ritratto di giovane donna

dipinto,

cornice in legno scolpito, intagliato e dorato

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Bordone Paris (bottega)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Bordon Paris (cerchia Di)
    Bordon Paris (copia Da)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto faceva parte del nucleo collezionistico del Marchese genovese Marcello Durazzo (1777-1826), presso il quale era esposto in un ambiente minore del Gran Piano Nobile della sua residenza, detto salone dell’Acqua, e per lo più sottratto agli occhi dei visitatori che, infatti, non registrano la sua presenza nelle loro ricognizioni. Fu acquistato nel 1824 dal re Carlo Felice con il palazzo e l’annessa pinacoteca, quindi trasportato a Torino per essere sottoposto a un intervento di restauro. Rientrato temporaneamente a Genova, rimase esposto nell’Appartamento detto della Biblioteca sino al 22 aprile 1833, quando venne inviato definitivamente nella capitale del Regno sabaudo (Leoncini, 2004). Citato per la prima volta in un inventario del 1823 alla voce “Donna con fiore. Scuola del Tiziano di Paris Bordon”, con la valutazione lusinghiera di duemila lire nuove piemontesi, e come “Ritratto di donna – Paris Bordone” in quello dell’anno successivo, l’attribuzione venne via via confermata anche negli inventari della pinacoteca torinese, che però identificavano il soggetto in una Sibilla, così come nei cataloghi del Benna (1857, p. 32, n. 161) e del Callery (1859, p. 164, n. 161). Jacobsen (1897, p. 131) fu il primo a mettere in discussione la paternità del dipinto, relegandolo a copia, seguito a breve raggio di tempo da Bailo e Biscaro (1900, p. 160, n. 90), che lo consideravano troppo debole per qualità in rapporto a opere certe come il Ritratto di donna del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Anche Vesme (1899) proponeva lo stesso confronto, riconferendogli però il grado di piena autografia insieme al Venturi (1928). Infine la Mariani Canova (1964, p. 130) identificava invece il suo prototipo nella Flora del Louvre ma non di meno tornava a declassarlo ritenendolo copia, seguita dalla Gabrielli (1971, pp. 78-79, n. 571) e in ultimo da Leoncini (2004), il quale propendeva per l’ambito del pittore trevigiano. A giusto titolo la Mariani Canova lo lega al dipinto parigino di cui è senz’altro replica di maggior formato con varianti iconografiche. Sebbene infatti la qualità sia senz’altro minore, tuttavia la posa della figura, l’ambientazione architettonica angusta e l’illuminazione laterale sono analoghe, così come la modulazione del panneggio e l’acconciatura della giovane donna, che a sua volta fornisce un saggio delle “inconfondibili invenzioni manieristiche del Bordon” e delle sua spiccata componente “intellettualistica e artificiosa” a ridosso dei tardi anni quaranta (cfr. Mariani Canova, 1984, p. 80, n. 17). Il paragone va tuttavia integrato con la successiva Donna con scimmietta di collezione Thyssen-Bornemisza, nella quale si coglie con maggiore esplicitudine l’interpretazione manieristica della lezione tizianesca e palmesca, in direzione cioè di un’ideale di bellezza più capzioso e sofisticato (cfr. Mariani Canova, 1984, p. 84, n. 20 ma anche Pedrocco, 1990, pp. 81-93). Proprio al passaggio tra la quinta e la sesta decade del secolo si lega una produzione erotica ancor più fortemente interessata dall’utilizzo massiccio di un repertorio simbolico complicato che interessa anche il dipinto torinese, collocandolo in un orizzonte a mezzo tra il dipinto di soggetto matrimoniale e l’allegoria. L’interpretazione che, sulla scorta dell’indubbia carica erotica ad esso sottesa, lo lega al cosiddetto tipo iconografico della cortigiana (Leoncini, 2004 e cfr. Pedrocco, 1990, pp. 81-93) non sembra tenere conto della presenza delle perle che impreziosiscono la capigliatura della donna ma ancor più del corretto significato dello scoiattolo. Simbolo di previdenza e provvidenza ampiamente utilizzato in molti ritratti familiari della produzione coeva e soprattutto lottesca, ma anche presente nelle tarsie lignee dello studiolo urbinate di Federico da Montefeltro, dove non diversamente dal dipinto sabaudo compare in associazione a frutti e munito di un collare (cfr. Gentili, 2000; Levi d’Ancona, 2001, ad vocem scoiattolo, pp. 195-196, n. 148). Così come le ciliegie e i garofani (Levi, 1977, pp. 79-84; 89-93), entrambi utilizzati nella pittura di soggetto mariano e ancor più nella ritrattistica. Le prime sono infatti utilizzate con riferimento al frutto “biologico” della vita coniugale nel Ritratto della famiglia di Giovanni della Volta di Lorenzo Lotto alla National Gallery di Londra databile al 1547 (cfr. Penny, 2004, pp. 92-102), i secondi esplicitamente legati al contesto matrimoniale soprattutto nella declinazione cromatica chiara e non di rado ostentati dalle giovani spose della tradizione fiamminga o nei ritratti di giovani fidanzati di Andrea Solario o in quello di Hans Memling della Pinacoteca Civica di Vicenza (cfr. Pietrogiovanna, 2003, pp. 145-146, n. 23). Tale corredo iconografico inserisce pertanto il dipinto in oggetto all’interno uno specifico filone della produzione artistica di soggetto erotico, [continua nel campo OSS]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350758
  • NUMERO D'INVENTARIO 440
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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