Veduta di Torino dal lato del giardino reale. veduta di Torino

dipinto, 1745 - post 1745

Cornice settecentesca adattata ante 1851

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Bellotto Bernardo (1721/ 1780)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La veduta insolitamente aperta verso occidente sui giardini e il retro di Palazzo Reale, tra il cosiddetto Garrittone e il profilo dei campanili cittadini che a partire dalla cupola guariniana della Cappella della Sindone diradano sino allo sfondo dell’arco alpino, fu saldata al pittore il 17 luglio 1745 per una cifra pari a 975 lire (Vesme, 1863-1868; Mossetti-Romano, 1990). Era stata commissionata a Bellotto dal re Carlo Emanuele III insieme alla Veduta dell’antico ponte sul Po (inv. 469), già saldata il 21 giugno di quello stesso anno, contestualmente alla sua politica di riqualificazione urbana e riallestimento della residenza avita intercorsa tra il 1742 e il 1747 (Mossetti, 1987 ma anche Magnetti, 2008). Tali interventi sono forse sottolineati dalla presenza nel dipinto dell’impalcatura eretta sulla cortina del Bastion Verde e dalla coppia di figure che indicano dalla riva opposta in quella direzione. Il giovane veneziano, ormai del tutto emancipato dalla bottega dello zio Canaletto, era stato probabilmente chiamato alla corte sabauda a seguito dei favori raccolti in Lombardia presso l’entourage dei conti Simonetta con le vedute extra urbane di Vaprio d’Adda e Gazzada (Marinelli, 1990) e si apprestava, di lì a un biennio, a partire per Dresda, dove soprattutto nel Fossato dello Zwinger riprendeva il modulo compositivo già utilizzato nella Veduta in oggetto accentuandone “lo spirito squisitamente romantico” (Rizzi, 1996) e dirigendosi col tempo verso una sempre maggiore minuzia topografica (Bakker, 1990). Secondo i documenti rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Torino, pare infatti che attualmente l’unica traccia plausibile a motivare l’approdo del pittore alla corte sabauda sia costituita da due missive del 1735, indirizzate dal fratello del conte Alberto Simonetta a Carlo Emanuele III per comunicargli la recente nomina al vescovato comasco e ringraziarlo per il costante patrocinio ricevuto (Romano, 1990). Le Vedute di Torino rappresentano dunque la sua prima commissione ufficiale e anticipano il respiro ampio dei successivi panorami urbani. Contrariamente alle preferenze manifestate dal Canaletto per le tinte pastello, sono contraddistinte da una luce fredda e limpidissima, preferenzialmente orchestrata sulla gamma dei grigi e dei verdi scuri (Colombo - De Filippis, in Proposte per la didattica…, 1982), a segno che il suo alunnato poteva considerarsi pressoché concluso e ormai raggiunta una certa indipendenza stilistica. Tale emancipazione, in vero già compiuta attorno al 1740, si dimostra probabilmente nell’urgenza biografica di autorappresentarsi munito di album da disegno nel primissimo piano a sinistra della Veduta dell’antico ponte sul Po a Torino, come anche nella firma apposta che recita: “BERNARDO. BELLOTO. D.° IL CANALETTO F.e” (Rizzi, 1996; Bowrow, 2001). Pare per contro che quella inserita in basso a destra della Veduta in oggetto sia invece da considerarsi apocrifa e aggiunta con qualche storpiatura in un momento successivo (Vesme, 1899; 1909). Entrambe utilizzano un formato maggiore rispetto a quello solitamente scelto dall’artista e rappresentano un ritorno agli scenari cittadini dopo i panorami lombardi, ove l’elemento naturale e paesaggistico era assolutamente preponderante, acquisendo un punto di vista rialzato, un allargamento dell’orizzonte visuale e una profondità prospettica sino ad allora quasi del tutto inediti (Bettagno, 1990). Mentre l’attenzione per il dato concreto e realistico, che si spinge dalla rappresentazione del Bastion Verde in costruzione alla visualizzazione delle figure intente a svolgere varie attività professionali, esplicitano invece un’intenzionalità documentaria che gli ha a giusto titolo valso da parte della critica la definizione di storiografo della civiltà urbana europea (De Seta, 1990). La composizione tuttavia non si desume da un unico punto di vista idealmente collocato in una posizione diametralmente opposta al bastione di fortificazione, ma quasi certamente Bellotto disegnò la veduta del Palazzo Reale e la facciata dell’ala occidentale dell’edificio dall’interno o comunque da una distanza più prossima alla cinta muraria difensiva, mostrandola nella composizione finale in posizione frontale angolare come sarebbe dovuta apparire. Non a caso la straordinaria impressione di profondità e di variazione delle distanze conseguita dal pittore è data sia dall’ardito cannocchiale che si spinge in lontananza sino all’arco alpino ma anche garantita da una sorta di forzatura prospettica, che permette di leggere anche gli edifici più lontani con egual nitore (Bakker, 1990; Bowron, 2001). Tuttavia la coerenza di entrambi gli scorci riprodotti riceve conferma dalle piante topografiche di Torino del 1721 e del 1753 (Magnetti, 2008). Del dipinto è stata inoltre segnalata una replica di dimensioni minori, passata sul mercato antiquario londinese nel 1954 (Gabrielli, 1971)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350736
  • NUMERO D'INVENTARIO 467
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • ISCRIZIONI in basso a destra, apocrifa - BERNARDO BELOTTO/ DT.° IL CANALETTO. F.E - a pennello - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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