La colonnina tardogotica è ubicata nel piccolo locale del Camerino del Sole, compreso nell'appartamento di Santa Croce di Isabella d'Este, al pianterreno di Corte Vecchia. Il grazioso supporto lapideo, riscoperto probabilmente in occasione del recupero novecentesco dell'ambiente, dovette essere inglobato nella muratura all'epoca dell'intervento isabelliano di decorazione pittorica della volta e delle lunette. Il fusto liscio e privo di rastematura presenta una doppia fascia decorata prima del collarino di innesto del capitello: ad una modanatura liscia si sovrappone una striscia di piccoli riquadri terminanti a cuspide piramidale. La porzione di capitello visibile mostra una coppia di volute laterali su cui poggiano diverse cornici costituenti l'abaco, che a loro volta sostengono l'architrave superiore. Al centro del capitello è scolpita una girale. La colonnina è unita dall'architrave ad una seconda (per le relative schede OA si veda il campo ROZ), visibile nel vano attiguo (B0, 49: ultima immagine in allegato); da quest'ultimo ambiente è possibile osservare il retro della colonnina rosa tramite lo scasso operato nella muratura
- OGGETTO colonnina
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MATERIA E TECNICA
pietra calcarea/ sagomatura
- AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
- LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, venne installata all'interno di Corte Vecchia in una serie di ambienti di origine medievale, prevedendo diversi interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo. Gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno, il cui capolavoro è certamente la Sala della Scalcheria. La dimora vedovile - abitata già da Isabella nell'ottobre del 1520 - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce (dall’adiacente cappella palatina), cui spiccavano la Galleria e la Sala Imperiale, e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto. L’ala di Santa Croce, comprendente tutto il fronte ovest del Cortile d’Onore, era congiunta con la chiesa omonima - all’epoca ancora operante come annesso oratorio - dallo snodo costituito dal Viridario-impluvium. L’appartamento grande includeva diversi ambienti eterogenei per dimensioni: da ampie sale di rappresentanza a piccoli stanzini prevalentemente destinati ad uso privato, comprendendo anche una Galleria (o Sala delle Imprese isabelliane), in origine una loggia porticata aperta sul cortile di Santa Croce. L’apparato ornamentale conservatosi è principalmente da ascriversi al terzo decennio del Cinquecento, realizzato su commissione dell’estense. Il Camerino del Sole (B0, 50) rappresenta un vero palinsesto di strutture architettoniche e di cicli pittorici rintracciati durante il recupero novecentesco, difficilmente dipanabili se non con approssimazione. Gli edifici della Magna Domus dell'ala di Santa Croce sono attestabili alla seconda parte del Trecento, periodo cui potrebbe appartenere la colonnina di calcare murata nella parete sud, nonostante sia formalmente riconducibile ad un più avanzato ambito stilistico tardogotico (l'architrave di sostegno dell'imposta di volta è peraltro elemento architettonico di cultura già rinascimentale). L'apparato pittorico parrebbe mostrare due fasi distinte; ad un primo momento risale la splendida calendula tracciata sulla parte destra della lunetta est (impresa di Francesco I Gonzaga, il cui utilizzo è attestato anche in seguito); la seconda fase potrebbe interessare l'intera decorazione della botte e delle due lunette (che si rivelano oggi alquanto frammentarie) con l'impresa del Sole al centro della volta, lo stemma estense e l'impresa della Museruola. La calendula, nella sua fresca impostazione dimensionalmente così rilevante, sembrerebbe potersi ricondurre formalmente al pieno Quattrocento, seppur nell'ala di Santa Croce siano presenti rappresentazioni di questo fiore attestabili alla prima parte del secolo. Il ciclo successivo appare un vero e proprio rebus: molto prossimo alle decorazioni isabelliane lasciate in Castello, dovrebbe piuttosto datarsi in seguito al trasferimento della marchesa in Corte Vecchia, pur mostrando l'impresa della Museruola, appartenuta al consorte Francesco II, già deceduto (lo stesso Sole nella volta pare essere una scelta di continuità con la casata gonzaghesca). Se la contestualizzazione all'interno dell'appartamento vedovile di queste decorazioni di schietto sapore isabelliano, pare rimandare ad una cronologia successiva al 1519, le stesse divise scelte e la tipologia rappresentativa paiono rimandare più concordemente al periodo di Castello. Si ricorda inoltre che il vano attiguo (B0, 49), unito da un corridoio, presenta una seconda colonnina collegata alla precedente tramite un architrave lapideo che forse doveva sostenere quella che è stata riconosciuta come l'ultima parte della rampa della scalinata per la Sala dei Papi e per quella di Pisanello (Rodella in Algeri 2003); entrambi i sostegni e l'architrave di raccordo, probabilmente successivi alla fase edificatoria originaria, sono indicativamente databili entro la metà del Quattrocento, soprattutto in ragione delle tipologie strutturali e formali impiegate. Il recupero dell’intera ala di Santa Croce è avvenuto nell’arco di un decennio tra il 1988 ed il 1998 (Algeri 2003, p. 371)
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267419
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0