ritratto dell'imperatore Giuseppe II d'Austria e del fratello Pietro Leopoldo di Toscana

dipinto, 1774 - 1774

Cornice in legno intagliato e dorato con battuta ornata da un motivo a nastro e fascia esterna con gola liscia e decoro a ovoli lungo il profilo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Panealbo Giovanni (notizie 1772-1799)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fu realizzato nel 1774 da Giovanni Panealbo, allievo a Torino di Claudio Francesco Beaumont, durante il soggiorno di formazione del giovane pittore piemontese a Roma presso l’atelier di Pompeo Batoni. Si tratta di una copia del ritratto originale del Batoni conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, di cui oggi si conoscono altre sedici repliche in diverse misure e formati. I personaggi effigiati sono l’imperatore Giuseppe II d’Austria e suo fratello Pietro Leopoldo, granduca di Toscana, che si erano fatti ritrarre dal maestro lucchese, recandosi personalmente nel suo studio per le sedute di posa, durante il loro soggiorno nell’Urbe in occasione del Conclave per l’elezione del successore di Clemente XIII. Il doppio ritratto, firmato e datato 1769, era stato commissionato dall’imperatrice Maria Teresa, madre dei due sovrani. L’opera aveva suscitato una tale ammirazione che il neo eletto papa Clemente XIV aveva commissionato al Batoni il 18 giugno 1769 una replica autografa per conservare memoria della venuta a Roma dell’imperatore e del fratello e nel settembre dello stesso anno un’altra replica a figura intera, esemplari oggi perduti. I due protagonisti si tengono affettuosamente la mano davanti ad una veduta fittizia della città pontificia con la Basilica di San Pietro e Castel Sant’Angelo: Giuseppe II appoggia il braccio su una versione ridotta della statua raffigurante Roma, a sua volta collocata su un tavolo con le gambe decorate da grifoni e il piano in marmo verde, sul quale si trovano una mappa di Roma, tenuta ferma da un calamaio con penne d’oca, e alcuni libri tra cui L’Esprit de Lois di Montesquieu ad indicare l’orientamento politico dei due sovrani illuminati. L’imperatore, in marsina nera e sotto-marsina gialla, esibisce la spilla dell’Ordine del Toson d’Oro, la fascia e la stella dell’Ordine di Maria Teresa e la croce dell’Ordine di Santo Stefano. Alla sua destra Leopoldo, in marsina bianca e sotto-marsina rossa, mostra le stesse decorazioni (per il ritratto di Batoni cfr. Clark 1985, pp. 315-317, n. 332; Quieto 2007, pp. 343-346). Da una lettera del conte di Riviera, ambasciatore del re di Sardegna a Roma, al conte Lascaris, reggente il Ministero degli Esteri, datata 21 novembre 1772, si apprende che a quella data Giovanni Panealbo si trovava a Roma presso la bottega del Batoni, al quale lo stesso conte di Riviera dichiarava di volerlo raccomandare (Baudi di Vesme 1963-1982, vol. III, pp. 772-773). Il conte di Cunico, ambasciatore sabaudo a Roma, invia il quadro a Torino il 12 novembre 1774, tessendone le lodi al ministro degli Esteri Aigueblanche e aggiungendo che Panealbo aveva eseguito il dipinto in Vaticano contestualmente alla traduzione in mosaico del ritratto del Batoni voluta dal papa e inviata in dono a Maria Teresa d’Austria (il mosaico incastonato in una preziosa cornice è oggi conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna) (Baudi di Vesme 1963-1982, vol. III, p. 773). Panealbo aveva lavorato probabilmente su una replica fornita dal pittore lucchese come modello per la trasposizione in mosaico. Sappiamo dalla stessa lettera che Batoni aveva apprezzato grandemente l’opera dell’allievo tanto da non ritenere necessaria l’aggiunta di alcuna pennellata e che Panealbo aveva espresso il desiderio che il suo quadro passasse “nelle mani del signor abate Beaumont”, desiderio che deriva dall’ammirazione per colui che era stato il suo maestro ed era segno della volontà di mantenere i contatti con i Savoia attraverso il primo pittore di corte (Baudi di Vesme 1963-1982, vol. III, p. 773; SBSAEP, Opera del mese, scheda dattiloscritta di Giuseppina Tetti, 6 luglio 1999). La scelta del soggetto da mandare a Torino potrebbe indicare, inoltre, l’accostamento dei due regnanti, autori di notevoli riforme nei rispettivi domini, a Vittorio Amedeo III, la cui ascesa al trono aveva suscitato speranze di rinnovamento politico e sociale (Astrua, in Pinto, a cura di, 1987, p. 83). Escluso inizialmente dalle scelte operate da Roberto d’Azeglio e dal marchese Alfieri di Sostegno che avevano scartato dalla costituenda Reale Galleria copie da originali famosi (Astrua, in Romano, a cura di, 2011, p. 152), il dipinto compare nell’inventario datato 1851 con attribuzione a Lorenzo Pécheux, ma il nome è cancellato e sostituito con quello di Pompeo Batoni (Elenco dei quadri/ della Reale Pinacoteca/ Redatto nel 1851, p. 1, n. 2). Nell’inventario del 1853 l’opera, collocata nella sala d’entrata della pinacoteca nella sede di Palazzo Madama, è assegnata con certezza al Batoni (Elenco dei Quadri/ della Reale Pinacoteca/ redatto nel 1853, p. 1, n. 2). Nei cataloghi storici ottocenteschi (Benna 1857, p. 5, n. 2; Callery 1859, p. 111, n. 2) appare con identica collocazione come copia da Pompeo Batoni eseguita da Lorenzo Pécheux. (continua in OSS)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100373238
  • NUMERO D'INVENTARIO 494
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2014
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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