San Giovanni Evangelista

dipinto,

Il giovane evangelista è a mezza figura, voltato verso sinistra e rappresentato quasi di profilo coperto da un panneggio. È intento nella lettura di un foglio che tiene nelle mani. Dinnanzi a lui vi è un tavolo con un mucchio di libri, sullo sfondo si riconosce l'aquila, attributo del santo

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Brugghen Ter Hendrik (attribuito): pittore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Serodine, Giovanni
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel catalogo della Galleria redatto dal Callery nel 1859 il dipinto viene assegnato al Caravaggio ed è identificato come 'Un Philosophe en lecture' (Callery 1859), tale notizia fu ripresa da Baudi di Vesme che corresse il dato iconografico indicando un San Giovanni evangelista ed aggiunse che l'opera dovrebbe provenire dal Palazzo Durazzo di Genova, acquistato quindi dal duca sabaudo insieme all'edificio nel 1824 (Baudi di Vesme 1899). La notizia dell'acquisizione resta priva di solide basi documentali e chissà se l'opera possa essere quella elencata nell'inventario della Cornia del 1635 dove al n. 253 si descrive un quadro con 'Un giovane a sedere con un fogliazzo in mano. Di Checco , allievo del Caravaggio (Scipione 2003). La prima attribuzione ad Hendrick Terbrugghen si deve all'Isarlo (Isarlo 1941), un giudizio che fu però rettificato dal Longhi (Longhi 1943, id. 1957) il quale nel 1943 ribadì la sua attribuzione a Serodine, risalente al 1924. Già in quella data lo studioso reputava il dipinto come parte di una presunta serie dei Quattro Evangelisti realizzata da Serodine, alla quale apparterrebbe anche il dipinto conservato alla Galleria Estense di Modena (n. 481) raffigurante un 'San Marco' o un 'San Luca', privato secondo il Longhi dell'attributo dell'Evangelista a seguito del ridimensionamento nell'altezza. L'attribuzione del Longhi convinse anche lo Shoenenberger (1957, pp.56-59, 79 fig. 9). Sarà successivamente il Nicolson (1956, p. 107) a ricuperare l'idea avanzata da Isarlo circa la paternità di Terbrugghen, ipotesi formulata sulla base delle strette analogie stilistiche e formali che la tela tiene con il dipinto raffigurante un Suonatore di flauto, realizzato dal pittore olandese attorno il 1621 e conservato alla Gemaldegallerie di Cassel. Nel catalogo dedicato a Terbrugghe del 1958 il Nicolson ribadisce la propria convinzione circa l'autografia del dipinto di Torino, ridimensionando di fatto le analogie intraviste dal Longhi nella tela di Modena e le assonanze con la pittura di Serodine (viene posto ad esempio il 'San Lorenzo' di Valvisciolo del Serodine), anche sulla base di un dipinto ritrovato dalla Gregori a Pavia che, pur trattandosi di una copia della tela estense - così hanno accertato le operazioni di restauro avvenute nel 1950- permette di conoscere l'originario impianto dell'opera e le relative dimensioni che si rivelano non compatibili con quelli della tela torinese. Nel catalogo della Galleria Sabauda del 1959 Noemi Gabrielli accoglie l'attribuzione a Terbrugghen collocando l'opera sotto il nome del maestro nordico. Nel 1979 la paternità del quadro è ripensata dallo stesso Nicolson che avanzò il nome del Serodine, anche alla luce del punto di stile similare che i due maestri presentano nel corso della loro carriera. Anche Chiappini palesando qualche dubbio ha riproposto tiepidamente tale attribuzione (Chiappini 1987). Nel 1990 il Nicolson ha riaffermato la propria opinione a favore del Serodine collocando l'opera sotto il paragrafo intitolato 'Some wrong attribution to Terbrugghen', un'ottica ribaltata circa un decennio più tardi da Rosanna Arena per la quale l'opera avrebbe convincenti tangenze con il Suonatore di piffero di Cassel (Arena 1999). Successivamente Gelsomina Scipione, in occasione della mostra sul caravaggismo nordico in Piemonte, ha accettato con riserva l'assegnazione della tela al Terbrugghen ma riportando un'errata interpretazione delle più recenti convinzioni del Nicolson circa il riferimento a Serodine, probabilmente dedotte erroneamente dallo scritto di Rosanna Arena. La studiosa ricorda le relazioni tra la tela della Sabauda ed il dipinto con la 'Cena di Emmaus' conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna, a suo tempo evidenziate dal Nicolson, ma al contempo reputando convincente anche "il confronto con il San Lorenzo del Serodine (ora all'abazia di Casamari), a cui il San Giovanni Evangelista della galleria Sabauda si accosta per l'espressione di struggente ed austera malinconia" (Scipione 2003). Porre un giudizio netto in fattispecie di sovrapponibilità stilistica come quella tra il pittore nordico e Serodine è difficile, si vorrebbe tuttavia portare un elemento a favore del Terbrugghen mettendo a confronto la tela torinese con la serie dei Quattro Evangelisti dipinta nel 1621, (continua in OSS)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350816
  • NUMERO D'INVENTARIO 100
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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