ritratto equestre di Vittorio Amedeo I di Savoia

gruppo scultoreo, post 1619 - ante 1625

Il monumento è composto dalla statua Vittorio Amedeo I in bronzo, da un cavallo in marmo e da due figure accovacciate al di sotto della pancia dell’animale, parimenti in marmo policromo. Il duca è rappresentato seduto su una sella, riccamente decorata, con i piedi nelle staffe; la mano destra regge le briglie, parimenti in bronzo come il bastone del comando impugnato dalla sinistra. Porta i capelli mossi, con codino che ricade lateralmente sulla spalla destra. Indossa l’armatura integrale da battaglia, spallacci e ginocchielli finemente decorati. Il collo è profilato da una gorgiera; sul petto porta il collare dell’ordine della SS.ma Annunziata e una fascia, drappeggiata, gli attraversa il busto. Sul petto di corazza è incisa la croce dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Il cavallo, con le zampe superiori sollevate, è rappresentato frontalmente, il muso lievemente inclinato verso destra, la criniera mossa. Al di sotto del corpo dell’animale sono accovacciate due figure maschili barbate con la schiena l’una contro l’altra. Il corpo è solo parzialmente ricoperto da tuniche e manti, i piedi sono nudi. Rivolgono lo sguardo verso il basso. L’insieme poggia su un basamento a forma di parallelepipedo. Zocccolo e coronamento modanati. Iscrizione di otto righe sulla fronte

  • OGGETTO gruppo scultoreo
  • MATERIA E TECNICA bronzo/ cesellatura
    bronzo/ fusione
    bronzo/ incisione
    marmo di Carrara/ incisione
    marmo di Carrara/ levigatura
    marmo di Carrara/ lucidatura
    marmo di Carrara/ scultura
    marmo venato/ levigatura
    marmo venato/ pittura
    marmo venato/ scultura
  • ATTRIBUZIONI Rivalto Andrea (notizie 1608-1619): scultore
    Vanelli Federico (notizie 1570-1627)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo di Palazzo Reale
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale
  • INDIRIZZO piazzetta Reale, 1, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’attuale assetto dello scalone monumentale di accesso al piano nobile del Palazzo Reale di Torino si deve al progetto di Domenico Ferri, regio pittore e decoratore e all’architetto dell’Ufficio Tecnico del Ministero della Real Casa, Pietro Foglietti, su commissione di Vittorio Emanuele II, ormai prossimo a divenire re d’Italia. L’incarico per la progettazione di questo importante ambiente di rappresentanza fu conferito a Ferri nel 1857. Il professionista ideò un percorso celebrativo dinastico e insieme evocativo della storia d’Italia e della sua imminente e poi recente unificazione, dovendo combinare modalità diverse di decorazione, pittorica e scultorea, con particolare attenzione anche al contenimento degli aspetti economici. Il monumento, policromo e polimaterico, è l’unico precedente all’allestimento degli anni Sessanta dell’Ottocento dello Scalone d’Onore. Non solo fu inglobato nel progetto di Ferri, ma forse ispirò l’interno piano di statuaria di questo ambiente di rappresentanza. La guidistica sette-ottocentesca non mancò di elogiare l’opera, riferendo alcune parti, ossia le sculture dei prigionieri inginocchiati ai piedi del cavallo, al celebre Giambologna, paternità riportata anche negli inventari del Palazzo redatti tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e gli anni Sessanta del Novecento, ma alcune fonti del XVIII secolo citarono persino il nome di Michelangelo per questa parte del monumento. Diversamente, il ritratto del duca era ritenuto lavoro del maestro francese Guillaume Dupré, attivo durante il regno di Luigi XIII e di Luigi XIV. La menzione di questo artista ricompare anche nelle ricognizioni patrimoniali del Palazzo come autore del basamento. Quest’ultimo presenta una lunga iscrizione che la guidistica riferiva allo storico e letterato di corte Emanuele Tesauro (1592-1675). La documentazione resa nota da Angelo Angelucci, direttore del Museo Storico Nazionale d'Artiglieria di Torino, negli anni Sessanta dell’Ottocento, poi ripresa e approfondita dagli studi degli ultimi decenni, ha riportato alla luce che il monumento equestre fu eseguito dagli scultori ducali Andrea Rivalto (o Rivalta) e Federico Vanelli, di origine, rispettivamente, romana e ticinese, dopo il 1619. Fonte di ispirazione fu un modellino richiesto al più noto Pietro Tacca per volontà di Carlo Emanuele I, avendo però come soggetto Emanuele Filiberto, di cui il figlio voleva celebrare la memoria. Questi, infatti, sin dal 1583-84 aveva cercato di acquistare il cavallo già scolpito in Roma da Daniele da Volterra per il mancato monumento di Enrico II di Valois, al fine di reimpiegarlo in una statua dedicata al genitore. Fallita questa impresa, tentò tra il 1619 e il 1622 di assicurarsi che l’opera fosse eseguita dallo scultore al servizio della corte granducale medicea, il quale invio due modellini, il primo in cera, perduto, e il secondo in bronzo, oggi a Kassel, castello di Löwenburg, ma rifiutò di venire a lavorare per il monumento nel capoluogo piemontese. Il modello sorprese e fu apprezzato dalla committenza, poiché si presentava il cavallo sollevato sulle gambe posteriori, un’immagine nuova e, soprattutto, ardita in scultura. La posa dell’animale impennato, di gusto ormai barocco, fu richiesta anche per l’opera eseguita a Torino, mentre il tema dei prigioni inginocchiati al di sotto degli zoccoli del cavallo richiamava, ad evidenza, modelli manieristi cinquecenteschi. In considerazione delle specializzazioni dei due professionisti, a Rivalto, abile lavoratore del marmo, anche a fini di restauro, spettarono le parti in materiale lapideo, mentre a Vanello, che aveva già dimostrato la sua capacità nella fusione del bronzo, si dovette la realizzazione del corpo del duca, su modello, per altro, dello stesso Rivalto. Non è certa la data nella quale il complesso scultoreo venne ultimato. Il cavallo rimase a lungo nello studio di Rivalto ben dopo la sua morte, documentata entro il 1624. La statua fu allestita definitivamente in una nicchia nello scalone d’onore di Palazzo Reale nel 1663. Le carte restituiscono che si scelse in questa fase di adattare le mani e la testa di bronzo con la fisionomia di Vittorio Amedeo I. Non è certo l’autore di queste trasformazioni. Alessandro Baudi di Vesme menziona il francese La Fontaine, mentre Clemente Rovere riportava il nome di Onorato Pelet, figura probabilmente da identificarsi nel ticinese Pellè attivo a Genova. Il cambiamento iconografico induce a ipotizzare che l’intervento, patrocinato dal duca Carlo Emanuele II, fosse volto a commemorare il genitore, prematuramente scomparso nel 1637, con riferimento alla conclusione delle Guerre di Monferrato nel 1631. Il trattato internazionale, stipulato a Cherasco, fu favorevole a Casa Savoia che incamerò importanti territori del marchesato, tra cui la città di Alba
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100401105
  • NUMERO D'INVENTARIO 8
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali - Palazzo Reale
  • ENTE SCHEDATORE Musei Reali - Palazzo Reale
  • ISCRIZIONI basamento, prospetto frontale - D. VICTORIS AMEDEI/ BELLICAM FORTITVDINEM,/ ATQVE INFLEXVM IVSTITIAE RIGOREM,/ METALLO EXPRESSVM VIDES./ TOTVM ANIMVM VIDERES,/ SI VELOX INGENIVM, FLEXILEMQVE, CLEMENTIAM,/ EXPRIMERE METALLVM POSSET. (dorato) - capitale - a solchi - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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