioni quotidiane, il tutto scandito verticalmente da alti alberi dal tronco spoglio e sottile. Forse inizialmente l’autore della "Madonna" aveva immaginato uno sfondo chiuso, ma modificò in corso d’opera la composizione della vegetazione rinunciando a un albero biforcuto sulla destra, di cui l’analisi a raggi infrarossi ha rilevato la traccia nel disegno preparatorio. Per la sua miscela di caratteri veneti e lombardi, nella controversa vicenda critica che lo ha reso noto il dipinto è passato dalle attribuzioni a Zenale, a Civerchio, a Girolamo Dai Libri giovane e ancora a Bartolomeo Montagna (quest’ultima di Giuseppe Fiocco, comunicazione al Museo, 1913). In seguito, nel singolare panneggio accartocciato si è ravvisata la somiglianza con i modi dei pittori alto renani (Marani 1991). Del resto, l’ipotesi che il dipinto possa essere opera di un artista tedesco potrebbe trovare conforto nel disegno connesso alla "Madonna Litta" allo Städel Museum di Francoforte, che presenta su una delle due facciate uno studio di "Testa maschile" di evidente stesura nordica, forse opera di un collaboratore di Leonardo (ibidem, figg. 1-2). Tuttavia, dal punto di vista stilistico e tecnico la suggestiva indicazione non trova riscontro nemmeno pensando a un tedesco attivo in area veneta. Per quanto imbastardito potesse essere, la materia pittorica dovrebbe evidenziare tracce di una matrice non italiana e invece perfino il disegno soggiacente risulta conforme ai procedimenti di stesura praticati dalle botteghe veneziane. Quanto alla componente lombarda che fece inizialmente propendere per Zenale, può essere rapportata ai leonardeschi documentati a Venezia all’inizio del Cinquecento, per esempio, con Giovanni Agostino da Lodi, avvicinabile negli accostamenti di blu e arancio delle vesti e nell’arcaismo dei panneggi spezzettati della "Lavanda dei piedi" alle Gallerie dell’Accademia di Venezia (inv. 90; Humfrey 1992, pp. 368-369 n.77), datata 1500. Da ultimo, proprio per il suo singolare impasto cimesco-lombardo, il dipinto è stato ricondotto nell'orbita di Filippo da Verona. Secondo l'intuizione di Marco Tanzi, basata su particolari del paesaggio come «gli edifici, le rocce, le fronde e le macchiette dei contadini, elementi in procinto di diventare le sigle tipiche di Filippo», l'opera potrebbe cadere tra le prove del giovanile periodo padovano, verso il 1509-1510, in un momento prossimo all'affresco con la "Madonna con il bambino tra santa Caterina e san Felice che presenta un francescano", datato 1509 (Tanzi 2006; 2007). Tuttavia, resta il punto interrogativo sulla figura della Madonna, che non trova ancora confronti puntuali con la sua singolarissima qualità (Rossi 2010, pp. 436-437). Sembra invece convincente l'accostamento proposto da Tanzi e accolto da Rossi tra la tavola di Castelvecchio e l'"Arianna a Nasso" del Rijksmuseum di Amsterdam, tradizionalmente riferita all'ambiente veronese tra Girolamo Dai Libri e il giovane Caroto.||||(da Francesca Rossi 2010, pp. 436-437)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717753
  • NUMERO D'INVENTARIO 895
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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