San Biagio e un altro santo vescovo (san Mauro?). San Biagio e un altro santo vescovo (san Mauro?)
polittico dipinto
ca 1500 - ca 1502
Montagna Bartolomeo (1449 Ca./ 1523)
1449 ca./ 1523
Frammento superiore sinistro di polittico raffigurante san Biagio in abiti vescovili con la mitria e il pastorale e un santo vescovo (presumibilmente san Mauro), compresi tra due tende che si aprono a sipario
- OGGETTO polittico dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Montagna Bartolomeo (1449 Ca./ 1523)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola faceva parte del polittico che ornava l’altar maggiore della chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Verona, appartenente all’ordine dei benedettini neri di Santa Giustina. Il polittico, che comprendeva sei tavole, recava al centro una "Madonna con il bambino", oggi perduta, affiancata da due coppie di santi a figura intera, Giovanni battista e Benedetto a sinistra, Nazaro e Celso a destra, tavole entrambe ancora conservate in chiesa. Il registro superiore era composto da due riquadri laterali con coppie di mezze figure di santi, e da una cimasa sovrastante raffigurante "Cristo morto sostenuto da angeli", quest’ultima oggi presso la sacrestia della chiesa. Qui si trova anche il riquadro di destra con "Santa Giuliana e un santo martire", mentre il riquadro di sinistra, raffigurante "San Biagio e un santo vescovo", è esposto al Museo di Castelvecchio. Nel 1771 il complesso conventuale di San Nazaro venne soppresso ed acquistato dalle monache benedettine di San Daniele, che trasformarono l’area presbiteriale per adattarla alle esigenze della clausura, determinando così lo smembramento del polittico. In corrispondenza dello scomparto centrale venne aperta una finestra, e di conseguenza la tavola fu rimossa ed andò perduta (Borenius 1909); le altre tavole vennero lasciate in loco e disposte lungo le pareti del coro (Dalla Rosa 1803). Successivamente lo scomparto con san Biagio venne alienato e confluì nella collezione Bernasconi, sicuramente dopo il 1821, quando Da Persico descrive ancora le cinque tavole superstiti del polittico smembrato nella fabbriceria della chiesa (1820-1821, II, p. 44). Conferma è data da alcuni schizzi eseguiti da Cavalcaselle nel 1866, che non contemplano la tavola in questione, registrando la situazione attuale con le tavole più grandi nel presbiterio e le due superstiti del registro superiore in sacrestia. Le fonti veronesi a partire da Dal Pozzo (1718) riferiscono l’opera a Girolamo Dai Libri, riconducendola entro l’ambito veronese. Si discosta dall’attribuzione tradizionale Cavalcaselle, che nel mettere in luce il vigore che connota i «magnifici quadri» di cui apprezza la «prospettiva giusta», suggeriva dubitativamente il nome di Carpaccio (i disegni, conservati alla Biblioteca Marciana, sono riprodotti in Marinelli 2001, figg. 42-43). Nella raccolta Bernasconi il dipinto, di cui si apprezza la «finitezza squisita», venne riconosciuto come opera di Bartolomeo Montagna (Aleardi, Bernasconi 1851), attribuzione accolta dal consenso unanime della critica e che trovò indirettamente sostegno negli importanti ritrovamenti archivistici sulla cappella di San Biagio, dove Montagna risulta impegnato nella decorazione ad affresco dell’abside tra il 1504 e il 1506 (Biadego 1906), intervento successivamente circoscritto entro il 1504 (Peretti 2001). Discussa risulta la cronologia del polittico, ritenuta contemporanea all’esecuzione degli affreschi e riferita inizialmente al 1493, in analogia alla prima presunta datazione del ciclo montagnesco per la cappella di San Biagio (Crowe, Cavalcaselle 1871), e in seguito, sulla base dei documenti rinvenuti da Biadego, corretta al 1504-1506. Negli affreschi si è voluto vedere il primo segno del declino dell’arte di Montagna (Venturi 1915), coinvolgendo in questo giudizio negativo anche il polittico, che tuttavia è riconosciuto ancora «memore nelle figure dei santi dell’antica grandezza» (Barbieri 1981). Apprezzato per la solennità dell'impianto monumentale, il dipinto, nel quale si evidenziano forti suggestioni antonellesche e belliniane, venne considerato disgiuntamente dagli affreschi e riconosciuto come il raggiungimento più alto di Montagna a Verona da Puppi (1962), che non propose tuttavia una datazione diversa da quella tradizionale. Più recentemente, la realizzazione del polittico è stata anticipata rispetto a quella degli affreschi e collocata intorno al 1500-1502 (Peretti 2001; Rigoni 2010, pp. 253-254), sciogliendo così i termini di una lunga elaborazione che aveva posto l'attenzione sulla profonda cultura prospettica di marca lombarda che permea il complesso (Marinelli 1983; 1996). Secondo Lucco (2014, pp. 335-336), la proposta cronologica avanzata da Peretti funzionerebbe più come termine ante quem che come limite preciso. Unitamente al bramantismo fortemente attivo che avvicina l’opera alla pala di Pavia, il polittico presenta espliciti omaggi al “Cristo morto” di Antonello da Messina del 1475 al Correr e al trittico dei Frari del 1488 (nella figura di san Benedetto), elementi che permetterebbero di fissare l'esecuzione poco dopo il 1490. Personalità di spicco nella cultura figurativa di inizio Cinquecento, Montagna svolse un ruolo di collegamento tra le culture lombarda e lagunare, ruolo che trova piena espressione in questa prova, dove il risalto plastico di derivazione mantegnesca si fonde e si placa nel chiaroscuro di marca lombarda riportando le figure ad una dimensione più umana. ||||(da Chiara Rigoni 2010, pp. 253-254)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715196
- NUMERO D'INVENTARIO 1271
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0