Madonna col Bambino, san Vincenzo Ferrer, il beato Ludovico Rosati, il beato Tommaso da Villanova e i santi Carlo Borromeo e Dorotea

dipinto, 1614 - 1614

Personaggi: Madonna; Gesù Bambino; san Vincenzo Ferreri; il beato Ludovico Rosati; beato Tommaso da Villanova; san Carlo Borromeo; santa Dorotea. Attributi: (Madonna) è seduta su un trono con baldacchino ricoperto di stoffe; tiene in braccio Gesù. Figure: angioletto ai piedi della Madonna sorregge un cesto di fiori e frutta. Architetture: la scena è ambientata in una ipotetica abside di chiesa; il trono della Madonna e due santi si trovano sopra un gradino

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Borbone Jacopo (1566/ 1623)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è descritto dal Cadioli (1763, p. 113) nella chiesa di San Domenico: “Nel Capitolo de’ PP., vicino alla Sagrestía, v’è un quadro tra gli altri, su cui sono dipinti la Madonna, S. Vincenzo Ferrerio, S. Carlo Borromeo, ed altri Santi, che vien creduto di Lelio Orsi da Novellara”. “Un quadro in piedi di braccia 6½ alto e braccia 4 in larghezza rappresentante due Santi Domenicani, san Carlo, san Tomaso Villanova, santa Maddalena, la Beata Vergine con Bambino” è documentato nel 1803 (n. 109) in Palazzo Ducale; qui il dipinto rimane fino al 1846, quando è scelto dal pittore Carlo Bustaffa, assieme ad altri tre (cfr. cat. [457], [495] e [545]) per ornare un oratorio del Regio Ginnasio (L’Occaso 2008, pp. 21-22). Passato nel Museo Civico allestito all’interno del Palazzo Accademico nel 1882, non sembra lì descritto dall’Intranel 1895 ma viene depositato in Palazzo Ducale nel 1922 (Tamassia 1996, p. 000). La composizione rigidamente bipartita in registri e l’abside al cui centro siede la Madonna, su un alto trono con baldacchino, sembrano retaggi della pittura pre-manierista e hanno una severità che deve aver incontrato la piena approvazione della committenza domenicana. Anche la scelta dei santi rispecchia senz’altro la volontà dei Predicatori: in alto troviamo san Vincenzo Ferrer e il beato Ludovico Rosati da Bergamo (†1468), che fu vescovo ausiliario/suffraganeo [?] di Mantova nel settimo decennio del Quattrocento; la sua identificazione è stata suggerita da Giuseppe Rubini (a G. Rodella, in I dipinti 2002, pp. 70-73). In basso sono un santo vescovo, sant’Anselmo o meglio san Tommaso da Villanova, beatificato proprio nel 1614 cui data la pala; al centro è san Carlo Borromeo, sulla destra santa Dorotea con l’angelo che tiene il cesto con tre rose e tre mele, suoi consueti attributi. Matteucci (1902, p. 389) e Pirondini (1987, p. 244) ritengono dispersa la pala ricordata dal Cadioli come opera di Lelio Orsi; già Toschi (1900, p. 12) invece si accorge che quella pala “trovasi nella Raccolta municipale dei quadri tolti da chiese e conventi soppressi, ma non mostra la maniera del nostro artista”, cioè l’Orsi. Proprio a questo pittore – attivo anche a Mantova, in Santa Maria del Carmine (Vaghi 1725, p. 207) – Ozzola attribuisce la nostra pala nel 1946 (p. 11 n. 40), per poi correggersi: in seguito la associa alla testimonianza del Cadioli anche se la giudica della scuola del Cavedoni (Ozzola 1949, n. 232; 1953, n. 232), accogliendo così la cronologia suggerita nell’inventario del 1937, che registra il dipinto come opera seicentesca. Ozzola si avvicina abbastanza al vero, se pensiamo che anche il D’Argenville (1762, II, p. 123) cita il “Borboni” tra gli allievi del Cavedone. Non escludo che la scritta in basso a destra – con la curiosa forma “Iac. Borbon.us Figuraba[t] 1614” (che l’artista adopera anche in una perduta pala di Narni: E. Martinori 1987, p. 487) – sia emersa solo in seguito a un restauro del 1959. La pala è attribuita al novellarese Borbone per la prima volta soltanto nel 1989, da Berzaghi (in La pittura a Mantova 1989, p. 258), e da allora è servita da apripista per la ricostruzione del catalogo del pittore. Il 6815 potrebbe essere la prima opera realizzata dal Borbone in città, in un vasto catalogo di pitture, di soggetto sacro e profano. In questo dipinto, come ha notato Mazza (in L’esercizio della tutela 1999, p. 77) sono pronunciati i ricordi delle opere di Nicolò Circignani a Città della Pieve, di Ferraù Fenzoni a Perugia e Todi, di Antonio Circignani. Nigrelli (2001, p. 113) vi ha scorto anche “accenti di moderato naturalismo”, mentre Rodella (in I dipinti 2002, pp. 70-73) ne ha principalmente sottolineato gli arcaismi compositivi
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152011
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 6815
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • ISCRIZIONI in basso a destra - Iac. Borbon.us Figuraba[t ...] 1614 - a pennello - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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