decorazioni ornamentali, architetture, elementi araldici
Il Secondo Camerino dorato presenta nella fascia superiore di tre pareti (sud, est e nord) un fregio pittorico compreso entro cornici. L’illusionistica impostazione architettonica del ciclo intervalla transenne impostate su una teoria di colonnine binate (cui si intreccia il bel motivo della calendula) a bifore gotiche. Nello spazio creato dagli archi a sesto acuto sono effigiati blasoni araldici, spesso perduti (di alcuni s’intuisce solo la sagoma); si conserva ancora però il metodo di fissaggio di tali scudi: nell’imposta d’arco comune delle bifore è conficcato un chiodo, prospetticamente illusorio, cui si appende lo stemma sottostante. Si segnala che oltre la parete ovest, tramezzo messo in opera durante il riallestimento commissionato da Isabella d’Este, è visibile la prosecuzione del fregio tardogotico nella stanza attigua (Primo Camerino dorato, B0-43, si veda l'ultima immagine allegata), che formava originariamente con la presente, un unico ambiente (nello stanzino citato il fregio alto è occluso dalla controsoffittatura voluta dalla marchesa)
- OGGETTO fascia ornamentale
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MATERIA E TECNICA
intonaco/ pittura a fresco
intonaco/ pittura a secco
- AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
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ATTRIBUZIONI
Antonio Pisano Detto Pisanello (attribuito): progettista
- LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, venne installata all'interno di Corte Vecchia in una serie di ambienti di origine medievale, prevedendo diversi interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo. Gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno, il cui capolavoro è certamente la Sala della Scalcheria. La dimora vedovile - abitata già da Isabella nell'ottobre del 1520 - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce (dall’adiacente cappella palatina), cui spiccavano la Galleria e la Sala Imperiale, e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto. L’ala di Santa Croce, comprendente tutto il fronte ovest del Cortile d’Onore, era congiunta con la chiesa omonima - all’epoca ancora operante come annesso oratorio - dallo snodo costituito dal Viridario-impluvium. L’appartamento grande includeva diversi ambienti eterogenei per dimensioni: da ampie sale di rappresentanza a piccoli stanzini prevalentemente destinati ad uso privato, comprendendo anche una Galleria (o Sala delle Imprese isabelliane), in origine una loggia porticata aperta sul cortile di Santa Croce. L’apparato ornamentale conservatosi è principalmente da ascriversi al terzo decennio del Cinquecento, realizzato su commissione dell’estense. Il Secondo Camerino dorato costituiva assieme al Primo Camerino dorato un unico ambiente poi tramezzato in epoca isabelliana, periodo in cui venne predisposto anche un nuovo apparato decorativo. Tutte le pareti, all’infuori di quella che separa i due locali, presentano una doppia decorazione: l'una, a girali fitomorfe su fondo neutro, collocata nella parte inferiore e dovuta alla commissione dell’estense, l'altra, di spiccato gusto tardogotico, con fregio parietale alto nel quale si alternano blasoni araldici a calendule gonzaghesche. Se quest'ultimo registro è certamente ricondursi alla prima metà del Quattrocento, sulla scia di Gerola, prima Paccagnini e in seguito De Marchi proposero di circoscriverne la realizzazione al periodo in cui Gian Francesco Gonzaga fu al potere. Oltre al fiore della casata, in un altro ambiente dell'appartamento di Santa Croce (Sala delle Calendule), si trova contestualizzata nella stessa tipologia di fregio l'impresa del Cane, propria di Gian Francesco. Su tale indizio, Paccagnini preferì porre l'ante quem al 1433, basandosi sulla mancanza di espliciti riferimenti all'investitura marchionale dell'ultimo capitano della casata (la cronologia proposta nella presente scheda pone piuttosto come estremo finale l’anno di scomparsa del Gonzaga). Sulla scorta di De Marchi, si propone di individuare nella figura di Pisanello, attivo presso la corte di Gian Francesco, l’ideatore del meraviglioso impianto ornamentale a calendule e blasoni (lo studioso colloca tale realizzazione al terzo decennio, ponendolo in relazione con il fregio del Broletto di Brescia commissionato da Pandolfo III Malatesta e forse compiuto da un collaboratore di Gentile da Fabriano). L’apparato decorativo dovuto invece alla marchesa Isabella comprende, oltre al bel ramage su grigio, anche le nicchie a conchiglia e le mostre di porta, che mostrano ancora tracce di doratura. La vasca di fontana con mascherone per la fuoriuscita dell'acqua pone interrogativi in merito alla cronologia: si presume una datazione conforme al riutilizzo isabelliano della stanza tramezzata
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267426-1
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0