Danae e la pioggia d'oro

dipinto, post 1576 - ante 1650

La cornice è costituita da un semplice listello ligneo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 60,5 cm
    Larghezza: 85 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Veneto
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è di acquisizione ignota. Nell’inventario corrente è registrato come proveniente dal Castello di Moncalieri e considerato copia cinquecentesca da Tiziano Vecellio. In effetti riproduce in formato minore la cosiddetta Danae Farnese, oggi al Museo di Capodimonte, realizzata dal Cadorino alla metà degli anni quaranta su commissione del Cardinale Alessandro e oggetto dei celeberrimi apprezzamenti epistolari di Giovanni della Casa, che non esitava a sottolineare la sua forte carica erotica al cui confronto l’avvenente Venere della Rovere pareva una monaca “teatina” (lettera del 20 settembre 1544, si veda Hope, 1977). Lo stesso Tiziano d’altro canto replicò il soggetto in diverse circostanze e secondo almeno tre diverse varianti iconografiche, suddivisibili in tre filoni prototipiali e per lo più differenziate in rapporto alla figura rappresentata in secondo piano: la Danae di Capodimonte, assistita dalla figura di Cupido; la versione messa a punto per Filippo II d’Asburgo oggi al Museo del Prado di Madrid, invece caratterizzata dalla presenza dell’avida nutrice che tenta di raccogliere la pioggia d’oro con i lembi del grembiule e infine la redazione viennese, nella quale invece ricorre a un piatto (Wethey, 1969, III, pp. 132-135). Tuttavia, sebbene nell’arte tizianesca siano attestate precoci ripetizioni del soggetto rivolte a un’ampia fascia di mercato (cfr. Tietze, 1954; Wald, 2008), a un primo esame visivo pare preferibile accostare la copia torinese al complesso fenomeno del tizianismo veneto sviluppatosi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, di cui sono note varie declinazioni più o meno aderenti per stile e iconografia agli originali del maestro e che di fatto hanno motivato di recente una considerazione più fluida ed estensiva della sua bottega (Le Botteghe di Tiziano, 2009). Pare pertanto rilevante, a titolo puramente esemplificativo, citare il caso della Venere attribuita Giovanni Contarini delle Gallerie Veneziane dell’Accademia, indubbiamente derivata dal prototipo tiazianesco sebbene la nutrice sia sostituita da una coppia di colombe, che parrebbe almeno per sommi capi compatibile al dipinto in oggetto sotto l’aspetto cronologico (cfr. Bristot, 2007, pp. 23-24, fig. 9) e relativamente al formato (60x78 cm). In questo senso il dipinto sabaudo (60x85 cm) pare raffrontabile anche con le redazioni londinesi di Dudley House (96,5X147,3 cm) o con la copia settecentesca della Wallace Collection (32X44,7 cm, su entrambi i dipinti Wethey, 1969, III, pp. 133)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350809
  • NUMERO D'INVENTARIO 828
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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