San Paolo Apostolo

dipinto ca 1617 - ca 1620
Vignon Claudio (attribuito)
Tours 1953 - Parigi 1670

Il santo è rappresentato a mezza figura nell'intento di scrivere. Seduto di fronte ad un tavolo, dove sono sistemati dei libri e cartigli, volge lo sguardo verso l'alto ed assume un atteggiamento pensoso e riflessivo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Vignon Claudio (attribuito): pittore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Canuti Domenico
    Piola, Domenico
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Non menzionato negli inventari del Sei e Settecento il dipinto confluì nelle collezioni sabaude prima del 1822; la sua puntuale descrizione compare infatti al numero 32 nell'inventario della Galleria di S. M. il Re di Sardegna in Palazzo Reale, redatto a Torino nel 1822, con l'attribuzione a Domenico Canuti (Levi Momigliano 1982). Già nel catalogo del Vesme del 1899 tale attribuzione mutò nel nome di Domenico Piola senza che l'estensore aggiungesse ulteriori specifiche; l'ipotesi a favore del pittore genovese è stata successivamente riportata nel catalogo del 1909 ed infine riproposta da Noemi Gabrielli nel 1971 (Vesme 1899, 1909. Gabrielli 1971). Fu Pierre Rosemberg, nel suo pionieristico articolo sul maestro caravaggesco, ad attribuire la tela per la prima volta a Claude Vignon, fornendo così alla critica un assunto dal quale non ci si è più discostati. Nel catalogo della mostra sui caravaggeschi francesi Brejon e Cuzin giunsero a proporre l'identificazione del dipinto sabaudo con il "San Pavolo di quattro palmi con la cornice negra di Mano del Vignone" citato nell'inventario dei beni del cardinale Francesco Maria del Monte redatto nel 1627 (Brejon-Cuzin 1973); non si hanno tuttavia conferme circa tale provenienza poiché, come ha notato Michela Di Macco, il dipinto non compare tra i beni del cardinale alienati tra il 1627 ed il 1628 (Di Macco 1995). L'ipotesi della paternità del Vignon è comunque supportata dal fatto che l'opera si colloca perfettamente per stile nella serie con gli evangelisti ed i dottori della Chiesa eseguiti dal pittore di Tours per una committenza privata. dopo il suo approdo a Roma. Forti relazioni col dipinto torinese sono peraltro riconoscibili guardando alle tele presenti in collezione privata in Canada, a Toledo ed a Cava dei Tirreni, accomunabili al San Paolo anche per il formato. Ulteriori tangenze sono ravvisabili nel 'Martirio di san Matteo' di Arras, datato 1617, e nella tela conservata a Southill Park, raffigurante due bevitori, realizzata con un timbro derivato da Bartolomeo Manfredi (Pacht Bassani 1992). Più di recente Alessandra Guerrini ha riscontrato convincenti relazioni anche nel dipinto scoperto dalla studiosa e conservato nella chiesa di Santa Maria del Castello ad Alessandria e raffigurante 'San Gerolamo'. In seguito alle operazioni di restauro che hanno riguardato quest'ultima tela nel 1993 si sono difatti affievoliti i dubbi circa la paternità del Vignon e di seguito si è ipotizzato che entrambi i dipinti possano costituire gli elementi di una serie con i 'dottori della Chiesa', da collocare per stile intorno il 1617, o comunque nei primi anni del soggiorno romano del Vignon, durante il quale il pittore aderì pienamente al fare pittorico caravaggesco. Tale ipotesi è stata confermata da Maria Beatrice Failla in occasione della mostra sulla buona ventura di Georges de la Tour del 2003: nella relativa scheda la studiosa ricorda come al San Paolo di Torino per via del medesimo impianto compositivo si leghi anche un altro dipinto raffigurante 'San Matteo e l'angelo', ora in deposito a Roma presso il Ministero degli Esteri ma appartenete alle collezioni della Galleria Sabauda il quale, memore del San Matteo autografo del Merisi conservato in San Luigi dei Francesi, non corrisponde però nelle misure al dipinto di Torino ed andrebbe datato peraltro attorno al 1623, termine del soggiorno romano del Vignon. Come ebbero ad evidenziare già Brejon e Cuzin, cui dopo qualche esitazione fece seguito la Bassani, tali oggettive evidenze e riflessioni stilistiche impediscono di enumerare il dipinto ora a Roma nell'ipotizzata serie del dipinto torinese. In linea con tale posizione sembra porsi anche Clara Goria nella scheda relativa al dipinto torinese redatta per il catalogo della mostra di Bruxelles del 2009
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350834
  • NUMERO D'INVENTARIO 139
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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