Allegoria dell'elemento dell'Acqua
dipinto,
Albani Francesco (attribuito)
1578/ 1660
Galatea guida un carro a forma di conchiglia che, trainato da un delfino cavalcato da un putto, naviga un mare tranquillo. Aiutata da quattro amorini la ninfa regge a mo' di vela un grande telo rosso. Il corteo acquatico è capeggiato da un tritone che suona una conchiglia dietro il quale si abbracciano una nereide ed un tritone. Nel promontorio in secondo piano sono le personificazioni dei fiumi Po, Stura e Dora. Nella riva più prossima amorini tirano reti e portano perle e coralli alle ninfe
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Albani Francesco (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO via XX Settembre, 8, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il tondo è il più noto della serie con gli Elementi commissionata all'Albani nel 1625 dal Cardinal Maurizio di Savoia che a Roma era rimasto incantato dalle celebri 'Storie di Venere e Diana' di commissione Borghese. Fu dipinto a Bologna al ritorno del pittore nella città felsinea dopo il suo soggiorno romano. Benché finito già dal 1628 il ciclo giunse a Torino per via d'acqua, risalendo il Po da Ferrara, solo nel 1633. Tale ritardo è attribuito al fatto che il cardinal Maurizio mancava di liquidare al pittore i 200 scudi pattuiti per ogni tela e se quanto riportato dal Vesme è corretto il pittore minacciò addirittura di vendere il ciclo a un altro cliente. Nel 1635, al saldo del dovuto, il committente si premurò di omaggiare l'Albani di un anello con un diamante incastonato del valore di 340 lire (Vesme 1963-1982; Puglisi 1999). Giunte in terra sabauda le quattro tele furono collocate nella 'Stanza delle Rose' del castello del Valentino e solo nel 1692, quando cioè venne a mancare l'ereditiera di Maurizio di Savoia, la figlia di Madama Reale principessa Ludovica, confluirono nella collezione del duca Vittorio Amedeo II. Il tema di Galatea trionfante che domina l'idilliaca composizione è una raffigurazione ecfrastica ripresa dalle "Immagini" di Filostrato, di cui una versione, quella di Vincenzo Cartari, fu stampata a Venezia nel 1571. Il richiamo letterario fu probabilmente pensato per soddisfare i gusti di Maurizio di Savoia, il cui casato è inoltre onorato con la rappresentazione delle personificazioni dei fiumi Po, Stura e Dora. Dal punto di vista dello stile il dipinto, come tutta la serie, guarda direttamente all'insegnamento di Annibale Carracci, a cui l'Albani unì il lirismo e la preziosità pittorica a lui tipici. Con la serie dei Quattro Elementi il pittore raggiunse un livello artistico che dal Seicento in poi suscitò grande entusiasmo nei biografi e dei viaggiatori settecenteschi del 'Grand Tour' in soggiorno a Torino. L'apprezzamento per queste opere fu dimostrato in realtà dai contemporanei sin da subito: nel 1635 Bernardino Marescotti, letterato bolognese vicino al cenacolo romano di Maurizio di Savoia, pubblicava una canzone in onore dei quattro elementi; nello stesso anno Orazio Zamboni sosteneva una simbologia politica dei dipinti a favore della dinastia dei Savoia. In qualche misura lo stesso Albani aveva contribuito alla fama di questa serie con una lettera indirizzata all'erudito committente nella quale spiegava il significato di quelle 'poesie in pittura', per dirla con la Di Macco, con forma ed argomentazioni degne di un letterato. A seguito di questa serie l'Albani ebbe altre due prestigiose commissioni che eseguì nel corso del terzo decennio. Si tratta dei cicli similari eseguiti per Ferdinando Gonzaga e per Jacques le Veneur, conte di Caronge, la cui serie, secondo quanto riferito dal Malvasia, non ebbe l'ultima scena per via del poco apprezzamento espresso del conte per i nudi maschili dell'Albani. Alla fine del Settecento la serie fu interessata dai trasferimenti napoleonici, nel 1796 pertanto venne prelevata ed esposta al Louvre. Nel 1814 venne restituita ai Savoia e nel 1832 fu musealizzata in Sabauda. Secondo la Griseri, che ricupera una considerazione già avanzata dal Lanzi, il ciclo dei Quattro elementi influenzò fortemente la pittura decorativa piemontese successiva, tanto da diventarne il 'riferimento arcadico' (Griseri 1963). Sono riferiti dalle fonti gli invasivi e rovinosi interventi di restauro cui il ciclo degli Elementi dell'Albani fu sottoposto nel tardo Settecento e nell'Ottocento. Le discutibili operazioni perpetrate dal Tamburini ed in seguito dai francesi hanno fatto perdere per sempre alcune velature e materia pittorica (D'Azeglio 1846; Bernardi 1969, Tardito Amerio 1982). Più oculati interventi conservativi sono stati eseguiti nel 1982 e poi per la recente mostra sul collezionismo sabaudo del 2012
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350861-4
- NUMERO D'INVENTARIO 481
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0