semicolonna, elemento d'insieme di Covo Giovan Battista (sec. XVI)

semicolonna, (?) 1514 - ca 1522

La semicolonna leggermente rastremata si imposta sulla zoccolatura parietale che la sostiene con un dado completo di cornice modanata superiore (seconda colonna parietale da sinistra del prospetto sud). Quest’ultima supporta la base della colonna costituita da due tori e due scozie, con una fascia di tre cimbie o listelli nel punto mediano. L’abaco del semicapitello ionico, nettamente in aggetto rispetto all’imposta della trabeazione, è costituito tre listelli sovrapposti. Il canale della voluta si presenta scandito, nella propria superficie liscia, in segmentazioni rese con solchi trasversali al proprio corso che si ripetono anche nelle volute, con effetto radiale, fino all’occhio. L’echino, con aggetto circolare, è occupato da due fregi a bassorilievo: il superiore con motivo ad astragalo, scudi oplitici in luogo delle perline e lance al posto di fusarole, mentre quello inferiore è definito da un motivo a perline cilindriche e fusarole a disco. Il collarino è costituito da tre cornici a toro, una centrale più alta fasciata dalle laterali più minute

  • OGGETTO semicolonna
  • MATERIA E TECNICA marmo bronzetto di Verona/ bocciardatura
    marmo bronzetto di Verona/ modanatura
    marmo bronzetto di Verona/ scultura
  • ATTRIBUZIONI Covo Giovan Battista (notizie Secc. Xvi-xvii): architetto
  • LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Isabella d’Este (1474-1539), consorte del quarto marchese di Mantova Francesco II (1466-1519), in seguito alle nozze celebrate nel febbraio del 1490, principiò la predisposizione di alcuni ambienti privati collocati attorno alla torre di sud-est del Castello di San Giorgio (Sala delle Armi), ancora identificabili nel piano nobile. Oltre all’organizzazione del noto Studiolo con la sottostante Grotta, disposti in allineamento verticale, l’estense volle allestire anche altri stanzini: il Camerino dei Nodi, delle Catenelle e delle Fiamme. Alla morte del coniuge, avvenuta nel 1519, l’estense si trasferì presso la parte trecentesca di Palazzo Ducale, nell’ala sud-occidentale del pianterreno di Corte Vecchia, in ambienti che già avevano ospitato le consorti dei Gonzaga, quali Paola Malatesta prima e Barbara di Brandeburgo poi (forse in seguito anche Margherita di Wittelsbach). La scelta di Isabella di occupare due interi corpi di fabbrica, originariamente collegati e intersecati ad angolo retto attorno all’attuale Cortile d’Onore (già Cortile dei Quattro Platani con la perduta decorazione della Loggia delle Città), si intreccia probabilmente a concomitanti motivazioni: la comodità del piano terra oltre alla necessità di lasciare al figlio Federico II gli ambienti di Castello. La dimora vedovile - più ampia della precedente - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto. Con il trasferimento presso Corte Vecchia, confermato già nell’ottobre del 1520 dal figlio Federico in una missiva ai prozii (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2926, libro 262, cc. 97r-98r), Isabella fece spostare parte degli arredamenti dei due ambienti di Castello, Studiolo e Grotta, per riallestirli nel nuovo appartamento con il supplemento di integrazioni. Il destino di ‘migrazione’ dei due camerini non si concluse negli anni Venti del Cinquecento, ma si replicò ad oltre un secolo di distanza: dopo il sacco di Mantova del 1630, con il ritorno al potere del ramo cadetto dei Gonzaga, Carlo I Nevers volle, a conferma della linea di successione, trasportare nel suo Appartamento del Paradiso in Domus Nova, entrambi gli arredi (Camerino delle Ramate e delle Duchesse). Se con i provvedimenti anti-aerei prescritti dopo Caporetto nel corso della Prima Guerra Mondiale, i cosiddetti ‘Gabinetti del Paradiso’ vennero smontati e trasferiti in Toscana nel 1917 (Gerola in Bollettino d’Arte, settembre-dicembre 1918), soltanto negli anni tra le due guerre ritornarono nell’ultima collocazione voluta da Isabella, nell’Appartamento di Grotta in Corte Vecchia. La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, comportò interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo; gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno. Rispetto al piano nobile del Castello, nel quartiere di Corte Vecchia la marchesa poté usufruire di diversi spazi all’aperto come il Viridario con impluvium (nell’ala di Santa Croce), il Cortile di rappresentanza con la Loggia delle Città ed il Giardino Segreto, a carattere privato. L’ala vedovile di Grotta comprende l’intero prospetto sud del Cortile d’Onore, articolato dapprima nella grande sala della Scalcheria, passaggio d’obbligo verso la zona più riposta dei camerini di Studiolo e di Grotta, cui seguono due piccoli locali (i camerini sussidiari), conclusi dal Giardino Segreto, cortile posto all’estremità orientale dell’appartamento. Come già anticipato, il trasferimento di Isabella nelle stanze dell’ala di Grotta non dovette probabilmente avvenire prima del 29 marzo 1519, data di morte del coniuge (spostamento peraltro registrato come avvenuto da “molti mesi” già nell’ottobre del 1520), ma alcune fonti suggeriscono che l’interesse della marchesa per tale suite possa essere stato anteriore. Il carteggio scambiato tra l’estense e Giambattista Cattaneo a partire dal giugno del 1514 riferisce di lavori in corso ad una «fabrica», costituita da vari camerini nonché da un «zardino e prato» ancora in via di progettazione (probabilmente da porre in relazione con la costruzione di un «pozetto di fero» per il quale Cattaneo domanda ad Isabella sulla sua predilezione di accostarvisi «in piedi a portata colli brazi» oppure «assetata nanti colla scragna»). Gli ambienti dell’ala che poi sarà definita di Grotta dovettero in effetti prevedere significativi interventi murari prima della disposizione degli allestimenti d’arredo, come dimostra del resto il fatto che i 5 locali costituitivi (Scalcheria a parte) vennero ricavati da un’unica sala preesistente. [SI PROSEGUE IN OSS - Osservazioni]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267438-3.4
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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