Ritratto di Vittorio Amedeo II

dipinto, post 1680 - ante 1685

Il personaggio è rappresentato a mezzo busto, di lieve tre quarti, con taglio poco al di sopra del punto vita. Lo sguardo è rivolto verso destra. Porta una parrucca con i capelli che scendono, con morbidi boccoli, oltre le spalle. Indossa uno jabot di pizzo con ampio fiocco che profila il viso imberbe e una armatura di cui si vedono gli spallacci e il petto di corazza ornati da profilature dorate e cesellate. Due fascie rosse evidenziano il petto sul quale pende il collare dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Sfondo neutro di colore bruno. La tela è posta entro una cornice di formato e luce rettangolare in legno intagliato e dorato. Tipologia a cassetta; battuta liscia. Fascia interna intagliata a fascio di foglie unite da nastro in corrispondenza del punto mediano di ciascun lato. Fascia centrale liscia. Fascia esterna con motivo a piccole coppie di foglie

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 66 cm
    Larghezza: 50 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Castello Reale
  • INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’opera raffigura in età adolescenziale Vittorio Amedeo II (Torino,1666-Rivoli, 1732) sulla base di un prototipo che si può avvicinare all’esemplare in miniatura, riferito ad artefice ginevrino, conservato al Museo Civico di Arte Antica di Palazzo Madama e datato al 1680–1684. Unico figlio nato dal matrimonio tra Carlo Emanuele II e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, tra il 1675 e il 1684, fu sottoposto alla reggenza materna. Con l’assunzione del potere, radicale fu l’allontanamento dalle politiche filo-francesi materne, nonostante il matrimonio con Anna d’Orleans e le nozze combinate per le due figlie, con esponenti della dinastia reale francese: Maria Adelaide con Luigi di Orleans, detto il Gran Delfino, nipote diretto di Luigi XIV, Maria Luisa Gabriella con Filippo d’Angioux, divenuto re di Spagna con il nome di Filippo V L’ultimo decennio del Seicento e il primo del Settecento videro il duca impegnato in conflitti di portata internazionale: la Guerra della Grande Alleanza prima e poi la Guerra di Successione Spagnola. I passaggi spregiudicati di schieramento che caratterizzarono la condotta di Vittorio Amedeo in questo secondo conflitto, passando dalla alleanza con Luigi XIV a quella con la coalizione imperiale, pur mettendo a repentaglio il destino dello stato, arrivando ad avere la capitale, Torino, nell’estate del 1706, sotto assedio, gli valsero, dopo la pace di Utrecht, esiti considerevoli. L’acquisizione della Sicilia, permutata poi nel 1719 con la Sardegna, gli valse il sospirato titolo regio. A ciò si aggiunse l’allargamento del confine orientale dello Stato con l’entrata in possesso del Monferrato già gonzaghesco (Acqui e Casale) e di territori quali l’alessandrino, la Lomellina e la Val Sesia per secolo appartenenti allo Stato di Milano. Poderoso fu dalla metà del secondo decennio del Settecento, il programma di riorganizzazione del regno in tutti i campi dell’amministrazione: dal diritto all’esercito, dalla perequazione delle provincie di nuovo acquisto alla creazione delle Segreterie di Stato, dall’università all’impegno nella gestione statale del settore della carità e dell’assistenza. La trasformazione di Torino da capitale di ducato a regno poté giovarsi della presenza del grande Filippo Juvarra e del contributo dei numerosissimi professionisti noti in ambito internazionale, coinvolti in più riprese dall’architetto regio nei diversi progetti intrapresi: dalla riorganizzazione degli appartamenti nel palazzo cittadino alla riforma delle residenze di Rivoli e Venaria, alle creazioni ex.novo dall’alto valore politico, quale la basilica di Superga, alle nuove dimore di loisir come la palazzina di caccia di Stupinigi. La tela è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale. L’allestimento della Galleria cosiddetta dei ritratti, collocata nel padiglione di levante con prosecuzione nell’attigua galleria dei cardinali, è attestato nell’inventario stilato da Noemi Gabrielli all’inizio del sesto decennio del Novecento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100399570
  • NUMERO D'INVENTARIO R 5624
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Castello di Racconigi
  • ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • ISCRIZIONI verso, tela, in basso, a destra - R 5624 (giallo) - corsivo -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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