Crocifisso con busto di monaco orante. Crocifisso con busto di monaco orante
dipinto
1450 - 1499
Canozi Cristoforo Da Lendinara (1420-1425/ 1491)
1420-1425/ 1491
Al centro si staglia il Cristo crocifisso. In basso a destra un monaco orante di profilo. Sullo sfondo un paesaggio con colline e radi alberi
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Canozi Cristoforo Da Lendinara (1420-1425/ 1491)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera fu donata al Comune da Jacopo Castellani nel marzo 1845 e entrò nelle collezioni civiche del museo nel febbraio 1850. "La vicenda critica che riguarda questo dipinto ha avuto molte oscillazioni: fu attribuito alla scuola di Mantegna nel "Catalogo" del Museo del 1865, a Francesco Bonsignori da Crowe e Cavalcaselle, a Bernardino da Parenzo da Berenson, ad Ansuino da Forlì da Fiocco, ad un seguace di Bellini e a un probabile Domenico Morone da Kristeller (comunicazione al museo, giugno 1907), all’ambito di Domenico Veneziano da Lionello Venturi (assieme a Adolfo in una comunicazione al museo del 18 ottobre 1903 scrive "Non è nè Scuola del Mantegna, nè lontanamente Mantegnesco, ma è la cosa più bella di questo Museo), a Piero della Francesca da Adolfo Venturi (comunicazione al museo, 18 ottobre 1903), a Bartolomeo Vivarini (Lotze) e infine a Gentile Bellini da Avena e da Ursula Schmitt. Ma la qualità del dipinto non era sfuggita ad Adolfo e Lionello Venturi, che in una comunicazione al Museo del 18 ottobre 1903 lo giudicavano «non di scuola del Mantegna, né lontanamente mantegnesco, ma la più bella cosa di questo Museo». Si deve a Daniele Benati, sulla traccia di un parere di Carlo Volpe, l’identificazione dell’autore della piccola tela in Cristoforo da Lendinara, seguendo il filo di un’indagine, in parte indiziaria, in parte basata su acuti confronti stilistici, nel quadro della ricostruzione della sua attività pittorica. A fianco dell’attività maggiormente documentata, quella di creatore di tarsie, in tempi recenti si è infatti avvertita la necessità di recuperare anche quella parte della sua produzione, che rende la sua opera uno degli episodi più interessanti della storia del seguito di Piero della Francesca in area padana. (...) All’interno di questo percorso, la superba qualità del Crocifisso di Verona trova le più congeniali coordinate stilistiche in quel nodo di autonomia espressiva e forza poetica che aveva prodotto le tarsie con i Padri della Chiesa e l’affresco della cappella Bellincini nel duomo di Modena. L’assetto spaziale della raffigurazione pittorica si avvale di un paesaggio connotato da una natura insieme aspra e limpida di colline, coronate da una vegetazione rada e povera, ma indagata da una sensibile e inquieta ricerca luminosa. La figura principale campeggia imponente sull’ampio sfondo paesistico: il corpo di Cristo è definito da un profilo severo, ma elastico, evidenziato al contorno da una sottile striatura luminosa. Le indagini di Piero e di Donatello rivivono «in una delle immagini più alte e pure della cultura rinascimentale padana» (Benati 1988). Nel volto, nelle ciocche dei capelli e nel disco dell’aureola, che gira perfettamente nello spazio, emergono i ricordi delle tarsie modenesi, soprattutto del San Girolamo, mentre nel donatore sono possibili riscontri con personaggi degli affreschi Bellincini. Anche questo volto, costruito nella sua forte geometria da sottili trapassi luminosi, ha caratteri di originalità in sintonia con i risultati di Francesco del Cossa" (Scaglietti Kelescian 2010, cat. 92)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715153
- NUMERO D'INVENTARIO 1001
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0