presentazione di Gesù al tempio
dipinto,
ca 1555 - ante 1560
Badile Antonio (attribuito)
1379 ca./ 1451
Cornice del XVII secolo
- OGGETTO dipinto
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MISURE
Altezza: 124 cm
Larghezza: 142 cm
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ATTRIBUZIONI
Badile Antonio (attribuito)
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ALTRE ATTRIBUZIONI
TIZIANO VECELLIO
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto proviene dalla quadreria viennese del principe Eugenio di Savoia Soissons, ricca di capolavori di scuola emiliana, veneta e fiamminga. Secondo l’inventario redatto nel 1736, all’indomani della morte dell’insigne proprietario, si trovava esposto sulla parete ovest della galleria dello Stadtpalais con un'attribuzione al giovane Tiziano Vecellio (Diekamp, 2012). Raggiunse il Palazzo Reale di Torino nel 1741 a seguito dell’acquisto da parte di Carlo Emanuele III re di Sardegna di una parte di quel nucleo collezionistico, tutt’ora afferente alle collezioni della Galleria Sabauda. L’attribuzione ad Antonio Badile fu proposta per la prima volta nell’inventario del 1822 (Levi Momigliano, 1982) e sostenuta pressoché unanimemente dalla critica successiva fino a quella più recente (Marinelli, in Lucco, 1996-1999). A eccezione di Berenson, che la legava al periodo giovanile dell’artista, gli studi propendono per una datazione cronologica più tarda e sottolineano alcune ingenuità nella disposizione delle figure, “allineate con spirito quattrocentesco, legnose, rigide” (Venturi, 1929) ancora memori della pittura narrativa di Vittore Carpaccio e Gentile Bellini, ma necessariamente aggiornate secondo i dettami della moda di metà del Cinquecento e i tipi umani dell’allievo Paolo Veronese (Jacobsen, 1897; Azzi Visentini, 1974). Anche le architetture sembrano intessere un dialogo con il contesto veneziano (cfr. Marinelli, 1988) e probabilmente denotare, almeno superficialmente, la conoscenza di quanto si andava realizzando tra le lagune. L’apertura sullo scenario urbano lascia infatti sullo sfondo una libera riproduzione della torre dell’orologio attribuita a Mauro Codussi, mentre a sinistra la prospettiva angolare offerta dall’edificio porticato a due ordini, che precede l’immaginario tempio in primo piano, sembra suggerire un punto di vista idealmente collocato lungo la riva acquea del bacino marciano - dove all’epoca sorgevano le Beccherie - e almeno per sommi capi presupporre la conoscenza dell’aspetto della piazza all’indomani della costruzione della Libreria Marciana, ultimata nel 1556. Nonostante le indubbie licenze in rapporto all’edificio reale e l’omissione del retrostante Campanile, il pittore doveva aver avuto una qualche cognizione della trasformazione urbanistica operata nella piazzetta adiacente alla Basilica di San Marco, prima occupata in quella zona dall’immobile basso e privo di loggiato della Panetteria di origine medievale e poi allargata sino a collocare la torre codussiana al centro della prospettiva urbana così creata (cfr. M. Morresi, Jacopo Sansovino, Milano 2000, pp. 191-212). Se così fosse gli ultimi anni del cantiere sansoviniano potrebbero stabilire un termine di riferimento post quem per la datazione del dipinto, confermando una datazione tarda all’interno del suo iter pittorico e biografico conclusosi nel 1560. A dispetto della coeva attività di cartografo (Rognini, 1992, pp. 19-26), che avrebbe quanto meno dovuto affinare certe sue conoscenze prospettiche, il confronto con gli scenari cittadini proposti nella Madonna in trono con i santi Pietro, Giovanni Evangelista e Andrea del Museo di Castelvecchio e quello con l’Autoritratto di collezione privata rende conto di spiccate difficoltà nella resa di un rapporto pienamente convincente e armonico tra le figure e gli sfondi. Sotto questo aspetto tali scorci urbani lasciano non poco a desiderare nella riproduzione degli edifici facenti parte del contesto veronese, che è restituito puntualmente ma con una sensibilità quasi bidimensionale e affine a quella delle tarsie lignee quattrocentesche. In tal senso il dipinto torinese mostra una presa di coscienza più matura, inclinando piuttosto nella direzione suggerita dagli scorci cittadini di Bonifacio de’ Pitati o della sua bottega, sebbene le figure non sembrano risentire della sua più tipica cifra stilistica, identificata da Sergio Marinelli nel cosiddetto “accorciamento degli arti”. Tali caratteristiche inducono quanto meno il sospetto che l’autografia vada dirottata altrove o, almeno, riconsiderata con maggior cautela. Dal punto di vista iconologico l’interpretazione dell’episodio biblico offre spunti di notevole originalità nel proporre un’inedita associazione tra la Presentazione al tempio e l’episodio sulla destra, nel quale si visualizza in chiave contemporanea la celebre invettiva contro la classe farisaica proposta nel capitolo 6 del vangelo lucano, ai versetti 39-42. Mentre infatti il giusto Simeone riconosce prontamente Gesù ancora in fasce e reca anzi tempo una pianeta insignita con l’immagine del Cristo risorto, il frate in primo piano pretende di togliere la pagliuzza dall’occhio del gentiluomo a lui speculare senza prima rimuovere la trave conficcata nel suo occhio destro. [CONTINUA NEL CAMPO OSS]
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350733
- NUMERO D'INVENTARIO 194
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- ISCRIZIONI Torre dell'Orologio - HORA/DIES/MENSIS/FUGIUNT/REDEUNT/QEVICISSIU[NT] // FELIX/QUI/NONQUE/TENPUS/INANE/FLUIT (sul fastigio della Torre dell'Orologio); NIL/ALIUD // PHEBUS (sopra la statua di Apollo); NISI SOL (sotto la statua di Apollo); ET/LUNA (sopra la statua di Diana); DIANA (sotto la statua di Diana) - pittore - capitale - a pennello - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0