La Madonna col Bambino in gloria tra angeli e sante vergini ( tra cui Lucia, Orsola, Chiara, Agnese, Scolastica, Caterina da Siena, Caterina d'Alessandria)

dipinto, ca 1562 - ca 1562

Dipinto privo di cornice. La cornice originale cinquecentesca si trova nlla cappella di Santa Maria in San Benedetto in Polirone

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Ghisoni Fermo (1505 Ca./ 1575)
  • LOCALIZZAZIONE San Benedetto Po (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Tutti i dati in mio possesso convergono nell'identificare questo dipinto con una pala dipinta per l'altare dell'oratorio di Santa Maria, nella chiesa abbaziale di San Benedetto in Polirone. La prima menzione del dipinto pare l'elogio di padre Benedetto Fiandrini, che nella Lettera di un viaggiatore inglese del 1790 (in PIVA 1977, p. 44) ricorda che nella basilica "a mano sinistra esiste un'antichissima capella con volta a sesto acuto, con un quadro all'altare di buon penello", riferibile probabilmente a questa tela. Un inventario del 1806 ricorda sull'altare un "quadro rappresentante varie Vergini, e la Madonna delle Grazie, e al di sopra il Padre Eterno" (PIVA 1980, p. 89 nota 205). L'"Ispettore degli Scavi e Monumenti" Alessandro Nizzoli scrive da Pegognaga il 7 aprile 1881 che "Il quadro poi all'altare rappresentante l'Assunta con sant'Orsola e le sue undicimila vergini, ammalorato e deturpato da inesperto restauratore, non è un affresco come si era indicato dapprima, ma è sulla tela e ritenuto della scuola di Paolo Veronese" (ASMn, Prefettura, 1893, b. 1430). In maniera assai simile il dipinto è menzionato da INTRA nel 1883 (p. 169): "il quadro dell'altare, che raffigura la Madonna, s. Orsola e le 11 mila Vergini, ora assai ammalorato, si crede di Paolo Veronese". Nizzoli con una lettera del 6 luglio 1890 afferma di aver interpellato senza successo Filippo Fiscali per un inderogabile intervento di restauro. Sempre Nizzoli, in una relazione del 31 marzo 1897, avverte che il quadro è stato tolto dalla cappella di Sant'Antonio (così era chiamata all'epoca) (ASMn, Prefettura, 1904). Infatti MATTEUCCI (1902, p. 209 nota 2) ricorda il dipinto, "in cattivissimo stato, che ora si conserva in un magazzino"; anche nel 1906 LUZIO ne denuncia le pessime condizioni. Dopo di allora, e per oltre mezzo secolo, nessuno lo menziona più e a una data imprecisa ma forse negli anni Cinquanta, secondo la memoria del restauratore Archinto Araldi (com. or.), è trasportato da Assirto Coffani a Mantova, in palazzo Ducale. PIVA ne scrive nel 1975 (pp. 65 e 85 nota 64), affermando proprio che la pala "dovrebbe ora trovarsi nei depositi del palazzo Ducale di Mantova"; essa viene però in seguito data per dispersa e solo nel 2000 è da me nuovamente identificata con l'opera polironiana e segnalata allo stesso PIVA (2001, p. 201 nota 40), il quale la cita quindi come esistente, seppure "in stato di totale degrado e illeggibilità", nei depositi del Palazzo. La provenienza polironiana dell'opera può essere ulteriormente avvalorata, nonostante manchi un verbale di deposito e non si conoscano la data e le ragioni del suo arrivo a Mantova, dalla perfetta corrispondenza delle misure della splendida cornice lignea della pala, tuttora in sito. Dispersa è invece la lunetta con Dio Padre che in origine ornava la cimasa. Recentemente il dipinto è stato restaurato e, per quanto oramai compromesso da un secolo di incuria, reso nuovamente leggibile; nel 2009 è stato depositato in San Benedetto, ricollocato nel 2010 nella cappella di Santa Maria. Al contrario di quanto sempre scritto, la pala non rappresenta, nella parte inferiore, sant'Orsola con le 11.000 vergini. È tuttavia comprensibile la confusione, poiché vi sono dipinte varie sante vergini e martiri, alcune delle quali riconoscibili per i rispettivi attributi: Lucia, Orsola, Chiara, Agnese, Scolastica, Caterina da Siena e Caterina d'Alessandria. La santa al centro della composizione non è purtroppo identificabile, poiché quasi del tutto perduta. La titolare della chiesa sussidiaria, Maria Vergine, è in gloria come "Regina virginum et martyrum", secondo un'iconografia che troviamo in area padana nelle pala del Moretto nel Castello Sforzesco e di San Giorgio in Braida a Verona e in quella attribuita a Biagio Pupini in San Giacomo Maggiore a Bologna (SPINELLI 1981, p. 274). Anche un disegno di collezione privata, attribuito al Parmigianino (EKSERDJIAN 1999, p. 3), presenta analoga teoria di sante, così come, in altro contesto geografico e a date un po' più tarde, la pala di Giovan Battista Fiammari (?) in San Vitale a Roma. L'attribuzione a Paolo Veronese è fuorviante. Il dipinto è opera di un allievo di Giulio Romano, ma risulta aggiornato anche su fatti di pittura cremonese della metà del Cinquecento. Il magistero giuliesco è ancora avvertibile - molto evidente - nelle anatomie dei putti in volo e nelle figure della parte inferiore: inconfondibili i profili dalle labbra prominenti. La Madonna e il Bambino palesano invece la conoscenza dell'arte cremonese e sono confrontabili con l'analogo gruppo della pala di Bernardino Campi in Sant'Agata a Cremona; non è forse un caso che il cartone preparatorio di quest'ultima, conservato all'Ambrosiana, sia stato anche erroneamente riferito a Fermo Ghisoni (E. Bianchi, in Pinacoteca Ambrosiana 2006, pp. 311-312 n. 378). Nella nostra pala le cromie sono rese più leggere e iridescenti, rispetto alla pittura giuliesca, CONTINUA IN OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151984
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 12668
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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