Ritratto di Giovanna Battista di Savoia-Nemours

dipinto, post 1676 - ante 1686

Il personaggio è rappresentato di lieve tre quarti, a mezzo busto. Lo sguardo è rivolto verso l’osservatore. Porta i capelli coperti da un velo che discende sino alla schiena. Indossa un abito nero, con ampio colletto, sino alle spalle, e polsini inamidati bianchi. Al petto è appuntata una croce con tre pendenti a goccia di perle. Sfondo neutro di colore bruno. La tela è posta entro una cornice di profilo e luce rettangolare in legno intagliato e dorato. Battuta liscia. Ampia fascia intagliata a ovuli; sottile fascia esterna con motivo a fogliette stilizzate

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 70 cm
    Larghezza: 56.6 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Castello Reale
  • INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il ritratto mostra la Seconda Madama Reale, Giovanna Battista di Savoia Nemours (Parigi, 1644-Torino, 1724) in abiti vedovili. Il viso, pur lievemente pingue, è ancora giovanile, pertanto si può collocare la sua esecuzione entro il primo decennio dopo la morte del consorte, avvenuta nel 1675. Il formato medio dell’opera e le indicazioni inventariali rintracciate sul retro della tela, relative esclusivamente all’entrata dell’opera, nella prima metà del Novecento, nelle collezioni del castello di Racconigi, permettono di ipotizzare che l’opera, immagine ufficiale della duchessa, potesse far parte originariamente di una quadreria privata, probabilmente di un membro della corte della principessa. Il taglio competitivo e la qualità del dipinto appaino vicino a un esemplare, pur di forma ovale, conservato in Palazzo Madama, attribuito a Lorenzo Dufour, già conservato nel castello dei Birago di Vische (Ospizio Amedeo di Savoia). Fu l’ultima discendente del ramo collaterale originato da Filippo di Savoia, fratello di Carlo II, che aveva avuto in appannaggio il ducato del Genevese e le baronie di Faucigny e di Beaufort, ricondotte così sotto la corona ducale. La madre era Elisabetta di Borbone-Vendome; la sorella divenne regina di Portogallo. Sposò in seconde nozze Carlo Emanuele II. Dieci anni più tardi, il 12 giugno 1675, moriva il duca. Dal giorno 15 dello stesso mese la seconda Madama Reale assunse il potere e la tutela dell’unico figlio, Vittorio Amedeo, minorenne, in una condizione di estrema incertezza sia per l’amministrazione, l’economia e i rapporti politici all’interno dello stato, considerando le pretese dinastiche del ramo cadetto dei Savoia-Carignano, sia nei rapporti internazionali nei confronti della prevaricante posizione della Francia e, attraverso lo Stato di Milano, della confinante Spagna. Benché nel 1680 avesse raggiunto la maggiore età, il principe sabaudo decise di non governare ancora, considerando la rete di alleanze favorevoli intorno alla reggente, grazie al forte sostegno francese. Solamente nel marzo del 1684 egli assunse definitivamente il potere, allontanando la madre con la quale da tempo i rapporti si erano profondamente deteriorati. Caricata di una luce pesantemente negativa la figura della duchessa dalla storiografia encomiastica sabauda per secoli, solo recentemente sono stati fatti tentativi per rilevare con coerenza il peso della sua reggenza, spesso portano a termine progetti e riforme avviate dal consorte. In tale ambito si inserisce una nuova attenzione verso la politica culturale: dal completamento della cappella della Sindone all’impresa della pubblicazione del Theatrum Sabaudiae, che uscì una prima volta nel 1682. Precisa fu la volontà di presentare a livello internazionale una immagine di donna colta e raffinata, sostenitrice delle arti e lettere, certamente non indifferente all’emblematico e famoso modello di Cristina di Svezia Tra il 1675 circa e il 1678 ben tre accademie sorsero in Torino per iniziativa ducale, sul modello di quanto avveniva a livello europeo: una cavalleresca, l’Accademia Reale, una letteraria, bilingue, nominata Accademia francese e italiana, senza dubbio la più sfuggente tra le istituzioni qui menzionate, e una di Pittura, Scultura e Architettura, immediatamente aggregata, nel 1675, a quella romana di San Luca. La tela è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale. L’allestimento della Galleria cosiddetta dei ritratti, collocata nel padiglione di levante con prosecuzione nell’attigua galleria dei cardinali, è attestato nell’inventario stilato da Noemi Gabrielli all’inizio del sesto decennio del Novecento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100399550
  • NUMERO D'INVENTARIO R 5593
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Castello di Racconigi
  • ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • ISCRIZIONI verso, tela, in basso, a destra - R 5593 (giallo) - maiuscolo/ numeri arabi - a penna - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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