Annunciazione. Annunciazione

dipinto 1590 - 1599

Il dipinto raffigura l'Annunciazione. All'interno di una stanza, l'arcangelo Gabriele reca il lieto annuncio alla Vergine, la quale ha posato il libro che stava leggendo su una cassapanca e rivolge lo sguardo verso l'alto, in direzione della colomba dello Spirito Santo. Al di fuori della struttura, a sinistra, l'Eterno Padre compare in cielo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA rame/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Toscano
  • LOCALIZZAZIONE ex Palazzo Pirelli
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Giunto anonimo dalla collezione di Antonio Pompei, il dipinto reca un riferimento a Lorenzo di Credi nella scheda cartacea del Museo, che annota possa anche trattarsi di un falso, e in una comunicazione della contessina Scopoli. Il prototipo della composizione è identificabile nell'affresco trecentesco della chiesa della Santissima Annunziata di Firenze, per il cui autore si sono proposti i nomi di Matteo di Pacino e di Jacopo di Cione verso il 1360 (Wazbinski, 1985, p. 534 nota 7), ma l'attribuzione è destinata a rimanere incerta anche a causa dei numerosi interventi di restauro che hanno alterato i valori pittorici originari del dipinto a partire dal Quattrocento. Divenuta la più celebre icona trecentesca della pittura devozionale toscana, dal momento che un'antica leggenda affermava che il volto della Vergine era frutto dell'intervento angelico, l'immagine dell'affresco fu subito divulgata in innumerevoli copie e imitazioni, la più famosa delle quali è la tavola di Gentile da Fabriano della Pinacoteca Vaticana. Ma fu nel secondo Cinquecento, a seguito del Concilio di Trento nel clima di reazione della Chiesa cattolica alla minaccia del dogma dell'Immacolata concezione mossa dalla teologia protestante, che il culto dell'Annunciata si rafforzò con la fioritura di derivazioni pittoriche, a stampa e in medaglie, sia nella trascrizione integrale sia limitatamente al busto della Vergine (cfr. inv. 6673-1B0242) divulgate anche al di fuori della Penisola. Tra queste derivazioni, Rossi (2010, pp. 473-474) ricordava le due dipinte da Alessandro Allori per ordine di Francesco I, inviate a Carlo Borromeo (ora nel duomo di Milano) e alla corte di Filippo II di Spagna (Escurial; sull'argomento cfr. Wazbinski, 1985, p. 534) e quella di Giovanni Battista Naldini (Napoli, Museo di Capodimonte, inv. 756; Leone de Castris, 1999, pp. 38-39 n. 6). Anche la versione veronese pare ricadere entro la fine del Cinquecento e sebbene risulti piuttosto corsiva nel riporto dei dettagli, in particolare nello scorcio di cielo aperto con il Padre Eterno, dimostra una minuziosa cura nel disegno delle due esili figure realizzate con una delicata pittura di tocco che riesce a rendere in maniera apprezzabile la morbidezza dei panneggi. (da Francesca Rossi 2010, p. 473-474)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717714
  • NUMERO D'INVENTARIO 6584
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul libro - E con / pit / e / fi / lium -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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