ritratti dei vescovi di Asti
dipinto,
Serie di 133 ovali con cornice in stucco, parte dipinti con figure e parte a scialbo disposti in file sovrapposte. Parete sud: 21, 5 + 20 con ritratti; parete est: 19 con 2 mezzi + 6 con ritratti e 7 a scialbo; parete nord: 21 con 1 mezzo + 13 a scialbo; parete ovest: 13 +13 a scialbo. Decorazione: tralci e foglie contornanti i cartigli
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
Stucco
- AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
- LOCALIZZAZIONE Asti (AT)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La decorazione della sala dei vescovi, all'interno del palazzo vescovile, venne avviata probabilmente intorno al 1598, per iniziativa del vescovo Aiazza. Nella realizzazione pittorica dei ritratti ideali dei suoi predecessori egli si servì dell'elenco del Can. Giovanni Amadeo Belli. Purtroppo la successione cronologica compilata dal Can. Belli venne confutata dal Boatteri che in tale elenco riconobbe parecchie lacune e varie imprecisioni, nonché una scarsa attenzione nella verifica documentaria. I documenti non rivelano se il vescovo Aiazza riuscì a far completare i ritratti di tutti i suoi predecessori che sommerebbero a 61 per quanto è oggi rilevabile. I ritratti seguenti vennero realizzati in periodi successivi anche se non sempre in modo sistematico e puntuale. L'Incisa, infatti, afferma che l'ultimo ritratto della serie rappresenta il vescovo di San Martino (1757-1761), mentre sappiamo che a questo erano già succeduti il vescovo Caisotti (1762-1786) e il vescovo Gattinara (1788-1809), all'epoca ancora vivente. È sempre l'Incisa a testimoniare sia della presenza di un'iscrizione racchiusa in una cartella (a stucco?) che, posta all'inizio della serie, ricorda il martirio del vescovo Evasio I nel 290, sia il soggetto del primo ritratto: Pastore I, 450 ca. Attualmente l'iscrizione non esiste più e la serie cronologica inizia da Stauratus I (856-870); mancano quindi dieci ritratti, secondo quanto testimoniato dall'Incisa; mentre secondo la realtà storica studiata dal Boatteri resterebbero ancora altri quattro vescovi precedenti al più antico e mai ritratti. L'eliminazione dei ritratti più antichi e dell'iscrizione citati dall'Incisa sono probabilmente da imputare all'opera di decorazione intrapresa dal vescovo Spandre (1909-1932). È durante il suo episcopato che viene affrescata la volta del salone, vengono probabilmente ripassate le iscrizioni sottostanti ai ritratti e inserita la decorazione a tralci e fogliame negli spazi tra gli ovali. È probabile che l'intervento attuato dal vescovo Spandre abbia riguardato anche l'organizzazione dello spazio sulle pareti, nel predisporre le sedi obbligate per i ritratti dei suoi successori (a tutt'oggi 43 ovali senza ritratto). Egli ha forse voluto prevenire un libero uso della superficie con soluzioni a volte discutibili. Si possono citare ad esempio i ritratti del vescovo Bonifacio II (1243-1253) e Girelmus (1046-1071) realizzati sull'angolo tra due pareti, o il ritratto del vescovo Todone (1727-1759) che, da solo, occupa lo spazio di due ovali, interrompendo il ritmo della successione. Non a caso la parete occupata dalle sagome degli ovali vuoti è la parete di fondo con 13 + 13 sedi preordinate; da qui probabilmente iniziava anticamente la serie, mentre oggi inizia esattamente dalla parete lunga di destra. Una certa unitarietà descrittiva è rilevabile nei primi 62 ritratti (fino al vescovo Aiazza): sono ovviamente ritratti di fantasia, non essendosi certo tramandato alcun ritratto dei primi vescovi. Però, malgrado la loro esecuzione sia pressoché contemporanea non sono tutti attribuibili a uno stesso pittore. Che questi 62 siano pressoché coevi è dimostrato dalla tipologia degli abiti, pressoché identici tra loro e completati da un collettino bianco dello stesso genere. Fanno eccezione cinque di questi, abbigliati con un mantello fermato sul petto da una grande borchia, i quali peraltro sono simili anche nelle caratteristiche somatiche, oltre al vescovo Petrus I (992-1000) raffigurato con un piccolo collo di tipo rabat che avrà poi ampia diffusione e dimensioni maggiori nel corso del XVII secolo. Alcuni sono rappresentati con barbe alla "Enrico IV", caratteristiche del XVII secolo: Stauratus II (895-900), Domanus (904-904), Otho (1000-1005), Franciscus Morotio (1375-1380). L'analisi stilistica di ciascun ritratto non è molto agevole a causa delle condizioni dei dipinti. A fianco, però, di volti eseguiti da modesti artisti se ne possono evidenziare alcuni che presentano caratteristiche di migliore qualità, tali da parere dei veri ritratti: Audax (904-908), Gisbertus (916-930), Rozo (965-985), Guido Valperga (1395-1327), Franciscus Morotio (1375-1380), Vasino I Malabaila (1473-1475), probabilmente eseguiti dallo stesso pittore. Altro ritratto interessante, ma opera di altro artista, è quello di Antonio Trivulzio (1499-1519). Per quest'ultimo, dalle caratteristiche somatiche piuttosto evidenti è possibile che esistesse già un ritratto da cui trarre ispirazione, così come per il vescovo Ferdinando Serone (1525-1528) dai lineamenti troppo marcati per essere un ritratto di fantasia. Dopo i ritratti Roero e Brolia, di mano dello stesso pittore e di qualità piuttosto scadente, inizia la serie di quelli che con certezza possono essere definiti dei ritratti. A partire dalla metà del XVII secolo i ritratti di prelati sono abbastanza consueti e alcuni esempi si trovano ancora all'interno del palazzo vescovile. I ritratti dipinti in questa sede sono (continua in Osservazioni)
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100139894-0
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 1991
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0