Elia nel deserto nutrito dall'angelo

dipinto,

Dipinto

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Semino Ottavio (1528 Ca./ 1604)
  • LOCALIZZAZIONE Monza (MI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Un documento del 6 settembre 1581 registra l'accordo tra il padre generale del Collegio e il pittore genovese Ottavio Semino per dipingere sopra le quattro antine del tabernacolo alcune storie a olio secondo le indicazioni che gli verranno date per iscritto, per il prezzo pattuito di dieci scudi d'oro (A. S. MI, Fondo Religione, 2589). Le quattro tavolette attualmente inserite nelle due piccole ancone, possono essere identificate con quelle eseguite dal Semino per il tabernacolo sia sulla base di dati stilistici sia per la scelta del tema iconografico, essendo i soggetti dei dipinti collegabili col SS. Sacramento. Un primo spostamento in una collocazione diversa da quella originaria deve essere avvenuto già nell'ultimo decennio del sec. XVII, dal momento che in una nota spese relativa al periodo 1689-1694 sono comprese "due anconette ornate d'intaglio con pitture alludenti al SS. Sacramento (A. S. MI, Fondo Religione, 2589). In una descrizione della chiesa del 1818 dei "piccoli quadretti bislunghi rappresentanti alcuni fatti della Sacra Scrittura assai bene dipinti su legno" sono ricordati nel presbiterio "nelle quattro imposte dei piccoli archi laterali della cappella maggiore" (Archivio Collegio del Carrobiolo). Dal punto di vista iconografico la scena, come indicato nella iscrizione sottostante al dipinto, si riferisce all'episodio, descritto nel libro dei Re, in cui il profeta Elia preso dallo sconforto, si addormenta e viene svegliato dall'angelo che lo conforta e lo invita a ristorarsi con una focaccia e un orcio d'acqua. Anche in questa scena è evidente la simbologia eucaristica. Il Semino, uno degli esponenti, insieme al fratello Andrea, del manierismo genovese e attivo soprattutto nella "grande decorazione" di palazzi nobiliari, era noto in Lombardia dopo che nel 1567 aveva dipinto il grande Cenacolo nella Certosa di Pavia (BOSSAGLIA, 1971, pp. 18-19); intorno al 1570 aveva decorato a Milano Palazzo Marino ed eseguito in Sant'Angelo gli affreschi di alcune cappelle (cfr. G. BORA, I disegni lombardi e genovesi del Cinquecento, Treviso, 1980, p. 86; S. COPPA, S. Angelo, chiesa di, in Dizionario della chiesa ambrosiana, I, Milano 1987, p. 151). La scelta di un maestro assai noto e abituato alle grandi dimensioni per un'opera minore si può spiegare con la collocazione, privilegiata dal punto di vista liturgico, all'interno della chiesa, anche se l'approssimazione di alcuni particolari, come ad esempio, molte delle mani, che del resto dovevano risultare scarsamente visibili dai fedeli, fa ipotizzare che il Semino si sia servito della collaborazione di aiuti. Il recente restauro cui le tavolette sono state sottoposte ha dato risalto ai valori cromatici, mantenuti sui toni dei gialli, dei verdi, dei rosa, ed è stato preceduto da indagini radiografiche e riflettografiche che hanno messo in luce il disegno preparatorio sottostante alla superficie pittorica. Lo stato di conservazione del supporto ligneo è buono, malgrado una leggera incurvatura; due delle tavolette presentano ancora la cavità in cui era inserita la serratura del tabernacolo
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300089116
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese
  • DATA DI COMPILAZIONE 1989
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
    2023
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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