San Ludovico di Tolosa (?)

dipinto, 1613 - 1614

La cornice è stata realizzata nel 1956 da Gino Siliprandi

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Fetti Domenico (1589/ 1624)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il quadretto è descritto, assieme agli altri cinque, per la prima volta nel 1763 da Giovanni Cadioli (p. 76), che li dice opera di Domenico Fetti ma li pone quasi in antitesi alla Moltiplicazione dei pani e dei pesci dello stesso artista, conservata anch'essa nel refettorio di Sant'Orsola. L'inventario di soppressione del monastero, del 12 ottobre 1786, ci dà l'esatta collocazione dei pezzi, descrivendole nel Refettorio. Nello stesso 1786 Giovanni Bottani li include tra i dipinti da destinarsi alla Regia Accademia (d'Arco 1857-1859, II, pp. 213, nn. 1-6), e qui sono nuovamente descritti nel 1810, in un inventario redatto da Felice Campi. È, questa, una distinzione qualitativa mai prima adombrata e successivamente ignorata. Conservate nel Palazzo Accademico per tutto l'Ottocento, passate in proprietà al Comune di Mantova nel 1862, le sei lavagne sono depositate in Palazzo Ducale nel 1922 (Tamassia 1996, p. 60). Quanto all'iconografia dei sei dipinti, non si va oltre le proposte già formulate da Safarik. Il santo con lo scettro in mano e la corona poggiata di fianco (inv. 7023) potrebbe essere san Luigi IX, anche se indossa abiti piuttosto poveri e non ha immediato riscontro con l'iconografia corrente [ma neanche Giobbe]; la santa con la spada dovrebbe essere Barbara, poiché sullo sfondo si vede una torre; l'altra figura femminile, con una perla sulla fronte e la palma del martirio in mano, potrebbe essere santa Margherita (per la solita associazione margarita=perla) o, come propone Safarik, santa Caterina d'Alessandria; il santo trafitto da una freccia è stato identificato in san Sebastiano; altri due santi, forse Gervasio e Protasio (ma sempre Safarik suppone in alternativa che uno dei due sia san Maurizio), non recano alcun segno distintivo oltre la palma: dei due uno potrebbe essere un'aggiunta, lievemente posteriore e di altra mano, a un ciclo inizialmente limitato a cinque pezzi. Ignorate dalla letteratura ottocentesca, le sei lavagne sono menzionate da Matteucci (1902, p. 373 nota 1) come opere di Domenico Fetti, declassate quindi da Endres-Soltmann (1915, p. 510?) alla sorella Lucrina, rese a Domenico da Giannantoni (1929, p. 76). Nel 1948 Ozzola afferma che sulla supposta Santa Barbara (inv. 7024) si legge la sigla "DF", con la F inscritta, e "s'intravede la data 1613" (Ozzola 1948, p. 137): lo sostiene ancora nel 1949 (n. 127) e nel 1953 (n. 127). Le lavagne sono successivamente citate da vari studiosi che accettano sostanzialmente la soluzione attributiva e cronologica avanzata da Ozzola, nonché l'ipotesi che siano le prime opere realizzate dall'artista al suo arrivo a Mantova. Moir (1970, p. 529 nota 11) rileva affinità stilistica con le opere del Saraceni; la critica non avanza tuttavia proposte significative fino al 1989, quando la Tellini Perina (in Pittura a Mantova 1989, p. 49) riporta l'opinione di Safarik, che le lavagne siano state realizzate a Roma, prima del trasferimento, e possano essere pertanto anteriori al 1613. Nel 1990 Safarik stesso espone con maggior larghezza di argomenti le sue opinioni: ritiene sia da valutare l'ipotesi che alle lavagne corrisponda un pagamento del 1611 di Ferdinando Gonzaga, discredita quindi la datazione avanzata da Ozzola; avanza quindi sospetti sull'autografia del Santo con palma del martirio inv. 7027, che ritiene possa essere opera di Lucrina, copia dall'inv. 7023, il presunto San Ludovico. Safarik ha recentemente (1996, p. 91) rivoluzionato l'assetto attributivo della serie, supponendo che il santo con scettro e corona sia l'unico autografo di Domenico, e che gli altri cinque pezzi siano lavoro di bottega, possibilmente di Lucrina, che avrebbe portato con sé, in "dote", i dipinti al suo ingresso nel monastero di Sant'Orsola nel 1614. Sembra preferibile tuttavia mantenere la posizione tradizionale; il solo inv. 7027 non ha la qualità di un autografo del Fetti, come già rilevava Felice Campi nel 1810, e va quindi considerato una copia, probabilmente di mano della sorella Lucina e di qualche anno posteriore. Non escluderei che una prima serie di cinque dipinti sia stata ampliata al momento della loro collocazione, murati, nel refettorio della chiesa di Sant'Orsola, forse verso il 1620. CONTINUA NEL CAMPO OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152570
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 7023
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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