Didone fonda Cartagine

dipinto, ca 1650 - ca 1654

Tela rettangolare dipinta in cornice lignea dorata del XVIII secolo, decorata con modanature alternativamente lisce e a ovuli. Rappresenta a destra in primo piano una regina di profilo, volta a sinistra, in piedi su resti antichi. Davanti a lei una folla animata di astanti. A sinistra un edificio antico in rovina. Colonne e archi antichi chiudono il primo piano del dipinto, lasciando intravedere il paesaggio montano che funge da sfondo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 33 cm
    Larghezza: 47 cm
  • ATTRIBUZIONI Ghisolfi Giovanni (e Aiuti)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Codazzi Viviano Detto Il Codagora
    Panini Giovanni Paolo
    Ghisolfi Giovanni/ Lauri Filippo
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Pendant del 'Pitagora esce dalla caverna' (inv. 443), il dipinto è segnalato come opera del Ghisolfi, in collaborazione con Lauri, esposta nel Gabinetto attiguo alla Camera per la Tavola di Palazzo Reale nella "Descrizione delle pitture sculture et altre cose più notabili del Real Palazzo e Castello di Torino" del 1754. Nell’inventario fatto stilare da Carlo Felice nel 1822 è invece registrato come opera di Giovanni Paolo Pannini. È questa l’attribuzione con cui il quadro compare nei più antichi cataloghi a stampa della Sabauda (Benna 1857, Callery 1859, Baudi di Vesme 1899). Nel 1913 Leandro Ozzola pubblicò invece il dipinto come opera di Viviano Codazzi (Ozzola 913, p. 16), seguito nel 1971 da Noemi Gabrielli (Gabrielli 1971, p. 109). È stato Andrea Busiri Vici a ricondurre il dipinto nel corpus di Giovanni Ghisolfi (Busiri Vici 1992, p. 82), con un’attribuzione confermata dalla critica recente (Capitelli 2004, p. 286; Villano 2009). Il quadro costituisce una buona testimonianza del ‘rovinismo’ di taglio classicista dell’artista, caratterizzato da costruzioni orchestrate con misurato e sapiente equilibrio, da una cromia virata sui toni del viola e del grigio, dalla presenza di figure vivaci ma composte ad animare l’insieme. In particolare, la composizione articolata su un primo piano incorniciato da un duplice motivo di archi frammisti a colonne antiche torna costantemente nella produzione dell’artista (cfr. Busiri Vici 1992, pp. 69, 86, 89, 102), ad aprire su uno sfondo o costellato di altre rovine o, come in questo dipinto, sul solo paesaggio in lontananza. Rispetto alla tela pendant la luce, più radente, crea effetti più contrastati e drammatici. Le figure, attribuite ora a Filippo Lauri ora a Salvator Rosa, devono in realtà essere ascritte ad altro collaboratore dell’artista
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100351304
  • NUMERO D'INVENTARIO 445
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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