San Francesco. San Francesco
polittico dipinto
1498 - 1498
Morone Francesco (1471 Ca./ 1529)
1471 ca./ 1529
Il dipinto raffigura san Francesco a mezzo busto. La mano sinistra del santo è sollevata a mostrare le stimmate
- OGGETTO polittico dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Morone Francesco (1471 Ca./ 1529)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Dettando il suo testamento nel giugno 1492, il nobile veronese Bartolomeo Avanzi ordinava ai suoi eredi di erigere nella chiesa di San Bernardino, nel luogo che paresse loro più opportuno, una cappella destinata alla propria sepoltura e a quella della moglie Caterina Boldieri. La cappella era già costruita nel 1497, quando Bartolomeo vi venne interrato (Dianin 1981, pp. 115-116). Pur appartenendo alla famiglia Avanzi, essa era officiata dalla Compagnia della Croce, che nei cinquant'anni successivi si fece carico della sua monumentale e complessa decorazione pittorica. Il primo dipinto ad esservi allogato fu la "Crocifissione" di Francesco Morone, firmata e datata 1498. La tavola del Museo in esame e un'altra (inv. 1447-1B0291) con "San Bartolomeo" ne costituivano la predella: se Francesco era una presenza obbligata in una chiesa di frati minori, Bartolomeo era il santo omonimo del fondatore della cappella. Esse erano collocate immediatamente sopra la mensa dell'altare, ai lati di una "Madonna con il bambino" di autore ignoto ancora al suo posto all'inizio dell'Ottocento (Dalla Rosa, Da Persico), nel luogo attualmente occupato da una settecentesca "Dormitio Virginis". Quando nel 1517 Paolo Morando dipinse le cinque "Storie della Passione" della parete di fondo, anche la predella fu ampliata con quattro altre tavole, due per parte, raffiguranti altrettanti busti di santi (invv. 1398-1B0294, 1399-1B0293, 1400-1B0292, 1401-1B0295). Nel 1851 la chiesa fu adibita dagli austriaci a magazzino militare e tutti i quadri che la arricchivano furono depositati prima alla Loggia del Consiglio e poi a palazzo Pompei. Nel 1857 un gruppo di opere attribuito a Morando (tra le quali anche la "Lavanda dei piedi" e i due santi di Francesco Morone) furono donati alla Pinacoteca comunale dall'imperatore Francesco Giuseppe, che si degnò di accettare una supplica in questo senso della municipalità, e non tornarono più al loro posto quando pochi anni dopo la chiesa fu riaperta al culto (Avena 1907, pp. 49-50). Il rapporto delle due tavole con la "Crocifissione" del 1498, noto a Cavalcaselle, Berenson e Wittkower, è stato poi 'dimenticato' dagli studiosi successivi, che le hanno sbalzate da un capo all'altro della sua produzione. Eppure, come ricordava Gianni Peretti (2010, pp. 269-270), ad una datazione precoce rimandano sia l'evidente semplificazione formale, che si accentuerà negli anni successivi (si veda per esempio il saio di Francesco o la sua perfetta calotta cranica, cinta da un anello di capelli sagomato come una siepe di bosso), sia le originali accensioni cromatiche, che trovano riscontro in un'opera come le "Stimmate di san Francesco" (inv. 1450-1B0348). Sergio Marinelli ha sottolineato in più occasioni la loro programmatica opposizione: la figura di san Bartolomeo è impostata su un rapporto cromatico violento ed arduo, giallo e indaco su fondo nero, mentre la resa del san Francesco si limita per contrasto ad un monocromo giocato su sottilissime variazioni luministiche. Inoltre, le indagini riflettografiche eseguite in occasione della mostra del 2006 hanno rivelato che il disegno del "San Bartolomeo" è chiaro e netto, eseguito senza incertezze né ripensamenti. A questa valutazione, Peretti (2010) aggiungeva che le due tavole sono anche studi di carattere di grande finezza psicologica: quanto Francesco è umbratile e sfuggente, tanto Bartolomeo è sicuro di sé e quasi arrogante nel suo sguardo in tralice. Se il cromatismo delle "Stimmate", dove i colori si caricano di valenze liriche e sentimentali, di significati trascendenti, può circoscriversi interamente nell'orbita belliniana, in questo caso la nitidezza della visione, la predilezione per colori smaglianti e per una luce limpida e fredda sembra puntare piuttosto in direzione della pittura oltremontana, ben rappresentata nelle collezioni venete del tempo, come testimonia Marcantonio Michiel. In ogni modo, simili ardimenti non si ripeteranno più nell'arte di Francesco, e sono giustificabili solo ad apertura del suo catalogo. (da Gianni Peretti 2010, pp. 269-270)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715210
- NUMERO D'INVENTARIO 1448
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0