Madonna con Bambino
dipinto
ca 1535 - ante 1540
Buonvicino Alessandro Detto Il Moretto Da Brescia (1598 Ca./ 1550-1554)
1598 ca./ 1550-1554
Tela a trama spigata montata su telaio ligneo a incastro. Cornice del XIX secolo
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Buonvicino Alessandro Detto Il Moretto Da Brescia (1598 Ca./ 1550-1554)
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Buonvicino Alessandro Detto Il Moretto Da Brescia (scuola Di)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fu acquistato dal pittore Angelo Boucheron nel 1842 e giunse al Museo con l’attribuzione al Moretto, confermata nei successivi cataloghi della Galleria Sabauda (Callery, 1959; D’Azeglio, 1966; Gabrielli, 1971). Il primo a dubitare della paternità dell’opera fu Jacobsen (1897), che la considerava di scarsa importanza, pesante nel ductus pittorico, nella definizione delle ombre e dei colori e tutt’al più assegnabile alla scuola del pittore. Sulla stessa linea interpretativa si collocavano Da Ponte (1898) e Berenson (1932, 1936), i quali per l’appunto dubitavano della sua piena autografia. Di avviso contrario era invece Fleres (1899) che motivava i tiepidi giudizi sino a quel momento espressi dalla critica con l’intonazione cromatica spenta e polverosa della tavolozza pittorica, conseguenza della penetrazione degli strati preparatori bigi e terrosi nel corpo dei pigmenti veri e propri e della sporcizia depositata in superficie forse a seguito dell’originaria esposizione al fumo delle candele. Riteneva infatti, come del resto Gombosi (1943), che fosse parte di una composizione più ampia, più precisamente di una pala d’altare di poco precedente a quella con San Nicola da Bari che presenta alcuni fanciulli alla Vergine, eseguita dal pittore per il grammatico Galeazzo Rovelli nel 1539. Effettivamente analisi scientifiche più recenti hanno confermato che il maestro era solito servirsi di strati preparatori di color grigio terra spesso utilizzati “a risparmio”, vale a dire come pretesto chiaroscurale, e ricoperti da pigmenti stesi per campiture sottili e velature giustapposte (Stradiotti, 1988, in part. p. 206). Se così fosse l’alone luminoso che circonfonde la Madonna con il Bambino, potrebbe lasciare immaginare che la tela torinese fosse il frammento superiore di una composizione con il gruppo santo sospeso da terra, sull’esempio di altre opere messe a punto dal maestro bresciano e delle coeve pale lottesche. A parere di Begni Redona (1988) proprio l’asimmetria data dalla posizione del capo di entrambi i personaggi e la posizione del velo mariano librato verso destra, contrasterebbe con l’equilibrio di altre opere certe del pittore. Per contro la grazia sobria - che però si coniuga con la resa naturalistica della posizione dei piedi del Bambino e con la salda presa della sua mano sui panni della madre - e la malinconica religiosità trasposta nel dipinto costituirebbero al pari di una firma un sicuro indizio della sua paternità sull’opera. Il paragone cronologico con la cosiddetta Pala Rovella è a suo giudizio accettabile quale termine estremo, mentre la Madonna si accosta alla pala di Manerbio, sebbene nel caso torinese la gamma cromatica sia notevolmente smorzata dall’ossidazione della pellicola pittorica. L’esecuzione delle anatomie su modulo non ancora dilatato e una notevole marcatura dei contorni induce a datarla poco dopo il 1535. Il viso della Vergine mostra prossimità con quella dell’Annunciata della Pinacoteca Tosio Martinengo del 1535-40 ed esprime somiglianza con quello del disegno di Chatsworth della collezione del duca di Devonshire (inv. 743), ritenuto propedeutico per la Sant’Agnese della pale di San Giorgio in Braida a Verona (cfr. Begni Redona, 1988) o alla sovraffollata pala della National Gallery di Londra (inv. 625). La grazia di raffaellesca memoria infusa nella figura della Madonna, derivatale a parere di Guazzoni (1981, p. 38) dai contatti diretti avuti con un mediatore della cultura pittorica romana come Lorenzo Lotto, conferma quanto Vasari scriveva relativamente alle sue teste, ritenute “vivissime” e realizzate alla “maniera dell’Urbinate”, mentre la forma affusolata delle mani con il dito mignolo leggermente accorciato rispetto alle altre dita potrebbe fornire un ulteriore indizio a favore dell’autografia
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350790
- NUMERO D'INVENTARIO 429
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- ISCRIZIONI retro telaio, etichetta, alto centro - TORINO - GALLERIA SABAUDA / N. Cat. / N. Inv. / Misure / Autore / Soggetto - numeri arabi - a matita - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0